Patria, famiglia, chiesa. Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra, ma di pace

di ANDREA FILLORAMO

Matteo Salvini, Segretario della Lega ha deciso di fare campagna elettorale sulla guerra scatenata in Palestina da Hamas e ha invitato alla partecipazione ad una manifestazione pubblica.

Egli ha detto nei Social: “Quella di sabato 4 novembre a Milano sarà una piazza aperta a tutti, pacifica, solare, con lo sguardo rivolto al futuro. Un’occasione per ribadire l’importanza delle libertà e della democrazia, della lotta al terrorismo, all’antisemitismo e al fanatismo islamista”.  

Salvini sa bene che la piazza eccita gli animi e sa che non si può e non si deve lanciare un fiammifero su una tanica di benzina, tuttavia, come sempre ha fatto “passa sul cadavere” di tutti, pur di avere qualche voto in più.

Egli organizza, perciò, la sua crociata antislamista. Cerca, cioè, di fare diventare una guerra al terrorismo, un conflitto fra due culture e due civiltà, quella islamica e quella cristiana. Di quest’ultima egli, ancora una volta si fa difensore, apparentemente disinteressato.

Riesuma così la vecchia idea medievale di crociata dei cristiani contro i musulmani, dimenticando o non sapendo quante ignominie i crociati hanno fatto.

Esse – è bene dirlo – superano immensamente nella crudeltà, quelle della strage del 7 ottobre di Hamas. Fra tutte basta rammentare, solo per fare qualche limitato esempio, la strage del 3 giugno 1098, quando le armate crociate conquistarono Antiochia. In quell’assedio sono stati uccisi tra 10.000 e 60.000 musulmani. Dalla cronaca di Raimondo di Aguilers, cappellano di campo del conte di Tolosa, si legge: “Sulle piazze si accumulano i cadaveri a tal punto che, per il tremendo fetore, nessuno poteva resistere a restare: non v’era nessuna via, in città, che fosse sgombra di corpi in decomposizione». Il 28 giugno 1098, cioè circa un mese dopo, furono ammazzati altri centomila musulmani, donne e bambini compresi”.

Negli accampamenti turchi – narra un cronista cristiano – i crociati trovarono non solamente ricco bottino, tra cui «moltissimi libri in cui erano descritti con esecrandi segni i riti blasfemi di turchi e saraceni», ma bensì anche “donne, bambini, lattanti, parte dei quali trafissero subito, e parte schiacciarono sotto gli zoccoli dei loro cavalli, riempiendo i campi di cadaveri orribilmente lacerati”.

 Per far cessare quindi le bombe che cadono sulla Striscia di Gaza, le distruzioni, gli ostaggi e la psicosi da terrore occorre ben altro dell’invito fatto al “popolo” di scendere in piazza “contro l’islamismo” che allontana dalla comprensione di quanto avviene in Palestina dal 1948.

Da attentamente considerare quanto è stato ribadito  nello Statuto di Hamas in cui leggiamo: “. Nessuno Stato arabo, né tutti gli Stati arabi nel loro insieme, nessun re o presidente, né tutti i re e presidenti messi insieme, nessuna organizzazione, né tutte le organizzazioni palestinesi o arabe unite hanno il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di essa”,

Dinnanzi a un proclama del genere è necessario renderci conto che non è con le bombe, con i missili che piovono sulla striscia di Gaza, che si spazza via una cultura dell’odio, della vendetta, dell’occhio per l’occhio che poi è la stessa cultura e il modus operandi d’Israele.

 Ma neppure con una manifestazione pubblica in tutte le piazze del mondo. Ci vuole ben altro. La pace, purtroppo, oggi appare quanto mai lontana. Resta, però, valido quanto dice Papa Francesco:È diritto di chi è attaccato difendersi, ma sono molto preoccupato per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi a Gaza, dove pure ci sono state molte vittime innocenti”. “Il terrorismo e gli estremismi non aiutano a raggiungere una soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi ma alimentano l’odio, la violenza, la vendetta e fanno solo soffrire gli uni e gli altri. Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra, ma di pace, di una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sul coraggio della fraternità”.