Sciopero generale. Era proprio necessario? Vittime principali i consumatori

La Cgil e la Uil hanno indetto sciopero generale per il prossimo 16 dicembre contro la politica del governo. Nelle loro rivendicazioni hanno incluso un po’ tutto quello che è in discussione in questo momento su crisi sanitaria ed economica, per cui si presuppone che i lavoratori che vi aderiranno saranno tanti.

Rivendicazioni giuste o meno (non spetta a noi valutare), quel giorno buona parte del Paese si fermerà e le maggiori persone che ne trarranno conseguenze sono utenti e consumatori, che non potranno godere (complessivamente o in parte) di vari servizi come trasporti, commercio, pubblica amministrazione, sanità, etc. Pagando il prezzo economico, fisico e umano.

Lo sciopero è arma estrema quando, impossibile dialogare fra le parti, una dichiara “guerra” all’altra, per dimostrare che ha più forza. Guerra tra un potere (i sindacati che rappresentano i lavoratori) e il governo che  non vuole realizzare i loro propositi.

Il PROBLEMA nasce dal fatto che mentre questa guerra tra sindacati e governo è in corso, le principali vittime sono quelle che non c’entrano nulla con entrambe le parti, gli utenti e i consumatori. Come nelle guerre belliche che abbiamo studiato a scuola e quelle in corso in varie parti del mondo, la parte predominante delle vittime è tra la popolazione (quasi mai interpellata) che di per sé non rappresenta una parte o l’altra, e diviene strumento/vittima di entrambe *.

 

A questo stato dei fatti aggiungiamo che il Paese/Pianeta è in grave difficoltà causa pandemia. Non a caso abbiamo un governo che, tranne un partito, è composto da organizzazioni che abitualmente non governerebbero mai insieme, ma hanno deciso di farlo vista l’urgenza e la drammaticità della situazione. Inoltre la pandemia sta ribollendo e nuove limitazioni di diverso tipo sono in atto e in arrivo.

 

In considerazione del fatto che le principali vittime sono coloro che subiscono e non “guerreggiano”, e che la pandemia peggiora, ci domandiamo se sia proprio necessario ricorrere allo sciopero nei termini preannunciati da Cgil e Uil.

Siamo sicuri che, quand’anche qualche rivendicazione degli scioperanti riuscisse a prevalere, il prezzo pagato (economico, di fiducia e di disagio) sia giusto? Forse per Cgil e Uil il fine giustifica i mezzi, ma tu vincitore sei poi in grado di gestire il fine raggiunto se i mezzi che hai utilizzato hanno stremato non solo le parti in guerra, ma tutti quelli che hanno dovuto subire questa guerra senza poter decidere? Noi abbiamo l’impressione che, vincitori o meno che si sia, le “macerie” che comunque restano siano difficili da gestire.

Soprattutto in democrazia, con la mediaticità al centro dei confronti, ci sono anche altri metodi di fare lo sciopero, dove chi subisce i danni sono solo gli scioperanti e i loro diretti interlocutori (lo sciopero della fame o fiscale, per esempio, sono alcuni di questi), e il ricatto verso la controparte è altrettanto forte, ma sembra che non siano nel carnet degli strumenti dei nostri sindacati. Che continuano ad usare, in versione secondo Millennio d.C, strumenti tipo “presa della Bastiglia”, “breccia di porta Pia”, “assalto al Palazzo d’Inverno”.

 

In un Paese rispettoso dei diritti di tutti, questi dovrebbero essere gli aspetti da considerare. Ma vige ancora, pur senza ghigliottina fisica pur se con quella virtuale, l’affermazione del più forte su una controparte combattuta fino allo sfinimento fisico, economico, sociale ed umano piuttosto che col con-vincimento (con, trattino, vincere = vincere insieme).

ADUC – Associazione Diritti Utenti e Consumatori

 

NOTE

* Qualcuno potrebbe dire: interpelliamo le associazioni di consumatori… se fossimo in una dittatura con l’obbligo di iscrizione al sindacato dei lavoratori e dei consumatori, forse questo avrebbe un senso (anche se in dittatura chi comanda decide senza chiedere ai sudditi…), ma siamo in democrazia e, mentre i sindacati rappresentano solo i loro iscritti e non i lavoratori, non si potrebbe dire altrettanto per le associazioni di consumatori che, a stento e anche se sono portatrici di opinioni, rappresentano solo i propri dirigenti.