LA POVERTÀ ALIMENTARE E L’IMPATTO SUGLI ADOLESCENTI 

La povertà alimentare è multidimensionale: non solo disponibilità e prezzo del cibo, ma relazioni, identità, salute mentale e – soprattutto – possibilità di scelta. L’attenzione si sposta dal “quanto si mangia” alla possibilità effettiva di scegliere cosa, come, quando e con chi mangiare. Quando la scelta manca, il disagio si traduce in esclusione dalla socialità e perdita di dignità, con ricadute su autostima e benessere psicologico.

È la fotografia che emerge dall’analisi “Il malessere invisibile di non poter scegliere. Secondo rapporto su adolescenti e povertà alimentare in Italia”, realizzata da ActionAid insieme all’Università degli Studi di Milano e Percorsi di Secondo Welfare nell’ambito del progetto DisPARI. Al centro le voci di ragazze e ragazzi nelle aree metropolitane di Milano, Roma e Napoli.
Dalle interviste raccolte emergono rinunce silenziose e strategie per normalizzare la mancanza di opportunità: c’è chi evita inviti e momenti conviviali “per non pesare”, chi dice “non ho fame” per lasciare cibo ai fratelli, chi si prende cura dei più piccoli o cucina per la famiglia. “Spero di avere un futuro migliore della mia adolescenza”, afferma un’intervistata, riassumendo l’impatto emotivo di una privazione che non è solo materiale. “Quando si rinuncia a una pizza con gli amici o si evita un invito per vergogna di dover ammettere che non si può, non è solo una rinuncia ma una frattura nella socialità, che può lasciare segni sulla dignità e sul benessere psicologico di ragazzi e ragazze” afferma Monica Palladino, curatrice della ricerca qualitativa per DisPARI. Anche la dimensione di genere è evidente: il carico di cura e i sacrifici gravano in particolare sulle madri, che fanno scudo alle mancanze quotidiane, rinunciando per prime per non farle pesare sui figli. “Mi capitava anche da piccola che magari quando avevamo poco cibo dicevo: ‘mamma ho ancora fame’; e lei mi dava metà del suo piatto dicendo: ‘tieni amore, non ho fame’.” Sono scelte interiorizzate, come parte del ruolo di protezione, che tengono insieme il quotidiano al prezzo della rinuncia personale.
Per sostenere davvero gli adolescenti occorre andare oltre la sola distribuzione di cibo; esperienze già in campo – mense scolastiche inclusive e progetti di quartiere – mostrano che coinvolgere scuole, famiglie e comunità restituisce ai ragazzi un ruolo attivo e uno spazio di crescita. L’aiuto alimentare resta essenziale, ma nato per l’emergenza rischia di farsi permanente e di cristallizzare le disuguaglianze. La vera innovazione è trasformarlo in opportunità e inclusione, con interventi capaci di agire sulle diverse dimensioni della povertà alimentare, che non riguarda solo chi vive in gravi condizioni di deprivazione, e sul benessere.
“Servono politiche strutturali di protezione sociale come reddito, casa, lavoro dignitoso e servizi essenziali, affiancate da mense scolastiche universali e da politiche alimentari capaci di garantire a tutte e tutti accesso a cibo adeguato e di qualità – afferma Roberto Sensi, Responsabile Programma povertà alimentare per ActionAid Italia. Sul territorio ci sono esperienze importanti di solidarietà e innovazione, ma non basta rafforzare le filiere dell’assistenza: serve un welfare più forte, capace di garantire diritti e non solo di rispondere ai bisogni.”
La vergogna pesa più della fame. Accanto al lavoro qualitativo, una rilevazione nazionale condotta con Webboh Lab conferma che per i giovani la povertà alimentare è vicina e quotidiana: quasi 3 adolescenti su 10 hanno la percezione che nella propria zona ci sia chi non mangia a sufficienza, mentre il 73% ritiene che in Italia non tutti abbiano le stesse possibilità di un’alimentazione sana. “L’indagine porta la voce diretta della Generazione Z su cosa significhi oggi povertà alimentare. Emerge soprattutto la percezione di un fenomeno prossimo e concreto con una forte dimensione sociale ed emotiva, in cui vergogna e stigma pesano più della sola scarsità” dichiara Furio Camillo, Docente di Statistica economica presso UniBo e Responsabile Scientifico di Webboh-LAB.
Il tema non è solo economico: vergogna e stigma pesano più del bisogno nel tenere i ragazzi lontani dai momenti sociali legati al cibo con i social amplificano le pressioni: il 41% si sente spinto agli acquisti di cibi pubblicizzati, mentre il 35% prova disagio confrontandosi con ciò che mangiano gli altri online.
DisPARI – Disentangling Inequality and Food Poverty amongst Adolescents: Concepts, Measures and Local Action Strategies è un progetto di ricerca sulla povertà alimentare in adolescenza, realizzato da ActionAid, dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Milano e Percorsi di secondo welfare, con il contributo della Fondazione Cariplo.