Basket & debiti: l’Italia degli stolti continua a guardare il dito

Building and sign bank (done in 3d)

Basket: l’Italia degli stolti continua a guardare il dito, senza accorgersi della luna. Ci scuserà il direttore Baldini ma desideriamo partire dalla Sua fine.

A noi tutti “malati cronici di basket”non dispiace mai leggere per tenersi informati sul mondo a spicchi e, per chi come me è cresciuto con la rivista del mitico Aldo Giordani Superbasket”, che già era integrata con i libri di testo scolastici all’interno della cartella, anche nel 2019 rimango sempre affezionato a “Superbasket”.

Ho letto con molto attenzione l’editoriale dell’8 Aprile dal titolo 16 o 18 squadre? Siamo nel “garbage time” gestionale e devo ammettere di averci visto giusto nei mesi scorsi. Come non condividere quasi in toto quello che scrive Baldini sopratutto dopo averlo scritto in tempi non sospetti. Si  caro Raffaele, concordo pienamente con te quando parli di  “rivoluzione mediatica” ma sono molto scettico che un gruppo dirigente che ha deciso di spendere ingenti risorse economiche federali delle società per avere un canale televisivo federale (accordo con Sky) possa d’emblée cambiare strategia e trarre risorse dalla vendita dei diritti audio-visivi ma i cambiamenti repentini del vertice federale lasciano ben sperare in tal senso.

Sull’altra idea lanciata dal direttore, cioè quella di stimolare il sottosegretario Giancarlo Giorgetti per alleggerire il peso delle gabelle ci sembra una pura illusione in quanto i balzelli di natura fiscale non sono per il basket bensì per lo sport professionistico in generale.

Per cui non credo che questa strada sia praticabile perché significare per il governo rinunciare ai soldi del calcio in primis. Ci permetterai caro Raffaele di renderti partecipe di quanto scritto a settembre 2018: l’unica strada percorribile per diminuire i balzelli che permetteranno il recupero energetico del rifiuto e la minimizzazione dello suo smaltimento in discarica è #aboliamoilprofessionismonelbasket.

 

Di seguito riporto il pezzo del 20-9-2018  https://www.imgpress.it/sport/il-basket-italiano-mostra-segnali-di-declino-perche-non-imitare-la-pallavolo/

 

 

 

Perché le scommesse nel basket sono un male non necessario

Perché le scommesse nel basket sono un male non necessario.

La Fip avvia un’indagine riservata? Ma questa indagine nessuna società di scommesse l’ha quotata! Il Corriere della Sera, a firma di Roberto De Ponti, riportava “Basket minore d’Italia, atleti minorenni, ingenti movimenti di denaro in Asia e giocate anche sui singoli quarti: poco etico e pericoloso. La Federbasket apre un’inchiesta.” (di seguito il link dell’articolo completo https://www.corriere.it/sport/19_febbraio_06/giocano-under-20-regionalima-di-loro-si-scommette-tokyo-2c45a84c-2a4d-11e9-aff1-844956f99687.shtml?intcmp=googleamp)…

Tira un bruttissimo periodo per la governance federale, capitanata dall’ex numero uno del Coni, Gianni Petrucci, travolta dai problemi economici di diversi club dalla serie A alle serie minori, dai ritiri di società dal massimo campionato di serie A femminile, da società regionali che rinunciano alle varie fasi, dai problemi di tesseramento e ora pure la problematica scommesse.

In verità, diciamolo senza ipocrisia, non lo sapremo mai se a qualcuno della federazione interessi, sul serio, combattere la piaga delle scommesse illegali, fenomeno che inquina il risultato sul campo e la credibilità dei nostri campionati. In genere gli entusiasmi e l’interesse sono condizionati dal vento che tira in via Vitorchiano 113 a Roma: più titoli, più attenzione. Certo è difficile concentrarsi su una serie di gare sospette con tutto quello che è successo e sta succedendo in Italia. Ma è una vita che nel Belpaese succedono cose enormi e quasi sempre sgradevoli o tragiche e questo non impedisce alla nostra amata classe dirigente viaggi, regali, sfilate televisive.

Sembra proprio cosi che la credibilità di questa federazione sia ai minimi termini ma i vecchi detti non sbagliano mai: “chi semina vento raccoglie tempesta”.

Se il parquet potesse parlare

Siamo nel bel mezzo di una tempesta che, con particolare violenza, sta colpendo il mondo del basket, ambiente che forse troppo in fretta si è voluto dimenticare della vicenda Baskettopoli: dell’aria rancida che tirava a Siena, alle recenti denunce del presidente Giannakopoulos su alcuni arbitraggi in Eurolega che riguardano anche un fischietto del nostro massimo campionato, fino alle scommesse sui campionati regionali e giovanili che destano parecchia preoccupazione a Mamma Fip.

Forse questa è la verità: che la dignità di una federazione non va messa sul piatto della bilancia se sull’altro piatto c’è una puntata sospetta o un guadagno di una società o di un tesserato non lecito (a questo siamo ridotti), ma c’è un avvenimento sportivo che non annoia, e questo può essere solo il bottino di una scommesse aggiustata: è una questione di cultura sportiva?

Era il 10-7-2018 quando il presidente Petrucci nel suo intervento in consiglio Nazionale del Coni dichiarava:
“Proibire la pubblicità sulle scommesse sportive sarebbe penalizzante per lo sport professionistico” e non contento l’ufficio stampa della Fip diramava questo comunicato stampa: “Le scommesse sportive -ha ricordato il presidente FIP Giovanni Petrucci nel proprio intervento in Consiglio Nazionale- sono nate per combattere il toto nero. Inizialmente riguardavano solo il calcio, poi anche il basket e poi via via in parte anche altre discipline. Lo Stato riconosce ufficialmente le scommesse sportive, ma adesso non si capisce perché si debba proibire la pubblicità di un’attività prevista dallo Stato con notevoli conseguenze economiche nel calcio e nel basket, ma anche in altre discipline. Sarebbe un provvedimento davvero penalizzante per le realtà sportive professionistiche” Il presidente CONI Giovanni Malagò ha informato il presidente Petrucci e il Consiglio Nazionale di aver fatte proprie queste tesi e di averle sottoposte al Governo nella speranza di poter apportare correttivi al decreto. Ufficio Stampa Fip . Fonte http://www.fip.it/news.aspx?IDNews=11299
Ovviamente se vogliamo la pubblicità delle società di Betting, non possiamo dopo scandalizzarci se il fenomeno delle scommesse prende piede anche nei campionati regionali e giovanili. E’ vero, ce ne sono pochi di moralisti, e non a caso nel mondo del basket si diceva che non bisognava valutarle sul metro del pregiudizio. Esattamente: quella era una strada lucente e scivolosa, sporca la sua parte. Da un lato, bisogna ammettere che le possibilità umane sulla gestione dei risultati sono al limite, dall’altro che la scommessa dà un forte aiuto alle prestazioni di atleti e arbitri. Non è detto che quelli che frequentano i palazzetti siano tutti santi, anzi il rischio è sempre quello di scoprire l’esatto contrario.

Cari presidenti Petrucci e Malagò con il termine “pubblicità” si intende quella forma di comunicazione di massa usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine, con l’obiettivo di conseguire i propri obiettivi di marketing. La caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria è di diffondere messaggi preconfezionati a pagamento attraverso i mass-media. La pubblicità informa, persuade, seduce il pubblico è tutti gli appassionati e per far ciò necessita ampliare la platea delle opzioni disponibili per il gioco da parte delle società di Betting.
Oggi il presidente Petrucci dichiara: «Il problema ora riguarda noi, ma può toccare qualsiasi federazione popolare. Noi siamo solo gli apripista. Per questo, d’intesa con il Coni, vogliamo presentare al governo una proposta perché avvii l’iter per una legge che vieti le scommesse sui campionati giovanili. In Danimarca funziona già così» fonte https://www.pianetabasket.com/il-caso/scommesse-sui-minori-il-basket-e-la-fip-chiamano-il-governo-174679
E no Presidente Petrucci, non ha senso chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati perché di questo si tratta, ormai le cronache sono piene di Sue dichiarazioni con ottime intenzioni per la risoluzione delle problematiche che poi (chissà perché) per svariati motivi naufragano.
Noi di IMG Press Le rinfreschiamo la memoria in merito, come quella volta che aveva dichiarato il 22 Dicembre 2017 alla Gazzetta dello sport, che in virtù della delibera esecutiva del Consiglio Federale FIP dello scorso 11 aprile 2017, bisognava giocare, sin dalla prima gara della stagione 2018/19, in palazzetti con almeno 5000 posti per permettere “l’uguaglianza competitiva” fonte http://www.fip.it/news.aspx?IDNews=10765. Eppure Presidente basta consultare il sito della Legabasket per accertarsi che il Taliercio di MARGHERA (VE) ha una capienza di 3506 posti, il PalaRadi di CREMONA ha una capienza di 3511 posti, PalaPentassuglia di BRINDISI ha una capienza di 3534 posti, il BLM Group Arena di TRENTO ha una capienza di 4000 posti, il PalaCarrara di PISTOIA ha una capienza di 4000 posti, il PalaBigi di Reggio Emilia ha una capienza di 4530 posti, quindi sono tutt’ora presenti luci e ombre, con notevoli differenze, tra i diversi impianti tali da non permettere “uguaglianza competitiva”.
Presidente Petrucci basta slogan, il basket ormai ha bisogno d’altro….noi continueremo a stare sul pezzo informando/denunciando da queste pagine gli appassionati che sempre di più stanno abbandonando il basket. Altri, più simpatici di noi, preferiscono una riga di sdegno quasi ogni tre anni. E così la Procura federale non ha nulla da aggiungere, e ci credo, la Fip ha fatto la sua strada tra luci e ombre, e quelli come noi  restano dell’opinione che contano solo i fatti, non le parole.

Ciuff…e…Tino

 

https://www.superbasket.it/2019/04/08/16-o-18-squadre-siamo-nel-garbage-time-gestionale-di-raffaele-baldini/

 

Ho deciso: tutti i piccoli mutamenti incrementali che si succederanno nel mondo del basket italiano, li ascriverò alla stregua del “garbage time” di una partita. Sedici o diciotto squadre, capienza dei palazzetti, formule particolari nei playoff, tutte aspirine per un malato terminale, tutte operazioni per dirigenti in preda al panico, incapaci di fare rivoluzioni ma abilissimi a mischiare le carte per distogliere il focus principale.

Partiamo dal presupposto che la pallacanestro italiana DEVE restare uno sport di nicchia, DEVE essere tenuta a distanza di sicurezza dal calcio, altrimenti tutti gli sforzi politici per mantenere la baracca pallonara, fatta di stadi vuoti e una Nazionale al minimo storico, si sgonfierebbero inesorabilmente. Quindi l’appeal per figure imprenditoriali disposte ad investire è nullo, una mera spesa figlia di una recondita passione sportiva. Uno studio conferma questa tendenza, palesemente contraddittoria rispetto alle logiche aziendali. Non solo, si evince a livello statistico, che ad altissimo livello (Milano per esempio), l’esborso annuo per stagione sportiva non può neanche essere considerato un elemento affiancabile alla ricerca del pareggio di bilancio, essendo distante mille miglia.

Alla radice quindi il seme di una sana ricrescita del movimento partirebbe da una capillare rivoluzione mediatica di Lega e Federazione, atta a convogliare risorse importanti nel calderone cestistico. Invece di dichiarare che il “50% delle squadre di serie A dovrebbe essere retrocessa d’ufficio”, si faccia come all’estero, un pacchetto diritti audio-visivi importante, spartendolo moneta sonante alle società che così avrebbero un polmone importante su cui strutturare il proprio investimento. Contemporaneamente si conquisti terreno fertile fra l’ampia cerchia dei non baskettari.

Usciamo da un altro equivoco: non sono un economista ma con questa tassazione in ambito sportivo non si va da nessuna parte. Non si può pensare di gestire un LUSSO, perché oggi il basket è tale, che per ogni dipendente richiede un pagamento allo Stato di Irpef del 43% (più tutto il resto). Inutile materializzare paraventi come i diritti d’immagine per pagare i giocatori tramite procuratore, magari dando la possibilità di aprire un conto estero esentasse. Se il Sottosegretario Giancarlo Giorgetti è così appassionato di pallacanestro, sfrutti questa inclinazione naturale per stimolare il governo ad alleggerire il peso delle gabelle. E’ un passaggio, senza il quale non se ne vieni fuori, altrimenti continueremo a registrare società con presidenti invischiati in associazioni a delinquere finalizzate a frodi fiscali, imprenditori fantasisti in grado di dribblare questioni economiche, faccendieri immersi nel contesto sportivo per far funzionare la “lavanderia”.

Capite quindi il senso del “garbage time”?

L’Italia degli stolti continua a guardare il dito, senza accorgersi della luna.

 

Ciuff…e…Tino