Conte e la sconfitta dell’uno che vale l’uno

Si converrà che, in caso di malattia, si auspica che a curarci sia il medico migliore, per competenza, capacità ed esperienza. Nessuno sceglierebbe il passante sotto casa.

Purtroppo, a guidare l’Italia, dal 2018 a pochi giorni fa, è stato scelto il passante di turno: Giuseppe Conte.

E’ l’applicazione della teoria, cinque stellata, dell’uno che vale l’uno, confondendo l’unicità della persona con l’identità di ruoli e l’equivalenza di competenze.

Giuseppe Conte non aveva l’esperienza, la competenza e la capacità (politica s’intende) per guidare un Governo.

E’ un avvocato, politicamente un passante, scelto dal M5S, quello, appunto, dell’uno che vale l’uno, del vaffa, del voto di pancia (Grillo dixit), del no all’euro e poi del si all’euro, del no al Tap e poi del si al Tap, del no al Tav e poi del si al Tav, del no agli F35 e poi del si agli F35, mai in televisione poi sempre in televisione, mai condoni poi sì condoni, mai alleanza con i partiti poi sì alleanza con i partiti e potremmo continuare. Aveva un’occasione storica, Giuseppe Conte, quella del Recovery Plan, il piano europeo per le prossime generazioni. Il futuro, insomma.

L’ha sprecata. E’ la conferma che l’uno non vale l’uno e che, come sosteneva Eraclito, “uno solo, se migliore, vale diecimila”.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc