W L’ITALIA: LA NOSTRA PA NON SI FA PAGARE DALL’UE E NON LIQUIDA I FORNITORI

L’inefficienza della nostra Pubblica Amministrazione (PA) ci costa caro. Come ha denunciato nei giorni scorsi la Corte dei Conti Europea, contiamo 22,3 miliardi di euro non ancora liquidati dall’Unione europea a causa dei ritardi che i nostri uffici ministeriali e regionali hanno accumulato in questi anni nella fase di pianificazione/progettazione dei Fondi strutturali di nostra competenza. Altresì, la nostra PA ha uno stock di debito con i propri fornitori di 57 miliardi di euro, 30 dei quali ascrivibili a ritardi superiori ai tempi di pagamento stabiliti per contratto.

 

“Sia quando è chiamata a incassare i soldi da Bruxelles sia quando deve saldare le fatture emesse dai propri fornitori – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – la nostra PA accumula dei ritardi spaventosi che penalizzano, in particolar modo, il mondo delle piccole e medie imprese. In entrambi i casi, comunque, nessuno in Europa registra degli score peggiori dei nostri. Una leadership che non ci fa onore e che ci relega nelle ultimissime posizioni in Ue, anche quando viene misurata la qualità/quantità dei servizi pubblici erogati ai cittadini e alle imprese”.

 

Per il milione di aziende private italiane che lavora per la PA, inoltre, la situazione negli ultimi anni è ulteriormente peggiorata. Dal 2015 ha fatto il suo “debutto” lo split payment. Questa misura obbliga le Amministrazioni centrali dello Stato (e dal 1° luglio 2017 anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario. L’obiettivo è stato quello di contrastare l’evasione fiscale, ovvero evitare che, una volta incassato il corrispettivo dal committente pubblico, l’impresa privata non versi al fisco l’imposta sul valore aggiunto.