UN DOVEROSO OMAGGIO A UN GRANDE PRINCIPE DELLA CHIESA

Il cardinale Giacomo Biffi, milanese, ma per vent’anni arcivescovo di Bologna, è una figura che ha segnato la Storia della Chiesa per molti anni. Il prossimo anno ricorre il decimo anniversario della sua salita al cielo, è scomparso il 11 luglio 2015.

Un anno esatto dopo la sua scomparsa è stato pubblicato dall’editore Cantagalli, un’opera di scritti in onore del cardinale Giacomo Biffi, un’opera miscellanea, curata da Samuele Pinna e Davide Riserbato, è stato dato il significativo titolo, “Ubi Fides ibi libertas”, (“Dov’è la Fede, lì c’è la libertà”) il motto episcopale utilizzato da Biffi, ripreso dal grande Sant’Ambrogio.

L’opera è una raccolta di scritti: ricordi e studi sul pensiero e il magistero di Giacomo Biffi. Il volume si articola in due sezioni corredate da appendici. Nella Prima Parte, ci sono diversi interventi di alcune personalità religiose e laiche. La Seconda Parte è dedicata al pensiero e all’attività pastorale di Giacomo Biffi. Alla fine impreziosiscono il volume alcune Appendici.

Il testo inizia con una lettera di saluto di Benedetto XVI, che definisce il cardinale un pastore esemplare della Chiesa di Dio in tempi tempestosi. Un uomo di coraggio straordinario, senza paura di popolarità o di impopolarità, orientato solo dalla luce della verità. Nella seconda di copertina, c’è il lungo elenco degli interventi presenti nel testo. Chiaramente non farò riferimento a tutti i contributi ma ad alcuni.

Inizio con la presentazione di Matteo Maria Zuppi, attuale arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. Biffi, si è distinto “come un testimone autentico della Verità, aperto alla letizia del Vangelo: da pastore avveduto, ha agito per il bene del gregge che gli fu affidato”. Dopo aver ringraziato i curatori e Papa Benedetto XVI, ha raccomandato questo libro non solo ai fedeli della Chiesa di Bologna, “ma a tutti i credenti e a coloro che ricercano nel loro intimo la ragionevolezza del pensiero cristiano […] Possa san Petronio aiutarci a conservare viva la sua memoria e a mettere in pratica il suo insegnamento”.

Per quanto possa valere il mio giudizio, il cardinale Biffi, è l’uomo di Chiesa che più di ogni altro, ho fatto riferimento e citato nei miei interventi, soprattutto quelli in riguardo all’immigrazione senza controllo.

Dopo il telegramma di cordoglio del Santo Padre Francesco, indirizzato al Cardinale Carlo Caffarra, dove sottolinea di Biffi, “l’instancabile servizio da lui reso alla formazione umana e cristiana di intere generazioni mediante l’insegnamento e la pubblicazione di diverse opere”. Nell’omelia nelle Solenni Esequie di Biffi, il cardinale Carlo Caffarra, vede il fratello Giacomo come un vero testimone di Cristo, che ci indica di rimanere saldi nella fede, che ci mette in guardia contro gli errori. “Egli aveva un concetto molto alto del dialogo, e disprezzava profondamente chi lo praticava o come sforzo di ridurci tutti a un minimo comune denominatore o al perditempo della chiacchiera da salotto. In breve: il dialogo coincide con l’evangelizzazione”. Avviandosi alla conclusione, Caffarra dice che il nostro vescovo Giacomo, usando le parole di san Massimo il Confessore, “ci ha insegnato a pensare ogni cosa per mezzo di Gesù Cristo, e Gesù Cristo per mezzo di ogni cosa. E Dio solo sa quanto oggi nella nostra Chiesa italiana abbiamo bisogno di una fede capace di generare un giudizio sugli avvenimenti”. Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ricorda la sua amicizia con Biffi. Del cardinale Bettazzi fa riferimento alla passione delle “Avventure di Pinocchio”, il simbolo del “cristiano anonimo”. Bettazzi ricorda l’anticomunismo di Biffi e una certa allergia nei confronti di don Giuseppe Dossetti che vedeva del positivo nell’ideologia di sinistra.

Giacomo Biffi secondo il Cardinale Giovanni Battista Re, aveva una straordinaria facilità di scrivere, aveva il dono della comunicazione convincente e della certezza. I suoi brillanti scritti suscitavano interesse, sia che riguardavano testi teologici, che divulgativi. Biffi,non era certamente un uomo condizionato dalla mentalità dominante o dalle opinioni del mondo, il vento contrario non lo portava ad addolcire le sue parole, ma a ribadirle con maggior forza”. Tuttavia, Biffi, “non si preoccupò mai di essere ‘politicamente corretto’, ma espresse sempre le sue valutazioni con chiarezza e franchezza; e in ogni caso con arguzia e brio, e a volte anche in modo mordace”. Monsignor Re ricorda il commento sarcastico e la forte critica nei confronti del rettore dell’Università Cattolica, Giuseppe Lazzati, che nel maggio 1974, in occasione del referendum popolare sulla Legge del divorzio, dopo aver dato spazio ai paladini del divorzio, ha negato lo spazio per “motivi di ordine pubblico” a Sergio Cotta, che si batteva per abrogare la Legge.

Filippo Rizzi, giornalista di Avvenire, di Biffi evidenzia che fu “il più grande ‘Pinocchiologo’”. Inoltre ancora ricorda che “per quasi un ventennio ha fatto parlare di sé sui media italiani per la sua capacità di sintesi sulle verità essenziali del cristianesimo, di proporsi come un interlocutore mai banale nelle sue riflessioni spesso controcorrente rispetto alla mentalità comune, ma soprattutto di andare alla radice, all’osso di questioni come il Risorgimento, la laicità dello Stato, il cristocentrismo nella Chiesa Cattolica”.

Rizzi sottolinea la impressionante e sterminata cultura del cardinale, in particolare, la conoscenza della letteratura russa, dell’amato Solov’ev e della figura dell’Anticristo.

Interessante l’intervento di Paolo Francia, giornalista professionista e vaticanista. Il Francia evidenzia l’attenzione del Cardinale nei confronti dei giovani e una forte critica degli adulti che hanno rinunciato ad educarli. Questi adulti di oggi si meravigliano di aver ritrovato in casa dei selvaggi. Dopo “aver annullato ogni distinzione fra bene e male e poi si lamenta che i giovani non rispettino più le regole del gioco sociale”. C’è un mondo di adulti che ha “irriso le certezze cristiane del rendiconto finale e della vita eterna e poi fa le tavole rotonde sul perchè i figli dilapidano la loro giovinezza nella droga, nell’apatia, nella violenza gratuita. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti e ci angosciamo per gli scricchiolii che sentiamo sotto di noi”. Una linea di pensiero del cardinale sui giovani, uguale a quella del pontificato di san Giovanni Paolo II.

Anche il giornalista fa riferimento alla definizione di “città sazia e disperata” che Biffi pare non abbia mai detto così letteralmente, probabilmente si tratta di una estrapolazione giornalistica. Allora il cardinale fu pesantemente contestato, con accuse di integralismo, di prevaricazione clericale, di intolleranza, di atteggiamento antievangelico.

In conclusione Francia fa riferimento ad altro tema tanto contestato dalla sinistra cattolica, mi riferisco alle problematiche dell’immigrazione, in particolare a quella islamica che difficilmente si integra nella nostra società. Segue il contributo di Giuliano Ferrara, l’ex direttore de Il Foglio. Da buon giornalista fa un’ottima sintesi del pensiero biffiano. La funzione della Chiesa è quella di diffondere e garantire certezza. Essere integralisti per i cattolici equivale ad essere chiamati cristiani. L’anticristo di Solov’ev era un pacifista, un vegetariano pieno di buoni sentimenti. Inoltre nessuna ecologia è credibile se non parte dalla difesa della vita.

Il tema dell’immigrazione è stato affrontato anche dall’ex presidente del Senato, Marcello Pera. All’uomo politico piaceva la chiarezza e il coraggio dei discorsi del cardinale. In particolare Pera ha apprezzato molto il discorso controcorrente che l’arcivescovo di Bologna ha fatto al Seminario della Fondazione Migrantes il 30 settembre del 2000. In questa occasione il prelato ha detto che i criteri per ammettere gli immigrati, non possono essere solamente economici e previdenziali (che pure hanno il loro peso). Occorre che ci si preoccupi seriamente di salvare l’identità propria  della nazione. L’Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza un’inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto”. Pertanto le autorità civili non dovrebbero trascurare questo dato della questione.

Inoltre la questione si complica con l’immigrazione musulmana, questi ha detto Biffi, “hanno una forma di alimentazione diversa (e fin qui poco male), un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino ad ammettere e praticare la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicchè la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede indubitabile e irrinunciabile, anche se di solito a proclamarla e farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti”.

Nel discorso di Biffi si evidenziavano due grossi problemi: l‘evangelizzazione da parte della Chiesa e la definizione dell’identità nazionale da parte dello Stato. Chiaramente secondo Pera dalle riflessioni del cardinale emergono dei punti indiscutibili: Lo Stato non è un supermercato, dove ciascuno convive e sceglie secondo i propri gusti. Lo Stato può accogliere solo quelli che si riconoscono nei suoi principi. Ma anche delle domande: quali principi dobbiamo riconoscere ai nostri Stati europei? E’ possibile mantenere la nostra identità trascurando la nostra storia, tradizione, cultura, religione? Il cardinale Biffi nei suoi ragionamenti è stato abbastanza profetico, sia nei riguardi dell’Europa, che del nostro Paese. Non si può trattare la questione immigrazione con superficialità, perchè facilmente si rischia domani di trasformarla in un dramma.

Nella Seconda Parte si dà spazio agli Studi sul pensiero di Giacomo Biffi. Inizia il professore di teologia Inos Biffi che evidenzia alcuni tratti del Magistero limpido e incisivo, esemplare del vescovo, dottore nella Chiesa. Prudenza, sana dottrina e concretezza, questi erano le doti principali del vescovo “il bolognese di Milano”, come veniva chiamato. Segue l’interessante intervento del professore Davide Riserbato, sul tema della Misericordia e della Verità. Misericordia non significa permissivismo; misericordia nella Verità, infatti “non può essere esercitata senza la condanna esplicita, ferma, costante di ogni travisamento e di ogni alterazione del ‘deposito’ della fede, che va custodito”. C’è un’interessante sottolineatura di Riserbato in merito alla diversità, “il vero diverso”, oggi il cristiano non si deve meravigliare che viene lasciato da parte. “La sventura più grave è data dai cristiani che sembrano in larga parte inclini a dimenticare di essere chiamati a prendere posizione; che si illudono di poter essere discepoli di Cristo e insieme di non essere in contrasto di idee con nessuno”. Inoltre conclude il professore, “Non possiamo confondere la doverosa fraterna pietà verso tutti quelli che sbagliano, (e che chiedono di essere più aiutati e amati che giudicati) con la benevola comprensione per l’errore e per l’iniquità; comprensione che rischia di diventare o almeno di apparire connivenza”.

Seguono tutti gli altri interventi a cominciare del cardinale Angelo Scola, del cardinale Dionigi Tettamanzi, del sacerdote Samuele Pinna (l’altro curatore del libro) che mette a confronto la teologia di Biffi con l’ecclesiologia di Charles Journet. E di altri contributi che devo tralasciare per non appesantire la mia recensione.

DOMENICO BONVEGNA

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