Extraprofitti banche. Non tassare ma creare condizioni perché tutti traggano benefici da un equo funzionamento del sistema bancario

Si rifà strada l’abituale proposta di far pagare alle banche quelli che vengono chiamati extraprofitti (hai guadagnato troppo e mi ridai quello che io Stato considero dovrebbe essere il tuo massimo guadagno.. a posteriori).
Avvicinandosi la legge di bilancio di fine anno, ogni politico a corto di proposte in un’economia di mercato, tira fuori (in questo destra e sinistra, pari sono) questa bizzarria che neanche a Mosca verrebbe in testa.
Il concetto che anima questi paladini del non-mercato è che bisogna fare soldi e, siccome per loro il fine giustifica i mezzi, qualunque metodo va bene.
Magari fare politiche industriali che aumentino le produzioni (permanentemente in calo) e che di conseguenza portino più soldi per lo Stato… troppo difficile, anche perché, secondo loro, senza populismo contro i “ricchi cattivi” non si catturano voti… e questo sembra essere il loro principale obiettivo, piuttosto che benessere e ricchezza diffusa.

Ora, non è che le banche abbiano bisogno di difensori tipo Aduc, ne hanno di ben altro calibro e potere. Ma i principi fondanti la nostra economia vanno difesi e affermati senza stabilire i buoni e i cattivi che ne potrebbero fruire. Altrimenti l’economia salta e… allora sì che tutti, banche mediamente escluse, ne soffrirebbero.

A qualcuno sembra che le banche guadagnino tanto? E’ possibile. Stabilito che il “tanto” può essere elemento di intervento alla base e non a posteriori, importante è non parlare di “troppo”, visto che la nostra società e le nostre economie sono impostate sul premiare le capacità che, almeno per il momento, è individuale e non stabilita per legge dallo Stato.

Stabilito che il settore bancario è uno di quelli su cui sarebbe possibile intervenire, non per far pagare più tasse (che già oggi le banche pagano più della media, si pensi che l’aliquota Ires ordinaria è il 26% mentre per le banche è del 27,5%) ma per facilitare ed economizzare il loro fondamentale servizio all’utenza, non sarebbe difficile stabilire dei nuovi paletti.
Ad esempio, i costi delle operazioni (tutte) che non dovrebbero andare oltre un certo massimo. E., una delle cose più importanti, i costi “zero” di tutte le operazioni con carte di credito e debito… ma proprio “zero”, non che poi fanno pagare i cosiddetti costi fissi mensili/annuali e dei resoconti.
In questa prospettiva sicuramente le banche minaccerebbero tuoni e fulmini, riduzione degli sportelli, riduzione del personale, etc… Ecco, su questi aspetti, noi li faremmo sgolare fino allo sfinimento. Come dimostrato quando hanno gridato al proprio impoverimento per i costi dei bonifici istantanei identici a quelli ordinari (a cui sono stati obbligati dall’Ue, non dai legislatori italiani), operativa la nuova disposizione, si sono adeguate e i loro introiti e guadagni hanno continuato ad essere cospicui.

E come si potrebbe fare con le banche, senza minare alle fondamenta il nostro regime di libero mercato e concorrenza, si potrebbe fare in tanti altri settori. Il legislatore dovrebbe “solo” mettere al primo posto il benessere di utenti e consumatori e non, come spesso avviene oggi, la propaganda per farsi rieleggere e per aiutare gli amici.

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc