UN CODICE CAVALLERESCO

Il libro di Roberto Marchesini,“Codice cavalleresco per l’uomo del terzo millennio”, SugarcoEdizioni (2017) si presenta come una mappa per l’uomo contemporaneo per riscoprire se stesso e la grandezza del suo essere maschile. Convinto che la natura dell’essere umano resta immutata e immutabile attraverso i tempi. Per lo psicoterapeuta non è anacronistico ricorrere alla figura del cavaliere con le sue virtù per l’uomo di oggi che si manifesta smarrito e sballottato“tra modelli effeminati o machisti, non certo virili”.
L’autore ci regala una sintesi di cosa è stato veramente il cavaliere nella Storia. Essere nobili non significa“vivere di rendita” sulle spalle degli altri, senza lavorare.“[…]la nobiltà di spada, oltre a essersi guadagnata titolo e terre con il rischio della vita, in combattimento, usufruiva di quel mantenimento perché le toccava sacrificarsi in caso di pericolo”. Praticamente, “i contadini mantenevano si i nobili, ma per avere in cambio protezione e la salvezza della vita; i nobili erano sì mantenuti, ma perché era loro compito rischiare la vita per difendere chi si era a loro affidato”. Pertanto“la nobiltà – continua Marchesini – era un gravoso dovere, non un piacevole beneficio”. Cosa diversa invece era la nobiltà di toga. Questa, “dimostrando la sua volgarità, aspirava soltanto agli aspetti piacevoli della nobiltà, ignorando completamente la pericolosa contropartita”.
Del resto per Marchesini appartenere all’élite della società implica dei doveri nei confronti della società stessa. L’animo volgare non prende nemmeno in considerazione che la vita sia compito, dovere, sacrificio. Anzi guarda con sospetto ognuna di queste tre parole. Eppure sono state queste parole “il fondamento educativo che ha costruito l’Occidente così come lo conosciamo”.
Tuttavia una vita senza un fine, senza uno scopo, senza un significato è una vita grigia, vuota, impossibile da vivere. Secondo lo psichiatra Viktor Frankl, il principio che guida “l’esistenza delle persone non è il principio del piacere (come sosteneva Freud), e nemmeno la volontà di potenza (come affermava Adler), bensì la volontà di significato, la ricerca di uno scopo, di un senso nella propria vita”. Così sempre facendo riferimento a Frankl, l’uomo volgare occidentale di oggi,“immerso in un ‘vuoto esistenziale’, cerca di soffocare la propria angoscia nella ricerca del piacere”. La stella polare dell’uomo volgare, un po’ selvaggio, sembra essere un’esistenza immersa nella nebbia del piacere. L’unico scopo dell’uomo contemporaneo è di cercare ogni tipo di piacere. Divertirsi, che significa allontanarsi dallo scopo della vita, dal dovere, dal sacrificio. Allontanarsi dalla propria vocazione di uomo, dal proprio destino.
L’uomo d’oggi fa di tutto per raggiungere la liberazione sessuale, ma alla fine arriva alla schiavitù sessuale. Del resto“chi vive in modo edonistico -scrive Marchesini – non vive realmente come vuole (anche se magari non se ne rende conto); si accontenta di una vita anestetizzata”. Allora dobbiamo accontentarci di una dose quotidiana di anestetico, oppure possiamo avere di più? Per Marchesini possiamo tendere a una vita migliore, ci propone una vita dove possiamo“realizzarci pienamente, mettere a frutto i nostri talenti senza seppellirli,essere orgogliosi di noi, invece di passare la vita a vergognarci”. Questa vita è possibile.“Ma abbiamo bisogno – come ha scritto Goethe – di un ordine, di una legge”. Ecco il “Codice cavalleresco”. Certo, il bambino viziato, il selvaggio con smartphone, l’edonista si metterà a ridire della proposta. Non importa, noi vogliamo vivere secondo un ordine e una legge, innanzitutto vogliamo vivere una vita con coraggio, con onore, con sincerità, con lealtà, con la cortesia, con franchezza, da veri sportivi. Sono questi i valori che contano, anche se ormai vengono pronunciati soltanto“nelle vecchie pellicole in bianco e nero della commedia all’italiana”. Ma sono gli unici, necessari se vogliamo vivere una vita di vera felicità.
Le riflessioni proposte da Marchesini sui valori fondamentali che delineano il cavaliere sono tutte interessanti. Meriterebbero uno spazio adeguato in questo mio intervento. Propongo qualche riflessione sul “coraggio”. Marchesini parte da uno dei libri fondamentali della Chiesa, “L’Imitazione di Cristo” , infatti Gesù Cristo è il “paradigma e l’esemplare[…] degli uomini-maschi”, la perfetta realizzazione di ogni uomo. Cristo si è sacrificato per gli altri, “non è solo una verità di fede, ma anche una verità di ragione: la felicità dell’uomo consiste nel donare se stesso[…]”. E la conclusione alla quale sono giunti anche filosofi non cristiani come Aristotele, Seneca, Kierkegard.
In pratica l’uomo paradossalmente trova la propria felicità, cercando la felicità altrui e sacrificando se stesso. Si pensi alla numerosa schiera di santi nella Chiesa, penso a madre Teresa di Calcutta. Marchesini cerca di convincerci che gli uomini nonostante tutto portano il peso di tutte le guerre, sono loro a combattere. “Io combatto perchè voi non dobbiate combattere”, esclama il protagonista del film Ironclad.
La Chiesa ha sempre tenuto in considerazione, la virtù della fortezza, cioè della forza soprattutto la forza d’animo. Il coraggio per Marchesini non consiste ricercare la ferita o la morte per se stessa, significa essere disponibili nella lotta contro il male, sempre però con prudenza, altra virtù cardinale. Attenzione, essere prudenti però non significa non esporsi, non prendere posizione, mantenersi nella mediocrità senza assumere posizioni nette. “Il prudente – per Marchesini – non è il mediocre, ma il saggio, che quando capisce dove sta il bene ci si butta senza dubbi né ripensamenti; il coraggioso non è il timoroso ma, al contrario, risoluto: nel bene”.
Marchesini discetta sul significato dell’essere maschi, uomini, facendo riferimento agli antichi latini, “uomo diventa ciò che sei”, cioè forte, coraggioso, virtuoso. Del resto è quello che desiderano gli uomini “in crisi”, stanchi di una vita insoddisfacente, demotivati, senza uno scopo. Mentre la donna non ha il problema di sentirsi debole, per loro è la bellezza quello che conta.
Il nemico del coraggio è il timore,“esso toglie all’uomo la speranza di vincere, quindi l’uomo timoroso è disperato. L’uomo timoroso rinuncia a combattere ancora prima di aver incontrato il male, e fugge”. La nostra società, che è diventata sempre più “materna, iperprotettiva, ci spinge, ci induce ad essere timorosi, non coraggiosi”. Non per nulla, la nostra società ormai è “senza padre”. L’iperprotezione della mamma è castrante. “La maternità è oggigiorno addirittura elevata a sistema di governo. Lo Stato è una madre avvolgente, protettiva, rassicurante che, per il nostro bene, ci proibisce di fumare, di bere, di correre in auto, di difenderci, di pensare[…]”. E’ il super-Stato dell’Unione Europea a dircelo. Praticamente “il politicamente corretto non è altro che il femminile assurto a norma sociale”. Infatti bisogna evitare i conflitti a ogni costo; non offendere, non urtare la sensibilità altrui. Certo a volte è bene farlo, però bisogna anche dire le cose, la realtà si impone, talvolta anche duramente. E allora affinchè il politicamente corretto non diventi dispotismo o dittatura, il femminile va bilanciato col maschile.
Oggi elogiare la forza è come bestemmiare. Per Marchesini, “la nostra società incoraggia la debolezza […]la morbidezza”. Ci dicono che la forza è violenza, “scordando tuttavia che la forza è l’unico rimedio alla violenza, che senza i forti saremmo in preda ai violenti”.
Comunque sia la nostra civiltà è stata fatta“da uomini coraggiosi, non da vili”. Oggi invece nella nostra società siamo circondati da gente che temono di affrontare anche un minimo esame universitario, di prendere posizione pubblicamente, o di esporsi. “Che garanzie ci sono per riuscire?”, è la domanda frequente. Siamo circondati da gente che sembra di fare grandi gesti, ma soltanto quando hanno la garanzia che non ci sono conseguenze.
Rispondere delle proprie azioni e pagarne le conseguenze, significa essere responsabili.“Il tipo umano che la nostra società sta allevando non vuole pagare le conseguenze delle sue azioni, vuole essere irresponsabile. I bambini sono irresponsabili, ed anche i folli”. Dunque “siamo una società di bambini o di folli?”.
Mi ricordo di un grave atto di cronaca di alcuni anni fa in Sicilia, tre giovani avevano violentato e uccisa una ragazza, uno di questi dopo essere stato interrogato dagli inquirenti, esclamava con distacco, ”adesso posso ritornare a casa?”.
Siamo stati educati fin dalla nascita, all’irresponsabilità, alla viltà, a rinunciare a lottare per il bene se le conseguenze non ci piacciono. Sostanzialmente siamo schiavi del timore, che non è una cosa cattiva. Il timore secondo Marchesini è “come un semaforo giallo: ci dice di stare attenti. Non è un semaforo rosso, che ci dice di non andare”. Se andare o meno lo decide la ragione, non il timore. Concludendo occorre sottolineare che l’uomo coraggioso non è quello che non ha paura, è quello che nonostante la paura, fa quello che deve fare, cioè le cose giuste. E’ l’uomo che utilizza le passioni, ma non si fa guidare da esse, anzi li domina. Li guida e li indirizza verso il bene. Ecco che a fianco del coraggio e della prudenza, troviamo la temperanza. Esattamente il contrario di quanto insegna la società odierna: “Soddisfa le tue passioni”; “Segui le tue passioni”, sono questi gli slogan della pubblicità di oggi. L’uomo contemporaneo è guidato ed è in balia delle passioni. L’uomo coraggioso no, è un uomo libero. Legata al coraggio c’è poi la giustizia. “Non si può essere giusti se non si è coraggiosi”.

Domenico Bonvegna 
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