Botti di Capodanno. Possiamo solo farci una riflessione, ché le istituzioni falliscono sempre

Passata la festa è buona occasione per fare una qualche riflessione. Stiamo parlando della festa più “pericolosa” di quelle di fine anno, la notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio, l’inizio del nuovo anno. Anche se ogni volta ci viene presentato (e qualcuno magari ci crede) come l’inizio di un anno particolarmente intenso e diverso da quello precedente, bla… bla… c’è una costante che caratterizza ogni “passaggio”: feriti e feriti, e quest’anno c’è scappato pure il morto.

 

Nei giorni precedenti sono state diverse le amministrazioni comunali che hanno emesso ordinanze di “contenimento”, fino a divieti puri e semplici, per l’uso di botti. Ma sembra che non abbiano sortito l’effetto desiderato: in parte per la scarsa vigilanza, nonostante alcune amministrazioni si fossero blasonate per il numero di forze dell’ordine schierate a vigilanza e repressione… ma soprattutto perché vietare ciò che piace a più, abitualmente dà scarsi risultati (nella sua dimensione di nicchia, fa scuola l’esempio dello spinello).
E infatti i risultati sono quelli che sono stati… e non c’era da aspettarsi chissà quale afflato di ascolto agli appelli e ai divieti delle varie istituzioni. Ci sono i casi estremi che non finiranno mai di stupirci (e anche di esserci) come quelli che sparano colpi di arma da fuoco, ma anche su questo ci affidiamo al detto che “la mamma degli imbecilli è sempre incinta”, ma mediamente l’uso dei botti per festeggiare è un’usanza impossibile da far venire meno. I fuochi pirotecnici, del resto, non sono altro che dei botti in grande stile, e a nessun verrebbe mai in mente di vietarli per qualche festeggiamento. Di conseguenza, non si capisce perché questo divertimento debba essere riservato solo ai grandi eventi gestiti da veri e propri artificieri che fanno partire i botti da aree specifiche a cui è vietato l’accesso ai non-addetti.
Esiste quindi una sorta di “diritto al botto”? Detto così, oltre che ridicolo, sarebbe problematico. Per cui è meglio dire che esiste un “diritto al divertimento”, come ognuno crede, senza far male o mettere in pericolo altre persone. In termini pratici significa che le autorità devono normare cosa è consentito e cosa non lo è, vigilare e fare prevenzione e repressione di conseguenza. Ma vietare in assoluto qualunque tipo di botto non serve proprio a nulla, visto che le conseguenze sono quelle che abbiamo visto anche questo Capodanno, in cui chi si è fatto male ne ha avuto una doppia conseguenza: fisica (ferite e morte) e civica (infrangere la legge). Per cui, visto che le conseguenze fisiche, divieti o meno, ci sono, sarebbe bene evitare quelle civiche che, oltre a creare problemi direttamente sul trasgressore, hanno ricadute sul rapporto di fiducia e credibilità che le istituzioni perdono verso i loro amministrati.
Crediamo che tutte le energie, anche economiche, che vengono utilizzate per i divieti, è bene che siano indirizzate sull’aspetto prevenzione. I botti sono un fenomeno culturale, e per impedire che la cultura faccia male, i divieti servono a poco, meglio la riduzione del danno (vietare solo le forme estreme e vigilare energicamente per il rispetto di questi divieti) e la dissuasione.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc