
di Andrea Filloramo
Papa Francesco ha avuto un pontificato segnato da importanti riforme, alcune, però, a causa di dinamiche di potere o dell’opposizione interna tra i settori più conservatori della Chiesa, sono rimaste soltanto sulla carta o rese fallimentari.
Da osservare, pertanto, che i presunti fallimenti sono da leggere, sia alla luce della complessità della Chiesa cattolica, un’istituzione millenaria con forti resistenze interne e una grande diversità globale non adusa ai cambiamenti, sia anche alle inimicizie, che sono nate e cresciute attorno al Papa e nelle segrete stanze del Vaticano, dove mai sono mancate le divisioni e le lotte intestine.
Tali inimicizie, alcune delle quali sono diventare anche pubbliche, non sono state solo divergenze d’opinione, ma veri conflitti teologici, pastorali, gestionali, tanto da far pensare a uno “scisma latente” anche se mai si è formalizzato.
E’ certo, oltretutto, che le tensioni nella storia della Chiesa in un periodo storico in cui le immagini hanno assunto un ruolo sempre più centrale nella comunicazione, nella cultura e nella società, con Papa Francesco sono diventate particolarmente visibili.
Note, perché fatte conoscere dai media, sono state, infatti, le figure in aperto dissenso con Papa Francesco, che hanno scritto, lasciato interviste, mostrato il volto.
Fra queste figure di spicco nella Curia Romana c’è stato: il Cardinale Raymond Burke, forse il suo più esplicito oppositore, che ha messo in discussione la legittimità di alcune scelte dottrinali del Papa e ha criticato l’agenda sinodale; Monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio negli Stati Uniti, che ha chiesto pubblicamente le dimissioni del Papa nel 2018, accusandolo di aver coperto abusi sessuali; il Cardinale Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, critico verso l’approccio pastorale di Francesco e, infine, il Cardinale Robert Sarah, africano, molto amato dai conservatori, difensore della liturgia tradizionale e di una Chiesa meno “mondanizzata”.
Le tensioni si sono fatte più intense nel tempo recente, (2023–2024) e si sono concretizzate nel Sinodo sulla sinodalità, in cui si sono generate divisioni profonde. Alcuni hanno temuto che si aprissero le porte a cambiamenti dottrinali).
Il vescovo Strickland (USA), rimosso nel 2023 dopo anni di critiche al Papa, è diventato un simbolo dell’“opposizione americana”.
Una cosa è certa: Papa Francesco è riuscito a trasmettere un cambiamento di stile più che di dottrina, forse perché consapevole che spingere oltre un certo limite avrebbe provocato un nuovo scisma nella Chiesa o, in ogni caso, una frattura profonda.
Ha innovato però il linguaggio, gli argomenti, lo stile del papato, ponendosi sempre dalla parte degli ultimi, degli emarginati, degli “scarti” e chiedendo fino all’ultimo giorno della vita la pace,
La Chiesa si è riscoperta ecumenica e globale, si può dire che il Papa più critico verso la globalizzazione e gli eccessi del libero mercato è stato colui che ha globalizzato la Chiesa più di ogni altro.
Da qui le numerosissime missioni all’estero, nei luoghi più remoti e desolati, insieme allo sforzo di far vivere la Chiesa evangelica in ogni posto, promuovendo i vescovi delle periferie del mondo.
Non è un caso che nel Conclave che ha eletto il successore sotto gli affreschi della Cappella Sistina era formato da provenienti da 65 Paesi di tutti i continenti.
Dei cardinali che hanno preso parte al Conclave ben 110 sono stati nominati da Bergoglio con un occhio al Sud globale.
Con piacere registriamo che Papa Leone XIV che gli succede, già nei primi giorni del suo pontificato, ripetutamente ha fatto riferimento a Papa Francesco. Siamo certi che , anche se con uno stile diverso, dato dalla sua formazione, dalla sua esperienza, dalla sua appartenenza ad un ordine religioso che è quello che si ispira a S. Agostino, voglia completare quella che è la rivoluzione voluta da Papa Bergoglio.
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