Andrea Filloramo: non sapevo che nella Chiesa messinese ci potessero essere ancora dei preti che seguono logiche di potere, di affermazione di sé, di concorrenzialità di carrierismo, di insegne, di titoli ecclesiastici e simboli

di Andrea Filloramo 

In realtà non era nelle mie intenzioni di produrre  – come apprendo dalle notizie che mi giungono dalla Città dello Stretto –   un’imprevedibile “ agitazione” nel clero messinese,  quando ho risposto e non potevo fare a meno di rispondere,  a una lunga e dettagliata email di un lettore di IMG Press, che mi scriveva – lo ripeto ancora –  che l’arcivescovo avesse preso spunto da un mio articolo – cosa che,  come ho evidenziato, è non vera –  e che, se fosse stata vera, sarebbe stata non rispettosa nei confronti  dello stesso vescovo che io stimo, per rimuovere dalla Parrocchia un Parroco.   

In tale articolo, infatti – basta leggerlo attentamente – esprimevo in piena libertà e con lo stile che mi appartiene, un parere storico sugli ordini cavallereschi e, particolarmente sull’Ordine Costantiniano di S. Giorgio, che ritenevo e ritengo anacronistico, obsoleto, al quale faceva parte il Parroco in questione, che io non ho il piacere di conoscere se non attraverso la Rete e il quotidiano La Gazzetta del Sud che  tempo addietro rendeva noto che lo stesso fosse commendatore, cavaliere di grazia ecclesiastico dell’Ordine stesso.  

Svolgevo anche alcune osservazioni critiche sul “modus vivendi et operandi” di alcuni preti, che non contengono offese né a una categoria né tanto meno a una persona singola e che ho giudicato meritevoli di essere tenute in considerazione da quanti vogliono vedere un clero aperto alla modernità e non arroccato e fermo a un passato molto lontano. 

Osservo, stando ad alcune informazioni, che da parte dei preti messinesi che hanno letto l’articolo, c’è stata una quasi unanime condivisione alle osservazioni da me fatte. 

Fra tanti sms o e-mail che ho ricevuto, ne scelgo solo alcuni che ritengo più significativi e più eloquenti, che sicuramente non possono passare come inosservati: 

“Sei grande. Non sei stato mai grande come sei stato oggi. Complimenti e grazie”.  

“Saremo sempre con il nostro Arcivescovo quando, con il coraggio che non gli manca, non premierà gli approfittatori ma taglierà i rami secchi o appassiti in modo che la pianta, prima che muoia, possa concentrare le sue risorse sulle parti ancora vive”. 

“Sai chiaramente che ci sono bravi preti ma anche preti narcisisti patologici che non devono essere premiati”.  

Ho da sottolineare che, fino a quel giorno fa, cioè da quando mi sono pervenute molte testimonianze, non sapevo che nella Chiesa messinese, che seguo con molta attenzione da più di un decennio, da quando cioè scrivo su questo Foglio Elettronico, ci potessero essere ancora, come nel lontano passato, dei preti che seguono logiche di potere e di affermazione di sé, di concorrenzialità e di carrierismo, di insegne, di titoli ecclesiastici e simboli della dignità ecclesiastica di assai dubbio favore e che sono convinti   che così possono onorare il Cristo. 

Mi risulta che questa fosse una prassi clericale nella Chiesa di molti anni fa ed è per me inconcepibile e inaccettabile ai giorni nostri, per alcuni addirittura è ridicola.  

Negli anni 60 del secolo scorso scriveva, infatti, Yves Marie-Joseph Congar: “Si può beneficiare ordinariamente di privilegi senza arrivare a pensare che siano dovuti, essere onorati, adulati, trattati in forme solenni e prestigiose, senza mettersi moralmente su di un piedistallo? Si può, infine, trovare davanti a sé dei turiferari senza prendere un po’ il gusto dell’incenso?” 

Negli stessi anni alcuni vescovi tra i quali Lercaro (vescovo di Bologna) e Herder Camara (presidente della Conferenza episcopale brasiliana), avevano cercato di proporre una riforma efficace che abbandonasse in modo definitivo tutto ciò che allontana dal Vangelo e contraddice il suo annuncio e che, quindi, la Chiesa passasse per l’abolizione dei titoli e la sobrietà delle vesti.  

Ma non si è fatto nulla. 

Da allora, c’è stato, però, il Concilio Vaticano II, ma forse alcuni non lo sanno o l’hanno dimenticato.