GIUSTIZIA: ASSOGOT disapprova l’emendamento alla manovra finanziaria presentato dal Governo

Pubblichiamo la lettera che l’associazione di giudici onorari di tribunale AssoGOT ha inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Ministra della Giustizia e ai Parlamentari della Repubblica, esprimendo una valutazione molto critica dell’emendamento alla legge di bilancio 2022 (e specificamente all’art. 196) in tema di magistratura onoraria.

La soluzione suggerita dal Ministero della Giustizia è ritenuta inaccettabile e gravemente lesiva dei diritti acquisiti da circa 5000 lavoratori già vittime di precariato ultraventennale e può essere addirittura considerata una sorta di “estorsione di Stato”.  

 

ILL.MO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

ILL.MO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

ILL.MA MINISTRA DELLA GIUSTIZIA

ONOREVOLI DEPUTATI E SENATORI

PREGIATISSIME AUTORITA’

La scrivente associazione esprime la propria assoluta contrarietà all’emendamento governativo alla legge di Bilancio 2022, nel testo reso noto il 9 dicembre u.s., in materia di magistratura onoraria.

Dopo mesi di fervente attesa, nella cornice di un convegno tenutosi alla presenza del Capo Gabinetto del Ministero della Giustizia, è stata divulgata una proposta normativa riferibile alla Ministra, Prof.ssa Marta Cartabia, che ci  trova in dissenso pressoché su ogni punto.

Il testo, che fa seguito ai durissimi rilievi mossi dalla Commissione europea, non solo non risponde alle legittime aspettative della categoria, ma smentisce quanto hanno dichiarato in diverse occasioni autorevoli rappresentanti istituzionali, circa la volontà di valorizzare e rendere giustizia ai 5.000 magistrati precari dediti da anni, con sperimentata competenza, al delicato esercizio della giurisdizione, in assenza di tutele e in condizioni di oggettivo sfruttamento.

Ad una categoria martoriata da decenni, e “bullizzata” da circolari sistematicamente punitive, il Governo, sostenuto da un’ampissima maggioranza, propone di acconsentire ad ulteriori soprusi, imponendo un aut aut in cui, da una parte, c’è una chiara e apodittica rinuncia del prestatore a far valere i propri diritti attuali e pregressi – con marchiana violazione dell’art. 24 primo comma Cost. – e, dall’altra, c’è la fumosa prospettazione di un’ipotetica ed incerta “sistemazione”, condizionata dall’esito di una ennesima “procedura di valutazione” che porterebbe, nella migliore delle ipotesi, a proseguire nello svolgimento di qualificate, complesse e spesso infungibili attività giurisdizionali, ricevendo, però, un trattamento economico soltanto “parametrato” a quello dei funzionari amministrativi di cancelleria.

Quanto ciò strida con il senso di Giustizia che appartiene a chiunque sia dotato di coscienza e di un minimo di etica pubblica – senza dover scomodare valori costituzionali o tecnicismi giuslavoristici – ci sembra evidente.

Mai i magistrati onorari avrebbero pensato di dover leggere in un testo redatto per risolvere una situazione di abuso di contratti a termine, un combinato disposto monstre come questo:

La domanda di partecipazione alle procedure valutative di cui al comma 3, comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo il diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma” (comma 5).

I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano dal servizio, qualora non presentino domanda di partecipazione al concorso di cui al comma 2” (comma 9).

Il magistrato onorario, spogliato per anni, spesso per decenni, di ogni diritto, tenuto nella più assoluta e inimmaginabile precarietà, verrebbe obbligato a scegliere tra  due opzioni: decadere dall’incarico (che rappresenta nella maggioranza dei casi, l’unica fonte di sostentamento della sua famiglia) oppure presentare domanda di partecipazione ad una “procedura valutativa” dalla quale però scaturirà, ipso facto e indipendentemente dall’ esito della procedura, una rinuncia tombale, con abdicazione di qualsiasi diritto.  Il tutto, in spregio a conquiste del secolo scorso, avverrebbe senza neanche l’ombra di garanzie formali e di presidi contrattuali e/o sindacali.

Questa inaccettabile previsione ci riporta a prassi tristemente note, cui si pensava fossero adusi datori di lavoro privi di scrupoli e dediti alla prevaricazione dei più deboli, nel nome del profitto. Mai avremmo pensato che erede di una così disonorevole tradizione sarebbe stato un datore di lavoro pubblico, il Ministero della Giustizia, per di più in un momento in cui a rappresentarlo sono esponenti di indiscussa competenza e di eccezionale prestigio.

 

Scendendo nei particolari, una prima esegesi del testo (i quale in realtà, per povertà giuridica, illogicità e problematica attuabilità neppure meriterebbe tale disamina) porta ad enucleare diverse macroscopiche violazioni, che sfiorano le ipotesi di reato. Ed infatti la prima reazione degli interessati è stata quella di definire la soluzione prospettata “un ricatto” o “un’estorsione” di Stato.

 

Indichiamo i punti di maggiore criticità.

  • Il mantenimento dell’impianto della Legge Orlando. Il primo errore appare quello di aver voluto soltanto emendare la riforma Orlando, sebbene la stessa, nel suo complesso, sia stata dichiarata illegittima e stroncata senza appello dall’UE e dalla CGUE, che ritengono il suo impianto contrastante con il diritto dell’Unione.
  • La cessazione del servizio in caso di mancata domanda di conferma. Dopo aver condivisibilmente previsto, per i magistrati onorari già in servizio, il mantenimento delle funzioni fino a 70 anni, la norma che sostituirà l’art. 29 del D.lgs. Orlando (“Contingente ad esaurimento dei magistrati onorari in servizio”) stabilisce la decadenza dei magistrati onorari che non chiederanno di essere sottoposti alla procedura valutativa. Più precisamente si prevede che i magistrati onorari “cessano dal servizio, qualora non presentino domanda di partecipazione al concorso di cui al comma 2”: a dispetto della conferma già ottenuta fino al 30 maggio 2024 (in esito, lo ricordiamo, ad una procedura paraconcorsuale già conclusa) chi non presenterà domanda per sottoporsi alla nuova procedura valutativa, sembrerebbe condannato a decadere con effetto immediato. (Peraltro, in assenza di specifica disposizione, non è chiaro se la procedura valutativa abroghi le conferme quadriennali previste dalla riforma Orlando).
  • L’irrisoria indennità in caso di mancata prosecuzione del rapporto onorario. I magistrati onorari che non chiederanno la conferma, o che non supereranno la procedura di valutazione, a compensazione del pregresso (e salva rinuncia) si vedrebbero corrispondere una indennità di 2.500 euro lordi per ogni anno di precariato in cui abbiano tenuto almeno 80 udienze (prova, a distanza di anni, ben difficile da fornire). In assenza di tale requisito, o non potendolo dimostrare, dovrebbero accontentarsi di 1500 euro lordi annuali. Il tutto con un plafond massimo comunque contenuto in 50.000 euro, sempre ovviamente lordi.

Quindi chiedere di partecipare alla “procedura di valutazione” (indipendentemente dal suo esito) o comunque percepire l’anzidetta “sontuosa” indennità, implicherebbe ipso iure la rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura, conseguente al rapporto cessato che, con tetragona ostinazione, e a dispetto della sentenza “UX” e della procedura d’infrazione, il Ministero continua a qualificare come “onorario”.

  • L’esclusione della subordinazione. Nel testo normativo non si fa alcun riferimento all’ instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, come richiesto dall’Europa, ma si usano ambigue espressioni e al più si parla di una generica conferma a tempo indeterminato.
  • Le procedure valutative. Vengono evocate tre distinte procedure valutative con cadenza annuale, da svolgersi nel 2022 per i magistrati onorari che abbiano oltre 16 anni di anzianità, nel 2023 per coloro che abbiano oltre 12 anni di anzianità e nel 2024 per tutti gli altri. Il criterio di computo dell’anzianità resta incerto, sebbene il testo si dilunghi sulle modalità di fissazione delle date d’esame, sulla formazione delle commissioni e persino sull’ammontare del gettone di presenza per gli esaminatori.

Tutto ciò, in modo surreale, o forse grottesco, al fine di valutare l’idoneità alle funzioni giurisdizionali di magistrati che da lustri o decenni emettono sentenze “in nome del popolo italiano” o che rappresentano la pubblica accusa nel 95% dei procedimenti penali monocratici, che sono stati reclutati con un concorso per titoli, che durante il servizio hanno già superato periodiche procedure di conferma, e che di recente sono stati sottoposti all’ ulteriore procedura straordinaria prevista dalla riforma Orlando.

  • L’estorsione di Stato. Al comma 5 dell’emendamento è previsto che la domanda di partecipazione (obbligatoria per chi non voglia decadere dall’incarico) “comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo il diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma”. In proposito, non ci pare azzardato parlare di approfittamento dello stato di bisogno di soggetti fragili e indifesi. Non la prosecuzione nell’incarico, infatti, ma il semplice fatto di chiedere di essere sottoposti a procedura di valutazione, implicherebbe ex se, in automatico, la rinuncia a diritti che secondo la legislazione in vigore sono diritti soggettivi acquisiti. Neppure il mancato superamento della prova valutativa farebbe rivivere i diritti così tacitamente rinunciati.
  • Previsione di un trattamento diverso da quello del lavoratore comparabile. Nel caso di conferma positiva della prova valutativa, il magistrato onorario otterrebbe non già il medesimo trattamento economico e previdenziale del lavoratore comparabile – che la CGUE individua nel magistrato di ruolo –  bensì un trattamento economico “parametrato” a quello del funzionario di cancelleria (personale amministrativo giudiziario di Area III posizione economica F3, F2, F1, in funzione degli anni di servizio maturati).  Quindi, a fronte dello svolgimento di identiche mansioni, ci sarebbero classi stipendiali diverse, attribuite con la “riffa” dei concorsi: quello del 2022 farebbe accedere alla fascia F3, il secondo (2023) alla fascia F2 e il terzo (2024) alla fascia F1. Si tratta di una scelta iniqua e dissennata che non risponde ad alcun criterio di logica e che è manifestamente incostituzionale.
  • Il regime di esclusività o meno. Qualora all’esito della prevista procedura venisse confermato, il magistrato onorario avrebbe appena 30 giorni per decidere se optare per il regime di esclusività delle funzioni o meno. Poiché i magistrati onorari svolgono attività giurisdizionale, per la quale non può delinearsi un orario lavorativo, dovrà essere conseguentemente escluso ogni compenso per il lavoro straordinario, ma verrebbe raddoppiata l’indennità giudiziaria prevista per il personale di cancelleria. Per coloro che non avranno scelto le funzioni esclusive, l’indennità giudiziaria è invece esclusa, e costoro verrebbero a percepire solo il trattamento di base, con servizio da prestarsi, ex art. 1 comma 3 della Orlando, con impegno di due giorni a settimana.
  • L’ennesima proroga del cottimo, nelle more dei concorsi. Non è chiaro se la scelta di sottoporsi alla procedura valutativa debba essere espressa subito, anche per coloro che dovranno attendere gli anni successivi (2023 e 2024). Se così fosse, ci sarebbe un tracollo nel numero dei magistrati onorari, in quanto molti di loro potrebbero decidere di dedicarsi ad altro piuttosto che attendere due, tre anni o forse più per partecipare ad un concorso futuro ed incerto, a maggior ragione considerando la scarsissima affidabilità di uno Stato che ha finora disatteso ogni impegno, perpetuando gravissime violazioni con proroghe sistematiche.

L’art. 31, in aperto contrasto con la raccomandazione CM/REC(2010)12 del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Concilio d’Europa, dispone la prosecuzione del regime del cottimo puro, senza alcun adeguamento o modifica migliorativa. Per i magistrati onorari di tribunale ciò si traduce nell’ennesima condanna al sempiterno e offensivo gettone di 98 euro lordi a udienza, comprensivo di ogni esborso e attività collaterale, incluse le spese di viaggio e di vitto e incluso il lavoro sotteso all’emissione dei provvedimenti e allo studio dei fascicoli.

I magistrati onorari, in attesa della futura procedura valutativa, pur svolgendo attività giurisdizionale in tutto e per tutto equiparata a quella svolta dagli omologhi magistrati di ruolo (talvolta con modalità e carichi di lavoro persino più gravosi), continuerebbero a percepire compensi non dissimili dal “reddito di cittadinanza”, laddove i GOP reclutati dopo il 2017 per funzioni “ancillari” ricevono un’indennità in misura fissa e gli assistenti dell’UPP addirittura – rara avis – una “vera” retribuzione, con le giuste e annesse tutele.

Nell’ ipotesi più rosea si prospetta quindi, almeno per altri tre anni, l’ennesima indecente PROROGA DELL’ESISTENTE, con ultronea prosecuzione di un sistema di pagamento vietato ed incivile, che dovrebbe far raggelare chiunque, avendo un minimo di coscienza, sia stato posto a conoscenza di una simile oltraggiosa condizione.

Tanto ritenuto, l’associazione ASSOGOT (“GOT non possiamo più tacere”)

CHIEDE

 

  • che si prenda coscienza delle gravi violazioni di diritto e dell’ inaccettabile ingiustizia che l’approvazione dell’emendamento governativo, così come concepito e scritto, determinerebbe per circa 5000 servitori dello Stato e per i loro familiari;
  • che nella corretta e integra attuazione del proprio ruolo istituzionale, ciascuno dei destinatari della presente voglia impegnarsi per una inversione radicale dell’impianto normativo racchiuso nell’emendamento sin qui esaminato, riportando la normativa nazionale in tema di magistratura onoraria nell’alveo della civiltà giuridica e del diritto dell’Unione.

Associazione GOT Non possiamo più tacere

Il Direttivo e il Presidente, Avv. Valeria Anna Pappalardo