
di Andrea Filloramo
Il DNA ricavato dalla statua della Madonna di Trevignano appartiene a Gisella Cardia. È stato questo l’esito della perizia definitiva depositata in Procura dal genetista forense Emiliano Giardina, in seguito alle analisi svolte sul materiale rinvenuto sul volto della statuina, con il quale è stato possibile avere un quadro definitivo e preciso. A Trevignano Romano, dunque, la Madonna non è apparsa.
E’ certo che questa sicuramente non è una novità e coincide perfettamente con quanti coltivano una fede non superficiale o basata sulla creduloneria, cioè sulla tendenza di credere ciecamente o acriticamente a tutto ciò che viene detto o fatto in nome della religione, senza una valutazione critica della sua coerenza o fondamento.
Lo sappiamo: purtroppo la creduloneria, ossia la tendenza ad accettare affermazioni e pratiche senza un’opportuna riflessione , è purtroppo presente nella Chiesa Cattolica.
Essa trova terreno fertile quando la religione diventa rifugio semplice e sicuro di fronte alla complessità della realtà; quando la religione viene trasmessa come tradizione e autorità indiscutibile; quando l’educazione alla fede privilegia l’obbedienza cieca piuttosto che la maturazione spirituale e critica.
In tali ambienti possono facilmente nascere i “falsi profeti”, i messaggi sensazionalistici, i miracoli improbabili, le profezie apocalittiche, i miracoli, anche quelli della moltiplicazione della pizza e degli gnocchi.
Che l’esito della perizia sulla Madonnina di Trevignano fosse intuibile e che il fenomeno delle presunte apparizioni fosse irreale tutti lo sapevamo.
Già c’era stato, oltretutto, il pronunciamento, anche se tardivo, da parte della Commissione diocesana di Civita Castellana, che ha indagato sui presunti fenomeni mistici denunciati in questi lunghi mesi dalla sedicente veggente Gisella Cardia.
ll verdetto dell’indagine recitava con chiarezza:”Constat de non supernaturalitate”, che è una formula latina per affermare che a Trevignano non c’è stata nessuna apparizione.
Ora chiunque può pensare e può dire senza poter essere smentito che Gisella Cardia abbia imbrattato del suo sangue una statuetta della Madonna al fine probabile, che sarà compito della magistratura individuare, di ottenere dei profitti in modo disonesto, approfittando della creduloneria popolare che non ha nulla a che vedere con la fede.
A noi non resta altro che fare alcune considerazioni.
Dal 2016 molti, laici e preti, hanno creduto che a Trevignano Romano ci fosse una Madonnina che piangeva e non si sono resi conto che con lei, piangeva la credibilità di una Chiesa che sembrava aver trasformato l’ambiguità e la sospensione nel suo sport preferito.
Da Fatima a Medjugorje, e poi a Trevignano, la storia si è ripetuta: folle in preghiera, statue che piangono, veggenti che annunciano messaggi apocalittici… vescovi e cardinali chiusi nel loro assordante silenzio, sospesi in una neutralità che è solo calcolo e opportunismo.
È stata questa sicuramente una partita che si è giocata – ma non è la prima volta – sulla pelle dei fedeli e sulla credibilità del Vangelo. Da un lato si invitava alla calma e alla preghiera, dall’altro si lasciava proliferare e prosperare un fenomeno che diventava commercio, attrazione turistica e, soprattutto, arma di ricatto spirituale.
Nessuno dei vertici alzava la voce per dire chiaro e tondo ciò che è falso e ciò che è vero. Nessuno si assumeva la responsabilità di guidare la coscienza dei credenti, di difenderli dal sospetto e dall’inganno.
Era questo come se la Chiesa giocasse su due tavoli: una facciata di prudenza e discernimento e, dietro le quinte, la tolleranza dei fenomeni più discutibili, pur di salvaguardare una macchina religiosa che macinava pellegrinaggi, donazioni e visibilità.
A chi giova questa ambiguità? Ai fedeli non di sicuro. Non giova a chi cerca sinceramente Dio e si trova invece davanti a una sceneggiata che nessuno conferma e nessuno smentisce. A guadagnarci sono invece i furbi, chi trasformano la spiritualità in commercio e chi costruisce carriere e micro-imperi personali sulla credulità dei più fragili.
Ma a guadagnarci è soprattutto chi trova nell’opacità e nell’indecisione ecclesiale un terreno fertile per coltivare l’illusione e la superstizione, mentre la realtà dei fatti scivola nell’anonimato e la fede dei semplici diventa merce di scambio.
Serve coraggio, non tattica.
La Chiesa dovrebbe dire sempre parole chiare e definitive. Se un fenomeno è falso, va denunciato e stroncato sul nascere.
Se è autentico, va affermato e difeso a viso aperto. Qualunque alternativa è una colpa e un tradimento: dei fedeli, della verità e del Vangelo stesso.
Ma chi dovrebbe parlare tace. Chi dovrebbe orientare si rifugia nel politichese dei documenti e dei rinvii. Chi dovrebbe guidare le coscienze si limita ad assistere, lasciando che superstizioni e fanatismi attecchiscano sulla pelle dei più fragili.
Chiudere gli occhi e lasciar correre è la peggiore delle scelte. In nome di una prudenza che sa di calcolo e opportunismo, la Chiesa rischia di sacrificare la sua missione e di trasformare la fede dei semplici in merce da bancarella e strumento di manipolazioni emotive e spirituali.
A Trevignano, come altrove, è stato in gioco molto più di una statua che piange: è stato in gioco la credibilità stessa del messaggio cristiano e di chi dovrebbe esserne custode e interprete.
O si trova il coraggio di dire la verità – chiara e inequivocabile – oppure si accetti di diventare complici di una religione svenduta al migliore offerente.