Storie di preti, sesso e paure

Preti, sesso e paure: ho vissuto sempre, come tanti confratelli che io conosco nell’ipocrisia e con continui sensi di colpa che avvelenano il ministero. Ho letto il tuo libro e tutti i tuoi articoli in IMG Press…

 

di ANDREA FILLORAMO

Ricevo da ……@hotmail.it l’allegata email:

“Sono il sacerdote (……….), da quando prima Papa Benedetto e poi Papa Francesco hanno messo sotto osservazione la vita sessuale dei preti, ho vissuto con la paura che qualcuno potesse curiosare nella mia vita privata del passato e potesse denunciare i miei peccati piccoli e grandi e non ti nascondo che sono stato preso dal terrore; ho temuto, infatti, di perdere il mio ruolo nella comunità ecclesiale, che ho cercato sempre di tenere distante dalla sporcizia che ritenevo solo mia (……..). Ho vissuto sempre, come tanti confratelli che io conosco nell’ipocrisia e con continui sensi di colpa che avvelenano il ministero. Ho letto il tuo libro e tutti i tuoi articoli in IMG Press e devo ringraziarti per avermi aiutato a capire quali sono i danni operati da una mancanza di educazione sessuale, di cui siamo vittime, che ci ha fatto vivere, come tu stesso scrivi, in una continua via crucis sessuale. Continua a scrivere perché sono tanti che ti leggono volentieri…………… (nome e cognome)

Non nascondo la difficoltà a commentare questa inaspettata email.
Ringrazio questo prete, che a differenza di tanti altri che mi hanno scritto o che mi scrivono non ha utilizzato la forma anonima, anche se mi ha pregato legittimamente di non rendere noto il suo nome né tanto meno il numero di telefono che gentilmente mi ha trasmesso in nota.
Prima di attivarmi per rispondere mi sono accertato della sua identità attraverso un contatto telefonico e altre notizie avute attraverso la Rete.
Comprendo pienamente quanto sia difficile o meglio quanto sia impensabile per un prete anche solo accennare alla propria intimità sessuale e, quindi, ha dovuto avere coraggio per parlare. Il sesso, infatti, è espressione della passione, della lussuria, è il gesto più vitale e al contempo impetuoso che il corpo possa compiere. Esso è l’espressione delle più crude e nude passioni umane.
Lo sappiamo: il perbenismo e le norme morali impongono una visione quasi sacra della sfera sessuale, sopprimendo il lato puramente animalesco che pur lo rappresenta. E perché vietato, per il prete ogni atto sessuale compiuto deve essere nascosto, coperto dalla vergogna perché peccaminoso.
I peccati, al dire del prete, possono essere grandi e piccoli, escludendo la pedofilia che non è presente nell’email. La dimensione è intuitivamente desumibile dalle classiche categorie di mortali e veniali.
Mi perdoni egli se, servendomi del termine lessicale di peccato, dallo stesso utilizzato, tento ancora una volta sornionamente di demolire il tabù al quale ancora inconsciamente egli sembra legato.
Per gli altri punti trattati nell’email, inclusa la paura che un’ipotetica caccia alle streghe riveli un suo passato inaccettabile, suggerisco al prete di vivere intensamente nel presente la sua vocazione.
Per il resto quel che si raccomanda è di tenere presente quanto Oscar Wilde dice: “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero” ma non è sempre vero; almeno non deve essere vero che tutti i rivoluzionari, gli adolescenti, i sacerdoti, come alcuni affermano, sono accomunati da un simbolo, che caratterizza gran parte dell’umanità: la maschera.
Nella maggior parte dei casi, nel nominare la “maschera”, alcuni tra i primi concetti che la parola potrebbe richiamare sono probabilmente incentrati intorno alla menzogna.

Si tende a interpretare la maschera come un metodo per nascondersi al prossimo e per non rivelare uno o più aspetti di noi stessi. La rivelazione di alcuni aspetti della propria vita, a mio parere, non è, però, sempre necessaria.