Signor Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana on. Giorgia Meloni…

di ANDREA FILLORAMO

Mi perdoni il Signor Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana l’on. Giorgia Meloni e tutta la “ciurma” governativa se, guardando le loro prime decisioni, i primi decreti, i primi atti e le loro esternazioni, che non sto qui a “raccontare”, dato l’ampio spazio al racconto già concesso dalla televisioni pubbliche e private, li considero dei pasdaran della Destra che – come leggo nel Foglio – con la Meloni “fa un passo lontano dai bengodi dell’irresponsabilità”.

Essi mi appaiono fino a questo momento non molto dissimili, quindi, dei “guardiani della rivoluzione islamica komeinista”, impegnati nel difendere da nemici interni ed esterni l’ordine che vogliono instaurare, convinti come sono che “la pacchia” del “decrepito” regime precedente, come dalla Meloni considerato, sia finita.

Si tratta, a mio parere, di un’armata Brancaleone, così come  nel film omonimo del 1966 diretto da Mario Monicelli, che rappresenta uno spaccato della società italiana a partire dal secondo dopo guerra, su cui si rispecchia la politica, per cui basta cambiare i nomi, non tenendo conto del genere maschile o femminile, come voluto dal Presidente che vuole cambiare anche la grammatica, e si rintraccia nominatamente tutt’intero il ciarpame, cioè la roba di nessun pregio di cui la prima donna che occupa Palazzo Chigi ha voluto e in qualche caso, è stata obbligata a circondarsi.

Ecco, in sintesi, la trama del film: ”Durante l’incursione di un esercito di barbari teutonici in un villaggio dell’Italia, un ragazzino di nome Taccone, lo scudiero Mangoldo ed il robusto Pecoro entrano in possesso di una pergamena, scritta da Ottone I il Grande, rubandola a un cavaliere da loro stessi ferito e poi gettato nel torrente ritenendolo morto. L’anziano notaio ebreo Zefirino Abacuc, che trascina sempre con sé un baule, dà lettura del documento, il quale decreta, al suo legittimo possessore, la signoria sul feudo di Aurocastro in Puglia ed il giuramento di liberare tale feudo dal “nero periglio che viene da lo mare”. I quattro si mettono alla ricerca di un cavaliere che li possa guidare nell’impresa e incontrano Brancaleone da Norcia, sedicente nobile cavaliere che, inizialmente riluttante perché impegnato in un torneo dal quale uscirà miseramente sconfitto per colpa del proprio svogliato cavallo Aquilante, accetta di capeggiare la spedizione. Così quel piccolo manipolo di miserabili si mette in marcia”

Insomma, al di là delle similitudini con la trama e i personaggi del film, cerchiamo di essere chiari: sotto il vestito da premier di Giorgia Meloni, per ora non c’è la sostanza di un programma politico, cioè delle cose da fare per affrontare seriamente i gravi problemi dell’Italia che scivola sempre di più nella povertà e non può più attendere per molto tempo, né può più tergiversare.

È ragionevole supporre che Meloni non possa fare nulla di quello che ha promesso di fare per essere eletta o non è capace di fare o teme la sua turbolenta armata con la quale è condannata a governare.

In ogni caso non può più utilizzare quella strategia che ha imparato o ha visto usare, in tanti anni di politica attiva, cioè non può più utilizzare il cosiddetto coping.

Il termine coping deriva dal verbo inglese to cope = fronteggiare. Quando si parla di strategia di coping quindi ci si riferisce alle strategie mentali e comportamentali che una persona mette in atto per gestire/fronteggiare situazioni problematiche quando non riesce a dare delle soluzioni e in tal caso preferisce, quindi, disimpegnarsi dalla situazione o allontanare l’attenzione da essa.

Ciò, però, non può durare per molto tempo. Prima o dopo la situazione scoppia. Si pensi a un pallone da spiaggia gonfiabile. Puoi spingere quel pallone sotto l’acqua quanto vuoi, ma diventa sempre più difficile tenerlo lì. E quando inevitabilmente lasciate andare quel pallone, esso non sale in superficie con calma… esplode fuori dall’acqua.

Finiamo con un pensiero ottimista di  Alfred Tennyson, che scrive: “ Sorridi, la vita ti sussurra che la felicità sta per arrivare”. Occorre, quindi, alzare lo sguardo e guardarsi attorno: ci sono mille motivi per tornare a sorridere.