Turismo: Realtà economiche e liberalizzazioni

Pur se non abbiamo dati complessivi sulla stagione di punta del turismo, quelli parziali di Istat, categorie economiche e ministeriali indicano un buon andamento di questa economia, con miglioramenti rispetto al passato e – usando il termine finanziario “sentiment” – buone prospettive per il futuro.

Nel contempo, Italia al pari e anche più di altre località europee e mondiali, il nostro  Paese “soffre” del cosiddetto overtourism. Cioè una presenza turistica così intensa e poco quanto mal organizzata/gestita in quanto basata molto sulla crescita quantitativa, che crea problemi grazie alla “disneylandizzazione” dei luoghi e relativa snaturalizzazione (1) dei contesti urbani e naturali, con ricadute su qualità e costi dei servizi resi, sia a residenti che turisti. Non solo le “classiche” Firenze, Venezia, Costa Amalfitana e Cinque Terre, ma fenomeno che si espande lì dove una qualche novità o migliore pubblicizzazione fa aumentare le presenze turistiche, soprattutto quelle del cosiddetto “mordi e fuggi”.

Il fenomeno, allo stato, è gestito solo dall’entusiasmo imprenditoriale degli operatori, con piccoli quanto poco significativi interventi delle istituzioni nazionali, regionali e locali. Operatori sempre meno espressione della tipica imprenditoria nazionale (piccola e media) che in qualche modo dovrebbe essere  legata ai territori e quindi tendenzialmente più rispettosa degli stessi, ma business di grandi investitori (si vedano, ad esempio, le moltiplicazioni di grandi aziende, talvolta multinazionali, che gestiscono i cosiddetti affitti brevi e la ristorazione, ché l’alberghiero è già da tempo molto nelle loro mani).

Nel mondo ci sono diversi segnali di una sorta di degenerazione che, se in città come Barcellona (2) e Dubrovnik (3) stanno cercando di arginare, non si può dire altrettanto per  Parigi (4), Amsterdam (5) e località come le isole Lofoten in Norvegia (6) e l’isola di Bali (7). Altri esempi a iosa.

Non si tratta quindi solo di una italica incapacità e disattenzione, ma di un Pianeta che, degenerando grazie all’impronta umana nell’ambiente e con la crescita di maggiori divari tra poveri (includendo in essi anche i cosiddetti ceti medi) e ricchi, nonché liberi e non liberi, non sembra interessato a equilibri e razionalità, ma all’uso selvaggio delle proprie risorse, ad opera di sempre meno soggetti, pubblici o privati che siano, poteri o profitti che siano.

Sembra che siamo alla realizzazione di un nuovo ordine e assetto mondiale dopo la rinascita economica post seconda  guerra mondiale in cui, esplicitati o quasi tutti i problemi, si stia lasciando tutto nelle mani di chi se ne fa beffe negando gli stessi. La degenerazione ambientale non esiste e chi ha cercato di porvi rimedi è considerato ostacolo (anche istituzionali: si pensi al retromarcia del green deal dell’Ue e del “green” in Usa e Germania). Ecco la negazione dell’overtourism, le libertà individuali e collettive che sono un impaccio, l’industrializzazione (quando c’è) che non è green magari dismettendo quanto già in essere o privilegiando comparti (come le auto elettriche) di dubbi quanto limitati equilibri.

Forse non ci abbiamo fatto caso più di tanto, ma quando si dice che dal particolare dipende il generale, non è solo – per esempio – per pratiche oggi diffuse come la raccolta differenziata dei rifiuti, ma anche nella gestione del nostro cosiddetto tempo libero (di cui il turismo e grande pratica), fino alla scelta di responsabili istituzionali che vedano oltre il proprio e nostro naso. Senza sottovalutare i nostri disimpegni, distrazioni e interessi meramente speculativi/corporativi in quanto consumatori, lavoratori e cittadini.

Alcuni – disinformati quanto vittime di disinformazione e con pregiudizi, a nostro avviso – dicono che queste situazioni sono conseguenza delle liberalizzazioni. Ma i contesti economici alternativi proposti si alternano in governance già sperimentate e all’origine dei caos (monopoli e autoritarismi)… quando ci sono, ché talvolta c’è solo critiche e nulla. Considerando che la maggior parte delle liberalizzazioni sono il perfetto contrario delle liberalizzazioni stesse, inondate di conflitti d’interesse e abusi di posizioni dominanti. Soprattutto da parte di Stati o gruppi di potere di egual portata economica.

Le liberalizzazioni sono invece come la democrazia, la governance che fa meno male. Al centro c’è l’individuo e la sua capacità di essere tale nel rispetto e l’uguaglianza con gli altri, anche e soprattutto i più diversi da lui medesimo. E’ la libertà!

In questa nostra sommaria osservazione/riflessione siamo partiti da turismo e overtourism. Una delle attualità del momento. Altri argomenti avrebbero potuto portarci al medesimo sviluppo di analisi e prospettive. Non perché esista un modello più o meno ideale/ideologico su cui articolare la vita “dalla culla alla bara”. Ma forse proprio perché è un non-modello che ci induce a ragionare, per quanto sia possibile esser liberi – in se stessi e nei rapporti con le istituzioni – per poterlo fare.

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

 

 

 

1 – https://www.aduc.it/articolo/cavallette+licheni+quale+turismo+vogliamo+firenze_39715.php

2 – https://www.aduc.it/articolo/quale+futuro+overtourism+firenze+non+barcellona_39698.php

3 – https://www.aduc.it/articolo/disneyland+citta+viva+coraggiosa+lotta+dubrovnik_39882.php

4 – https://www.aduc.it/articolo/overtourism+agonia+louvre_39374.php

5 – https://www.aduc.it/articolo/residenti+amsterdam+fanno+causa+al+comune+turismo_39881.php

6 – https://www.aduc.it/articolo/overtourism+alle+lofoten+norvegia+artica_39634.php

7 – https://www.aduc.it/articolo/instagram+vs+realta+bali+sta+diventando+vittima+suo_39884.php