La guerra non è la soluzione migliore per avere la pace

di ANDREA FILLORAMO

Assistiamo con grande sgomento alla brutalità di un conflitto armato, presentato come un’operazione militare, in Ucraina, che ci lascia senza fiato e le aspre immagini di dolore, di distruzione e di morte ci tolgono il sonno e si imprimono dentro di noi tanto che la nostra vita viene totalmente stravolta.

Sono immagini che non avremmo mai voluto vedere, o rivedere; c’è, da una parte, lo spaccato di una nazione ferita che combatte fino allo stremo per la propria libertà e dall’altra il sacrificio di giovani o giovanissimi militari russi che forse – mi si permetta di fare una considerazione con cui non intendo attenuare, nel caso in cui ci fossero, le gravi e personali responsabilità – senza sapere neanche un perché, si ritrovano al fronte a battersi con i propri fratelli.

In tal caso, verrebbero, quindi, mandati al macello con la benedizione di Kirill, Patriarca ortodosso di Mosca, che Papa Francesco, non ironicamente ma all’interno di una dialettica religiosa e politica che bisogna saper leggere e interpretare, chiama il “chierichetto di Putin”.

 A tal proposito mi preme rilevare che Kirill non è come Francesco, che porta e non solo il nome del Santo poverello di Assisi; il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, è agli antipodi del Papa.

Egli è colui che nel 2012 ha definito Vladimir Putin “il miracolo di Dio”, che ha benedetto nella cattedrale di Cristo Salvatore i missili nucleari, e che ha dichiarato la guerra santa in Ucraina, ed è tutt’altro che un asceta.

È anche lui, come Putin e tutti quelli che gli girano attorno, un oligarca con un patrimonio stimato da oppositori in 4 miliardi di dollari e tale cifra potrebbe essere più alta.

Secondo la giornalista Anne-Sylvie Sprenger, il patriarca avrebbe fatto fortuna negli anni 2000 quando era a capo degli Affari esteri del Patriarcato di Mosca e i miliardi potrebbero essere stati accumulati per merito delle esenzioni fiscali statali in riferimento al mercato della birra. Possederebbe anche, da quel che si dice, uno chalet in Svizzera e anche dei conti bancari. 

Quei ragazzi, mandati a combattere in Ucraina e per questo morti, provengono tutti da diverse regioni  della Russia, che  in comune hanno la storia: sono nati durante il governo di Putin  e sono tutti, come sappiamo dai media locali,  ventenni delle seguenti regioni: la Buriazia, la Mari El; l’Altaj Krai, aree queste della Russia quasi dimenticate, di certo tra quelle economicamente più in difficoltà e in fondo alla classifica del reddito pro capite nazionale.

Per tal motivo essi sono diventati esecutori inconsapevoli di una decisione e di un mandato da parte di un autarca, che anche in questo modo opprime e continua a opprimere sistematicamente il suo popolo.

Tutti sanno chi è Putin e si sapeva anche prima che occupasse l’Ucraina; è sicuramente un dittatore e ciò nessuno dentro e fuori della Federazione Russa può mettere in dubbio ma che fino a recentemente ha saputo come allettare e forse ha anche a “sovvenzionare” soprattutto i politici di casa nostra.

Lo scrivo solo per quelli che hanno memoria corta e, purtroppo ce ne sono tanti: nel 2015, per esempio, l’attuale Segretario della Lega, Matteo Salvini, si presentò all’Europarlamento di Strasburgo con una maglia raffigurante Putin, postando sui social la foto con la seguente didascalia: “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin”. Negli anni ha continuato a ribadire la sua stima per il leader russo, con frasi come “Faremo la storia con Putin – Le Pen – Trump”, “Putin è speranza”, “Uno dei migliori uomini di governo al mondo”, “Con Putin in Italia staremmo meglio”.

Questa continua apologia ha creato una base solida di fedeli sostenitori italiani di Putin, alcuni dei quali siedono ancora in parlamento, che sui social hanno seguito la propaganda leghista contrapponendo il russo all’Europa matrigna, dipingendolo come l’uomo di ferro di cui tutti avremmo bisogno per risolvere i problemi dell’Europa e soprattutto dell’Italia. 

Salvini nel 2016 ha anche raggiunto Mosca per sottoscrivere un patto di collaborazione tra Lega e Russia Unita, firmato dal leader leghista e da Sergei Zheleznyak, allora vicesegretario generale del Consiglio per le relazioni internazionali del partito di Putin.

Ufficialmente nel testo si parla della relazione tra i partiti che “si consulteranno e si scambieranno informazioni sui temi di attualità, sulle relazioni internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera delle politiche per i giovani e dello sviluppo economico”.

Come conseguenza dell’accordo, Salvini ha iniziato una dura campagna contro le sanzioni alla Russia e ha portato la Lega a votare in Europa a favore delle strategie di Putin in numerose occasioni.

Intanto i contatti russo-leghisti si infittivano grazie al ruolo di Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini e suo consigliere per la politica estera. Il sito statunitense BuzzFeed ha infatti pubblicato dei nastri in cui veniva citato il nome di Savoini per un incontro nel 2018 all’Hotel Metropol di Mosca con dei funzionari russi. 

I temi del meeting sarebbero stati: strategie sovraniste anti Unione europea e affari legati al petrolio, con il leghista che avrebbe contrattato un finanziamento di 65 milioni di euro per il suo partito.

A oggi le indagini sono ancora in corso, e non è ancora stato appurato se la Lega abbia effettivamente ricevuto il denaro.

Nel 2020, infine, la Lega si è astenuta sulla risoluzione per non riconoscere come legittimo presidente della Bielorussa Alexander Lukashenko.

Lo stesso giorno l’Europarlamento ha votato sulla questione dell’avvelenamento del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, per richiedere un’indagine internazionale. La Lega ha dato voto contrario.

Tutti elementi di una strategia di destabilizzazione nazionale e delle strutture comunitarie che la Russia ha imparato a padroneggiare con grande abilità negli ultimi anni, tanto in Europa quanto in Nord America.

Una seria minaccia alla stabilità delle democrazie, che possono essere messe in seria difficoltà ben prima di inviare contro di loro i carri armati. 

Per questi ed altri appoggi internazionali, Putin si è “ingalluzzito” e ha organizzato tutte le sue campagne militari e di occupazione coinvolgendo tutta la popolazione russa che è pacifica e non vuole la guerra.

Putin, particolarmente negli ultimi tempi, temendo che potesse aumentare l’opposizione interna, ha cercato in tutte le maniere di emulare sempre di più Iosif Vissarionovic Džugašvili, più noto con il nome di Stalin, e non si è fatto scrupolo, recentemente, di eliminare l’opposizione e tutti i suoi avversari politici.

Ricordiamo durante il periodo delle purghe, nella seconda metà degli anni 30 Stalin era solito chiamare a colloquio i dirigenti e funzionari che lavoravano a stretto contatto con lui e di cui non si fidava. A questo punto non è difficile fare delle analogie.

Appena questi entravano nello studio, cominciava a fissarli negli occhi senza proferire parola. Chi non reggeva lo sguardo, veniva fucilato perché, secondo Stalin, aveva qualcosa da nascondere o era in malafede.

Molte sono le notizie che ci giungono di Putin che, però, si serve per far fuori le persone di mezzi più sofisticati, e meno cruenti, di quelli di Stalin, come il veleno, che funziona come una sorta di “firma”: permette di commettere un omicidio sancendo pubblicamente chi è il mandante ma lasciando poche possibilità agli investigatori di stabilirlo con certezza.

In altri casi, il veleno funziona da deterrente nei confronti di eventuali emulatori, come una sorta di monito che recita: «non importa dove troverai rifugio, ti abbiamo in pugno»

Diciamolo, pure e la storia lo dimostrerà: Putin se non supera nella crudeltà Stalin, sicuramente lo uguaglia.

Torniamo alla guerra in Ucraina, voluta da Putin.

Le perdite fra le fila russe dal giorno dell’attacco di Mosca all’Ucraina, lo scorso 24 febbraio, fino a qualche settimana fa, ammonterebbero a 24.000. Lo rende noto il bollettino quotidiano dello Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine, appena diffuso su Facebook, che riporta cifre che non è possibile verificare in modo indipendente.

La fine della guerra è ancora molto lontana. Lo ha detto la Casa Bianca che vede nei negoziati tra Ucraina e Russia uno stallo che non permetterà un cessate il fuoco imminente.

E mentre le truppe russe si sono in gran parte ritirate in Bielorussia per preparare un attacco nel Donbass, diventato obiettivo strategico nella guerra di Putin, il numero delle vittime del conflitto iniziato lo sorso 24 febbraio continua ad aumentare.

Nella storia dell’umanità – prendiamone atto – la guerra ha accompagnato le vicende di tutte le società e di tutti gli Stati: farsi la guerra è stato il comportamento culturale e politico prevalente del quale si sono nutriti, per secoli, generazioni di uomini e, ancora tale comportamento non è stato abbandonato da chi detiene il potere politico ed economico degli Stati.

Pensavamo che in Europa avessimo negli ultimi 70 anni almeno costruito delle dighe. capaci di fermare questo fiume in piena che travolge tutto, arreca tanta sofferenza, tanta distruzione e tanti morti, ma non è stato così.

Si sta ripetendo la triste e vergognosa classifica degli accadimenti sanguinosi della nostra Storia: ecco quello che gli storici racconteranno per diverse generazioni e si proverà un senso profondo di vergogna.