VIVA L’ITALIA: NON CI SONO SOLO DIRITTI, MA ANCHE DOVERI

Da giorni il dibattito politico si è bloccato sulla forza dei manganelli che la Polizia di Stato ha usato contro inermi “bravi ragazzi” in quel di Pisa e di Firenze. Il linciaggio politico delle forze dell’ordine e di riflesso del governo di centrodestra (loro amano dire di Destra) della sinistra continua a testa bassa, anche dopo le manifestazioni senza incidenti di ieri.

Attenzione non c’è stata violenza fisica, ma c’è sempre quella verbale, sia contro la polizia che contro il governo. Sono intervenuto sul tema nei giorni scorsi, oggi vorrei fare una ulteriore riflessione su una certa legittimazione di presunti diritti, non solo a manifestare, ma a farlo senza regole e nessun rispetto per chi deve occuparsi dell’ordine pubblico. “ci rendiamo conto degli effetti devastanti che la cultura del cosiddetto dirittismo ha prodotto e sta producendo tra i giovani?”, lo si è chiesto Domenico Airoma, Procuratore della Repubblica di Avellino. Anche il politologo Luca Ricolfi è intervenuto su Il Mattino, evidenziando come una mentalità che ha messo al bando i doveri genera inevitabilmente conflittualità e non costruisce nulla. E’ evidente che i sinistri, strumentalmente, dal giornalismo alla politica hanno visto e vedono un solo aspetto della vicenda Pisa o Firenze, quella del diritto sempre e comunque di manifestare, anche se poi le regole vengono calpestate.

Ora le dichiarazione di certi politici, quelli dello stesso presidente Mattarella (che poi, ha fatto marcia indietro, qualcuno lo ha consigliato?) ma anche degli stessi genitori dei “bravi ragazzi”, sono altamente diseducativi e soprattutto giustificano qualsiasi gesto a prescindere dei manifestanti. Ma chi, come, quando è stato deciso che ci sono regole che possono essere calpestate? E su quale fondamento si pretende, poi, di educare le giovani generazioni al rispetto della legalità se si giustifica l’oltraggio della legge? Sembra che in liceo milanese, l’occupazione degli studenti è stata giustificata da una parte dei genitori e quel che è più grave anche da un gruppo di insegnanti. Ho già scritto su Fb che da cittadino italiano non voglio che le mie tasse servano a riparare gli eventuali danni causati dai democratici studenti.

A Pisa l’ipocrita arroganza di chi rivendica diritti senza curarsi dei doveri poteva costare caro. “L’immagine di quei ragazzi intrappolati in un budello di strada e ostinatamente protesi a sfondare il muro delle forze di polizia, rende un’istantanea impietosa: descrive gli effetti di un mondo sregolato ed è l’anteprima di una pellicola che vedrà nel poliziotto l’odioso custode delle regole; ma anche sgretolato dalla predicazione di falsi maestri di un relativismo senza valori colpevole di aver condotto intere generazioni in un vicolo cieco. Esagera Vittorio Feltri su Il Giornale quando scrive che a sinistra non si riesce,“proprio fare a meno di guardare il poliziotto o il carabiniere come un manichino senz’anima, i cui fili sono tirati dai poteri oscuri del male”. (Vittorio Feltri, Il solito vizio di chi da sempre odia le divise, 3.3.24, Il Giornale) Infatti, come si può vedere dai cartelli dei manifestanti, oltre ai poliziotti brutali esecutori, si risale al mandante: la fascista Meloni, e chi se no? Anche se poi negli studi televisivi, si manifesterà sempre fiducia nella polizia e nei carabinieri come istituzione. Le cose cambiano con i singoli appuntati o vice ispettori, gli uomini o le donne in divisa, non si sopportano. Basta un pretesto cui agganciarsi si da addosso, amplificando l’indignazione per un supposto errore.

“È un riflesso pavloviano – scrive Feltri – che attraversa il confine dei secoli. Il poliziotto Antonio Annarumma fu assassinato nel novembre del 1969 in via Larga a Milano. Un manifestante pacifico gli sfondò la testa con un tubo di ferro durante una di quelle manifestazioni che sistematicamente trovavano il plauso corale di artisti e intellettuali che firmavano appelli a favore di rivoluzioni ed espropri proletari contro lo Stato di polizia”. Allora c’era il Partito comunista con i suoi alleati, che nel 1976 sembravano ad un passo dalla vittoria alle politiche. Berlinguer era riuscito, mentre Botteghe Oscure introitava l’oro di Mosca, a far passare il suo partito come l’unico in grado di bloccare il terrorismo delle BR. Gli italiani non ci cascarono. “Adesso si è passati al campo largo, che è il nome nuovo del Fronte popolare. Schlein e Conte dopo Togliatti e Nenni? Non è colpa nostra, gli avversari non li scegliamo noi. Ma di certo c’è una continuità di fondo, a parte la dimensione del cervello. Il dito accusatore è puntato, causa un tic ereditario, contro le forze dell’ordine”.

DOMENICO BONVEGNA

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