L’INTERVENTO: LA SINISTRA NON SI ARRENDE ALLA PACE

Gli “orfani di guerra” continuano a fare la guerra nelle piazze italiane. E’ tutto come prima scrive Libero. Manifestazioni, occupazioni delle scuole, delle università. In Italia dopo l’accordo di Sharm el-Sheikh non è cambiato nulla. Paradossalmente mentre il mondo si inchina di fronte alla pace, rinunciando a prerogative di superiorità di una parte del mondo verso l’altra, rinunciando all’idea di annientare l’avversario con visioni “dal fiume al mare”, in Italia si continua a fare la guerra. Come a Milano scontri violenti tra i pro Pal e la polizia sotto il consiglio comunale di palazzo Marino per la revoca della proposta di annullare il gemellaggio con Tel Aviv.

In pratica, scrive Fausto Carioti, “la sinistra abbonda di orfani della guerra, sigle e personaggi che hanno trovato nella protesta anti-israeliana un senso per la loro azione politica e un palcoscenico che garantisce visibilità”. (Gaza. La sinistra non si arrende alla pace, 15.10.25, Libero). Tutto come prima, quindi. L’esercito israeliano si ritira, Hamas si ferma, (fino ad un certo punto, sono già iniziati i regolamenti di conto con i presunti amici di Israele) loro vanno avanti. Bande di sedicenti pacifisti, in realtà teppisti pro-Hamas, continuano a scatenare violenza e terrore nelle piazze, brandendo slogan svuotati di senso come “Palestina libera”, quando la guerra è già finita. Ancora una volta, si è riversata ferocia contro le forze dell’ordine. Un’aggressione ancora più intollerabile per due motivi: si protesta per una guerra che non c’è più e lo si fa nel giorno in cui l’Italia piange tre carabinieri assassinati e altri undici servitori dello Stato gravemente feriti in un attentato. Questo dimostra, una volta per tutte, che il vero obiettivo di queste manifestazioni non è la pace, non è la causa palestinese. È l’odio verso lo Stato, la rabbia contro le regole, l’attacco sistematico alla polizia, il sogno folle di destabilizzare il governo democraticamente eletto, la voglia di spaccare, colpire, odiare. Dei bambini di Gaza a questa gente non gliene importa nulla. Le proteste contro la partita di calcio Italia-Israele sono la cartina di tornasole di certe pulsioni. Erano programmate da settimane e sono state confermate. Basta ascoltare le dichiarazioni degli esponenti del Pd, a cominciare di Mauro Berruto, ex ct degli azzurri di pallavolo e ora responsabile dello Sport per il partito di Elly Schlein: «La mia opinione non cambia di una virgola. Questa partita non avrebbe dovuto essere disputata, perché Israele avrebbe dovuto essere sospeso da tutte le competizioni sportive internazionali». Stessa cosa per la Boldrini: «Continueremo a denunciare l’ignavia di tutte le organizzazioni sportive che hanno deciso di non decidere». La stessa Schlein si è rifiutata di riconoscere la vittoria politica di chi ha appoggiato l’iniziativa americana. Anzi, ha detto che il governo italiano è stato un problema per il processo di pace, perché «è quello che più si è opposto in Europa ad avere una posizione netta contro i crimini di Netanyahu». Oltre ai politici di sinistra, c’è molta stampa che fa fatica ad accettare il risultato ottenuto da Donald Trump. Carioti, analizza qualche titolo a Repubblica parlano di «Guerra travestita da pace nello show del Donald-day», il politologo francese Gilles Kepel dice ai lettori di Repubblica che l’accordo firmato è solo «un colpo mediatico che non fermerà la violenza». E questo perché non è stato rilasciato Marwan Barghuthi, condannato da Israele a cinque ergastoli per terrorismo, ma ritenuto da Kepel (e da altri a sinistra) «l’unico in grado di incarnare una Palestina nuova». Letture simili a quella della relatrice Onu Francesca Albanese, che ripete: «La chiamano pace, ma per i palestinesi rischia di trasformarsi in apartheid nella sua forma peggiore». Se queste sono le dichiarazioni degli esponenti del Pd come scandalizzarsi poi dei vari gruppi pro-pal che mettono a ferro e fuoco le piazze italiane. Non servono gli stupidi distinguo tra dimostranti pacifici e violenti. Intanto a Roma, alla Festa del cinema che comincia oggi, il copione che avevano portato alla Mostra di Venezia. In programma c’è un film israeliano, si intitola Ken (Sì). Sono insorte le solite sigle: Anpi, Arci, Assopace Palestina, BDS Italia. Sostengono che quella pellicola è una presenza «profondamente problematica», pertanto, chiedono quindi alla direzione della Festa del cinema di boicottarla: «Vigiliamo affinché questa pace non sia un colpo di spugna per cancellare i crimini contro l’umanità commessi da Israele». Indifferente all’accordo di pace anche la Cgil, che conferma la manifestazione nazionale di sabato 25 ottobre a Roma. Quel giorno, il sindacato di Maurizio Landini invita a scendere in piazza e non andare allo stadio.

 

a cura di Domenico Bonvegna