Russia – Ucraina: Proviamo a comprendere l’humus culturale del popolo russo

Di ANDREA FILLORAMO

Fuga da Bisanzio è il titolo italiano di un’opera del russo Iosif Brodskij, in cui  possiamo ammirare la prosa sublime, il pensiero limpido, la capacità somma di creare collegamenti in un mondo di idee che ci appare potenzialmente infinito.  

Essa contiene riflessioni politiche e geo-politiche molto acute, che partendo dalle radici della città e dal tentativo di sintesi tra politica stessa e religione attuato da Costantino arrivano ai giorni-nostri con considerazioni terribilmente attuali sui rapporti tra est e ovest.

Fra le tante riflessioni, ne colgo particolarmente una che ci aiuta a comprendere l’humus culturale del popolo russo e la sua coscienza collettiva, di cui dobbiamo necessariamente tener conto nel cercare una via che porti alla pace, mentre infuria la guerra fra la Russia e l’Ucraina, scatenata, ledendo il diritto internazionale da Putin e forse ne coglieremo le vere ragioni.

Iosif Brodskij così scrive: “Noi siamo, dopo tutto, un popolo molto sedentario, lo siamo anche più di altri popoli europei (tedeschi o francesi) che corrono a destra e a sinistra, se non altro perché hanno le automobili e non hanno frontiere che siano vere frontiere. Per noi un appartamento è a vita, la città è a vita, il Paese è a vita. Perciò i concetti di residenza e di permanenza sono più forti; e così il senso di perdita. Una nazione che in mezzo secolo ha perduto quasi sessanta milioni di anime sacrificandole al suo Stato carnivoro […] era sicuramente in grado di intensificare in sé il senso della stabilità. Se non altro perché quelle perdite furono sostenute per la causa dello status quo”.

La riflessione di Brodskij è la stessa convinzione di Andrej Kolmogorov Premio Balzan 1962 per la matematica. E’ anche di Dugin, il teorico della Nuova Russia, che vuole Putin leader di Asia ed Europa ed è spesso ritenuto il suo “cervello” o il suo “Rasputin” nonché uno dei principali sostenitori della guerra in Ucraina di cui vuole la completa annessione.

La convinzione ancora è di molti altri, di tutta l’intellighentia russa e di tutto il popolo inconsapevolmente obbligato a seguire il dictat del suo nuovo zar

Questo è il pensiero dominante nell’ex Impero sovietico smembrato, con errori, impegni non scritti e non mantenuti dopo la sua caduta, colla compiacenza degli Stati Uniti e della NATO, la cui influenza si è estesa anche dove, però, è rimasto sempre forte, consciamente o inconsciamente il principio della  missione nazionale dei russi che vogliono respingere militarmente i nemici e tutelare l’ordine e lo status quo, servendosi come  scudo della religione ortodossa rappresentata dal Patriarcato di Mosca.

A tal proposito ha osservato Burgess: [La Chiesa ortodossa] è arrivata alla seguente conclusione: poiché la Russia, spesso a dispetto di sé stessa, ha preservato l’ortodossia nel tempo, la nazione e la sua Chiesa hanno ora una responsabilità speciale, dimostrare cosa è buono e vero non solo per i russi ma per l’umanità intera. La grandezza della Russia sta nel tutelare questa visione di paradiso in terra e nell’offrirla al mondo” Fede e forza militare, quindi, concorrono al conseguimento di uno stesso obiettivo: difendere l’ordine. 

Questi concetti sono stati sempre ben chiari a Putin, anche quando riceveva nella sua dacia Berlusconi, che con lui andava a pesca e di lui faceva gli elogi ritenendolo il più grande leader del mondo e uomo di pace e quando veniva ricevuto ed ascoltato da quasi tutti i leader mondiali.

Basta ricordare il discorso di Monaco del 2007, l’intervento presso il Club Valdaj del 2013 o le parole usate in occasione dell’annessione della Crimea nel 2014. Basta pensare alla sua posizione sulle “rivoluzioni colorate” o sulle “Primavere. arabe”: tutti esempi dai quali emerge la consapevolezza di quale sia diventata la posta in gioco nel rapporto tra Russia e Occidente.

Dinnanzi ai disastri operati da una guerra  con tantissimi morti, città rase al suolo, gente che scappa per salvarsi la pelle ( tutto ciò per responsabilità di Putin che ha invaso l’Ucraina) si è risposto fornendo all’Ucraina invasa armi e con sanzioni che danneggiano assieme alla Russia, che viene altresì anche umiliata,  lo stesso Occidente.

Nulla, però, si è concluso: la guerra continua e, con la fornitura delle armi – è cosa certa –  si prolungheranno i tempi per giungere alla pace, pur sapendo quale sarà l’esito della guerra.

Si fa strada la linea dettata da Emmanuel Macron che invece chiede di non umiliare Mosca e lasciare aperto il dialogo?

Alcune domande sono necessarie: per Parigi è corretto dire che la Seconda Guerra Mondiale ebbe origine da una mancata umiliazione della Germania dopo la Grande Guerra e che nuovi conflitti nel cuore dell’Europa sono stati impediti proprio dalle dure misure imposte alla Repubblica Federale dopo la caduta del regime nazista? La risposta, come spiegano i manuali di storia, è ‘no’. Al contrario, l’ascesa di Adolf Hitler fu proprio la conseguenza delle umiliazioni inflitte a Berlino dopo il Trattato di pace di Versailles del 1919.

Ma questa teoria viene spesso usata, lo ha fatto in maniera non troppo sottile anche il capo del Pentagono Lloyd Austin, per giustificare l’esigenza del pugno duro nei confronti di Vladimir Putin dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ritengo che l’unico leader che può aiutare il mondo a indicare la strada della pace sia Papa Francesco che già qualche tempo fa, aveva detto “Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza. Ogni guerra rappresenta non soltanto una sconfitta della politica ma anche una resa vergognosa di fronte alle forze del male. Nel novembre 2019, a Hiroshima, città simbolo della Seconda guerra mondiale i cui abitanti furono trucidati, insieme a quelli di Nagasaki, da due bombe nucleari, ho ribadito che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune.

L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche. Chi poteva immaginare che meno di tre anni dopo lo spettro di una guerra nucleare si sarebbe affacciato in Europa? Così, passo dopo passo, ci avviamo verso la catastrofe. Pezzo dopo pezzo il mondo rischia di diventare il teatro di un’unica Terza guerra mondiale. Ci si avvia come fosse ineluttabile. Invece dobbiamo ripetere con forza: no, non è ineluttabile! No, la guerra non è ineluttabile! Quando ci lasciamo divorare da questo mostro rappresentato dalla guerra, quando permettiamo a questo mostro di alzare la testa e di guidare le nostre azioni, perdono tutti, distruggiamo le creature di Dio, commettiamo un sacrilegio e prepariamo un futuro di morte per i nostri figli e i nostri nipoti. La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione di potere, la violenza, sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia bellica che dimentica l’incommensurabile dignità della vita umana, di ogni vita umana, e il rispetto e la cura che le dobbiamo”.