I GRILLINI E I PIDDINI FIGLI DI MACHIAVELLI

FIGLI DI MACHIAVELLI: tante volte ci si interroga sul perché studiare la Storia e sulla sua straordinaria importanza. Le vicende politiche di questi giorni confermano se ce n’era bisogno che veramente la Storia è maestra di vita.

 

E pertanto ha ragione il fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, quando afferma: “chi sbaglia Storia, sbaglia politica”. In questi giorni mentre si consuma il «curioso connubio tra pidioti e pentastellati  cementato sia dal morboso affetto per la poltrona, sia dall’odio implacabile verso un politico che ha fatto l’imperdonabile errore di dimostrarsi un uomo: Matteo Salvini», sto leggendo «Gli Italiani sotto la Chiesa», sottotitolo:“Da S. Pietro a Mussolini”, di Giordano Bruno Guerri, pubblicato da Mondadori, nella collana Le Scie (1992). C’è un capitolo del testo di Guerri che è molto utile per comprendere meglio le vicende politiche odierne. Mi riferisco al grosso scandalo del brutale e nello stesso tempo volgare trasformismo politico del PD e del movimento 5 Stelle, che certamente è un fenomeno tutto da studiare a livello psicologico e sociologico. E pertanto ha ragione il blog “Huffpost”, diretto da Lucia Annunziata, «Il Conte bis è nato, come noto e quasi scontato, come la più grande e plateale operazione trasformistica della politica italiana dopo il secondo dopoguerra». (Giorgio Merlo, L’elogio del trasformismo e la coerenza politica, 13.9.19, in huffingtonpost.it)

Nel secondo capitolo Giordano Bruno Guerri nella sua brillante descrizione storica, sottolinea una particolarità degli italiani: l’atavica divisione del nostro popolo. Già dal primo capitolo, Guerri, divide il popolo italiano, in bianchi e neri. Quando giunge a commentare Niccolò Machiavelli e la sua opera più importante, Il Principe, non posso esimermi dal paragonarla alla situazione politica che stiamo vivendo.

Le riflessioni di Guerri sulle caratteristiche del Principe di Machiavelli sono attuali. Nella storia della recente politica si possono registrare diverse casi di trasformismo, tra i tanti è passato alla storia quello di Domenico Scilipoti, ma questo che ha portato all’abbraccio PD e 5Stelle resterà negli annali della storia parlamentare italiana.

Machiavelli fornisce un manuale di regole necessarie per governare i popoli. Nelle regole del Principe, lo storico senese, ne elenca qualcuna: 6«non può né deve rispettare la parola data, se tale rispetto lo danneggia». Il moderno principe per raggiungere gli scopi ha tutto il diritto di ingannare, avvelenare, congiurare, sterminare popoli. Pertanto per Machiavelli, la più importante virtù di un principe è l’astuzia, accompagnata dall’ambizione, dalla mancanza di scrupoli, dalla determinazione.

Insomma Machiavelli separa la politica dalla morale, codifica il realismo politico e afferma il principio che il responsabile di uno Stato non può tenere conto delle regole dei gentiluomini. Dunque a distanza di cinquecento anni le regole fondamentali del Principe sono attuali, vengono cinicamente rispettate dai molti politici presenti nel nostro parlamento. A questo punto potrei avanzare una provocazione: non sarebbe opportuno affidarsi ad un uomo, ad uno statista del calibro di Antonio Oliveira Salazar? Lo so che passo per reazionario, fuori della Storia e del consorzio civile, ammesso che l’intellighenzia sinistra conosca Salazar.

Ritornando a Machiavelli, Giordano Bruno Guerri, scrive che tutti hanno imitato il Principe da Carlo V° al cardinale Richelieu, da Lenin a Mussolini. Anche Gramsci indicava la figura del principe in quella del moderno partito di massa.

Il testo di Machiavelli ha contribuito ad identificare gli italiani come “machiavellici” secondo il deteriore del termine: intriganti, astuti, inaffidabili, traditori, senza senso dell’onore, capaci di tutto. Capaci di cambiare bandiera facilmente.

Ritornando alla politica italiana, si registrano diversi allarmi per quanto riguarda l’aspetto della coerenza, e della parola data. Ormai la stragrande maggioranza degli italiani conosce le motivazioni perché è nata questa operazione di trasformismo politico, tra Pd e 5Stelle, prima tra tutte «il terrore del voto anticipato, la perdita dello stipendio per i parlamentari e la potenziale e quasi certa riduzione secca di seggi dei due partiti contraenti la nuova maggioranza di governo». Però questa deriva trasformistica crea un grosso problema: cambia la fisionomia fondamentale della politica sia a livello nazionale che locale, cancella o sospende la categoria della “coerenza”.

Infatti, «con l’irruzione del trasformismo sono le stesse regole della politica a mutare. E a mutare profondamente». Non è un caso che i due partiti che sostengono il Conte bis sono stati costretti a cancellare «tutto ciò che hanno detto, scritto, teorizzato, sostenuto e urlato nelle piazze negli ultimi 10 anni».

Pertanto occorre fare un’ulteriore riflessione: «Che senso ha, oggi, – scrive Merlo – per fare qualche esempio concreto, sostenere in un partito che una scelta politica è credibile, netta e di lunga durata perché è stata assunta dagli organismi preposti di quel partito? Abbiamo tutti in mente le solenni dichiarazioni dei candidati alla segreteria nazionale del Pd, delle loro mozioni congressuali, delle loro deliberazioni votate all’unanimità dalle segreterie e dalle direzioni sino a poche settimane fa che escludevano in modo categorico per motivi politici, culturali, etici, programmatici e storici qualsiasi alleanza politica con i 5 Stelle».

Stessa cosa si può scrivere dei 5 Stelle. Sarebbe superfluo elencare tutti gli insulti contro il Pd da parte dei grillini, la rete è piena.

Allora c’è da chiedersi seriamente se da questo momento qualsiasi dichiarazione, deliberazione congressuale, almeno per quanto riguarda certi partiti, saranno solo parole al vento destinate a cadere nell’arco di poche ore.

Questa degenerazione politica a cui stiamo assistendo oltre a ingrossare il partito dell’astensionismo, mina la credibilità della democrazia e delle istituzioni. Infatti,

«Non ci sarebbe da stupirsi se, quando mai si riuscisse a tornare a votare, la percentuale dei votanti non superasse il 30% degli aventi diritto al voto. Questo infatti potrebbe essere l’esito di una crisi politica maldestramente gestita da chi sperava di ottenere il voto e invece ha favorito la nascita del peggior governo possibile».(Marco Invernizzi, Il governo nascente di male in peggio, 29.8.19, alleanzacattolica.org).

 

Domenico Bonvegna

domenico_bonvegna@libero.it