Di Maio: no all’Ilva, si all’Ilva

Scrivevamo che tra il dire in campagna elettorale, per acquisire voti, e il fare del governare per dare soluzione ai problemi, c’è di mezzo il mare.

E’ il caso della acciaieria dell’Ilva di Taranto, sulla quale eravamo già intervenuti.

Dopo le dichiarazioni del vicepremier, Luigi Di Maio, sulla procedura di gara, per la quale “Persistono forti e nuovi elementi fondamentali che porterebbero al sospetto di illegittimità dell’atto”, avevamo chiesto, provocatoriamente, di prendere atto di quanto sostenuto e annullare la gara.

Oggi, dopo l’incontro con la società vincitrice, Arcelor Mittal, e i sindacati, l’Ilva proseguirà la propria attività, secondo un percorso avviato dal precedente governo, in particolare dal ministro Carlo Calenda.

 

Eppure, il M5S alle ultime elezioni aveva preso il 50% di voti a Taranto proprio sulla proposta di chiusura dell’impianto Ilva e la trasformazione in parco archeologico-ambientale.

Eppure, sul blog del M5S si accusavano i governi precedenti di “un percorso criminale durato 12 decreti”. E, ora, questo “percorso criminale” che fine ha fatto? Archiviato da Di Maio.

 

Come noto l’Ilva è il maggior complesso industriale in Europa per la lavorazione dell’acciao, dà lavoro a 13.800 dipendenti, ma produce la metà di acciaio rispetto al suo potenziale (favorendo così l’importazione dalla Germania), è in amministrazione straordinaria, perde 1 milione di euro al giorno a causa della bassa produzione e del procrastinarsi della situazione di incertezza e ha 2,5 miliardi di debiti.

 

Secondo l’accordo, saranno assunte 10.700 persone e non ci saranno esuberi.

 

Insomma, da centro del male, l’Ilva è divenuta strategica per l’economia italiana.

E’ il governo del cambiamento continuo.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc