Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore

Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore”, così disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Nessuno in quel momento pensava quello che sarebbe accaduto al suo successore, che ripetendo il gesto di Celestino V. si sarebbe dimesso dopo alcuni anni di pontificato e che, quindi, il papa tedesco avrebbe assistito alla nomina di  Bergoglio a pontefice.

 di ANDREA FILLORAMO

Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore”, così disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Nessuno in quel momento pensava quello che sarebbe accaduto al suo successore, che ripetendo il gesto di Celestino V. si sarebbe dimesso dopo alcuni anni di pontificato e che, quindi, il papa tedesco avrebbe assistito alla nomina di  Bergoglio a pontefice.

 

Il desiderio del Giovanni Paolo II di assistere all’elezione del successore  probabilmente nascondeva il bisogno e la necessità consapevole di tutti i papi, che hanno cercato sempre, utilizzando diverse strategie, di influenzare l’elezione del successore, anche con la nomina di cardinali elettori, riuscendo talvolta nel loro intento, altre volte no.

Da rammentare il fatto che per i cattolici, l’elezione di un papa è opera dello Spirito Santo” che può decidere diversamente da come il papa regnante auspica. Ciò è accaduto, per esempio, con il cardinale di Milano Angelo Scola, predestinato da Giovanni Paolo Secondo a sedere sul seggio pontificio quando è stato  il trasferito da Venezia a Milano. Fu invece eletto papa non Scola ma  il cardinale argentino Bergoglio.

A tal proposito ricordiamo la gaffe della Conferenza Episcopale Italiana: prima dell’Habemus Papam, infatti, avendo la certezza che il nuovo Papa fosse Angelo Scola, in una nota inviata dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali  ai giornalisti accreditati esprimeva “gioia e riconoscenza” per l’elezione al soglio di Pietro dell’arcivescovo di Milano. “Il Segretario Generale – si leggeva nel primo comunicato ufficiale  – esprime i sentimenti dell’intera Chiesa italiana nell’accogliere la notizia dell’elezione del Card. Angelo Scola a Successore di Pietro: “Il mistero della Chiesa – corpo vivo, animato dallo Spirito Santo, che vive realmente della forza di Dio – costituisce per tutti noi la ragione e la passione della vita. Al nuovo Papa, – si legge ancora nel testo – con le ultime parole di Benedetto XVI, la Chiesa italiana promette già da subito incondizionata reverenza ed obbedienza”.

Papa Francesco non è diverso dai suoi predecessori, anzi li supera,in quanto  vuole che la sua “rivoluzione” sia un processo irreversibile e  vuole, quindi, che essa sopravviva alla sua dipartita. Per esserne sicuro nomina cardinali, fra i quali verrà scelto nel prossimo conclave il suo successore, cardinali non solo a lui graditi ma capaci di portare avanti il progetto bergogliano della  “Chiesa dei poveri per i poveri”, una  Chiesa che  è come un “ospedale da campo” che si prende cura gli  affamati, gli ignudi, i senza tetto, i forestieri, i carcerati e le cui parole d’ordine sono:“dialogo”, “ascolto”, “incontro”, “ponti”, “pace”, “integrazione”.

L’idea che papa Bergoglio vuole lasciare in eredità al suo successore è   un’idea semplice e quasi spiazzante: una chiesa capace di confrontare costantemente se stessa, la sua vita, le sue scelte e le sue strutture con la freschezza del vangelo. Secondo il teologo Roberto Repole è qui il fulcro dell’insegnamento dell’attuale pontefice, che segna una fase nuova di recezione del Concilio Vaticano II e traccia una linea continua fino alla più recente esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”.

Pertanto egli fa diventare maggioritario il gruppo di cardinali da lui stesso nominati, che oggi voterebbero in un ipotetico Conclave.

 Il 5 ottobre prossimo, creerà 13 nuovi cardinali di cui 10 votanti.

Questo è l’elenco dei nuovi cardinali: il vescovo comboniano spagnolo Angel Ayuso Guixot, 67 anni,    da maggio presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; l’arcivescovo portoghese José Tolentino Mendonca, 54 anni a dicembre, dal 2018 archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa; l’indonesiano Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, 69 anni, dal 2010 arcivescovo di Jakarta; il cubano Juan de la Caridad Garcia Rodriguez, 71 anni, dal 2016 arcivescovo di San Cristobal de La Habana; il cappuccino africano Fridolin Ambongo Besungu, 59 anni, dal 2018 arcivescovo di Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo; il gesuita Jean-Claude Hollerich, 61 anni, dal 2011 arcivescovo di Lussemburgo e dal 2018 presidente della Comece; il guatemalteco Alvaro L. Ramazzini Imeri, 72 anni, dal 2012 vescovo di Huehuetenamgo; l’italiano Matteo Zuppi, 64 anni, dal 2015 arcivescovo di Bologna; lo spagnolo Cristobal Lopez Romero, 67 anni, dal 2017 arcivescovo di Rabat in Marocco dopo aver lavorato in Paraguay dal 1986 al 2011; e lo slovacco-canadese Michael Czerny, 73 anni, dal 2016 sottosegretario della Sezione Migranti del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Attualmente i cardinali sono 215, di cui 118 elettori.

Il prossimo 5 ottobre diventeranno 228 di cui 128 con diritto di voto in un eventuale conclave. Per la prima volta i cardinali creati da Papa Francesco, 67, saranno la maggioranza assoluta.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle porpore, il 5 ottobre su 128 elettori avremo 54 europei (di cui 23 italiani), 23 latinoamericani, 18 africani (contando anche Lopez Romero a Rabat), 16 asiatici, 13 nordamericani (contando anche Czerny) e 4 dall’Oceania.

Dopo il concistoro del 5 ottobre la nazione con più cardinali dopo l’Italia saranno ancora gli Usa (con 9 che scenderanno a 8 a fine 2020), seguirà la Spagna con 6, e quindi con 4 Francia, Brasile, India e Polonia (ma queste ultime due perderanno un cardinale nel giro di dieci giorni). Il Portogallo salirà a 3, raggiungendo – oltre a India e Polonia – anche Germania, Canada e Messico. Come, quindi, si può facilmente notare anche la scelta dei cardinali ma non solo il papa afferma e consolida l’universalismo della Chiesa, cambia profondamente persino la stessa visione geopolitica del Vaticano “ con delle prospettive sempre più globalizzanti attraverso cui guardare il mondo”.La ricerca della periferia è per Papa Francesco interesse e attenzione per quei luoghi dove il cattolicesimo riceve maggiore seguito, dove ancora i proseliti aumentano in numero, a differenza di altre aree del mondo post-industriale nelle quali tale tendenza è molto ridotta.