Sentiment positivo sui grandi patrimoni, se investono per lo sviluppo del Paese

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Per il 70% dei detentori di grandi ricchezze finanziarie, gli investimenti devono avere ricadute positive su occupazione e redditi. Per il 46% degli italiani giù le tasse sulle risorse investite nell’economia reale. Il valore sociale del Private Banking: anello di congiunzione tra le grandi fortune, per le quali garantire un giusto rendimento, e gli impieghi a favore della crescita.

 

Premiare le famiglie benestanti, se investono nell’economia reale. La maggioranza degli italiani è convinta che chi investe la ricchezza che possiede moltiplica le opportunità per tutti, perché i patrimoni finanziari sono una vera risorsa, e non sostanze sottratte egoisticamente alla collettività. Il 52,4% degli italiani definisce la ricchezza come una opportunità per l’Italia, se si stimola chi la detiene a investirla bene. Il 25,1% invece la reputa inutile, perché pensa che i ricchi sono cittadini del mondo e portano altrove i soldi. Il 22,5% la ritiene poco meno di un furto ai danni della collettività, sottolineando l’egoismo dei ricchi. Nella percezione comune è prevalente, dunque, una visione della ricchezza come strumento produttivo, attraverso l’investimento diretto o indiretto nell’economia reale, garantendo allo stesso tempo rendimenti per i detentori dei patrimoni e benefici per l’intera collettività. Il 45,7% degli italiani si dice addirittura favorevole a ridurre le tasse sui grandi patrimoni relativamente alle quote che vengono investite per favorire la crescita dell’economia reale. È quanto emerge dal rapporto Aipb-Censis «Contribuire al rilancio dello sviluppo italiano:il valore sociale del Private Banking», che è stato anticipato oggi alla stampa.

I grandi patrimoni: meno preoccupati per il futuro, pronti a investire in Italia. I detentori di grandi patrimoni sono meno preoccupati per il futuro del Paese rispetto al resto degli italiani: il 46,5% contro il 62,2%. E sono meno propensi alla fuga all’estero: il 75,8% resterebbe in Italia anche se avesse la possibilità di andarsene, mentre tra gli italiani la quota si riduce al 48,4%. La voglia di Italia emerge anche dalle decisioni sugli investimenti, perché per il 73,5% dei detentori di grandi patrimoni l’investimento giusto deve generare valore anche per il proprio Paese, per il 70,4% deve avere ricadute positive su occupazione e redditi, per il 64,8% deve valorizzare i territori e le comunità di appartenenza, per il 59,5% deve essere socialmente responsabile, tutelare l’ambiente e favorire la qualità della vita delle persone.

Il valore sociale del Private Banking. In questo quadro, il Private Banking gioca un ruolo decisivo, perché per due terzi dei detentori di grandi patrimoni il Private Banker rappresenta la figura professionale di riferimento quando si tratta di prendere le decisioni di investimento. Se la ricchezza è ben vista dagli italiani quando si mobilita per lo sviluppo, il 79,6% reputa utili i professionisti che orientano i grandi patrimoni verso investimenti funzionali a favorire l’economia reale. Per l’89,1% i Private Banker sono utili perché possono mettere in movimento le risorse per la crescita, per l’88,1% lo sono perché possono orientare i patrimoni verso investimenti che creano occupazione, benefici sociali, e non solo altri soldi per chi li possiede. Oltre a far guadagnare i propri clienti, il Private Banking è utile se li orienta su investimenti da cui derivino benefici per la collettività. In ciò si esprime il valore sociale del Private Banker, anello di congiunzione tra le ricchezze Private, per le quali deve garantire un giusto rendimento, e gli impieghi a favore del sistema economico e sociale del Paese.

Fidato e con soluzioni ad hoc: il Private Banker secondo gli imprenditori. L’85% degli imprenditori conosce i servizi forniti dal Private Banking. Per il 36% è la persona che aiuta a individuare gli esperti giusti per i diversi problemi, per il 27,7% costruisce soluzioni ad hoc, personalizzate, per ogni esigenza dell’imprenditore. Dalle opinioni rilevate emerge il ritratto di un consulente capace di affiancare l’imprenditore in ogni situazione, in grado di trovare le soluzioni giuste, nel quale avere fiducia.

Il passaggio delle aziende tra le generazioni, sfida per l’economia italiana. Troppi sono in Italia i casi in cui il passaggio di un’azienda dall’imprenditore agli eredi genera crisi, con gravi danni per l’impresa, i dipendenti e le comunità. Al momento, il 50,3% degli imprenditori non ha ancora pensato alla trasmissione agli eredi del proprio patrimonio personale e aziendale. Di questi, il 32,2% tende a rimandare e il 18,2% non è interessato a cosa accadrà dopo di lui. Con specifico riferimento al patrimonio aziendale, l’88,3% degli imprenditori non ne ha cominciato il trasferimento agli eredi. Le principali difficoltà che pensano di incontrare sono: per il 36% riuscire a garantire la continuità aziendale, per il 32,6% il timore di scontentare qualche erede, per il 21,8% individuare il sostituto adatto. Anche questo è un campo d’azione importante per il Private Banking, che può affiancare l’imprenditore con la professionalità dei suoi esperti per prendere le decisioni più giuste.

«Il Rapporto fornisce diversi stimoli all’industria del Private Banking su come svolgere un ruolo attivo di sostegno alla crescita del Paese, conciliandolo con l’obiettivo primario di protezione e sviluppo dei patrimoni affidati dalla clientela», ha detto Fabio Innocenzi, Presidente di Aipb. «Nell’analisi delle scelte di investimento della clientela Private, dalla ricerca emerge un gruppo sociale che, in un quadro economico-finanziario globale e con dinamiche professionali sempre più sovranazionali, esprime comunque un’attenzione al proprio Paese, di cui dobbiamo tenere conto. I passaggi generazionali, rilevanti per la categoria dei clienti imprenditori, mostrano invece ampi spazi di intervento. Gli imprenditori intervistati, infatti, da un lato dichiarano di voler finalizzare i loro investimenti alla conservazione del patrimonio per trasmetterlo agli eredi e dall’altro, in molti casi, non hanno risolto il problema del passaggio generazionale riguardante l’attività imprenditoriale. Questo ultimo atteggiamento può rappresentare un elemento di fragilità per le imprese italiane e pone limiti ad una crescita sostenibile, determinando potenziali costi sociali. Ecco dunque l’ambito d’azione possibile per il Private Banking, che per la propria parte, attraverso servizi di Wealth Management, può affiancare l’imprenditore nella scelta di soluzioni che salvaguardino la continuità aziendale, da un lato, e il patrimonio familiare, dall’altro, con benefici per la proprietà, ma anche per la collettività», ha concluso Innocenzi.

Questi sono i principali risultati del rapporto Aipb-Censis «Contribuire al rilancio dello sviluppo italiano: il valore sociale del Private Banking», che è stato anticipato oggi alla stampa e verrà presentato nell’ambito del XIV Forum del Private Banking, organizzato da Aipb (Associazione Italiana Private Banking) il 16 novembre a Milano presso Borsa Italiana, a cui parteciperanno Fabio Innocenzi, Presidente di Aipb, Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, Carmine Di Noia, Commissario della Consob, Salvatore Rossi, Direttore Generale della Banca d’Italia e Presidente dell’Ivass, Andrea Sironi, Presidente di Borsa Italiana, Antonella Massari, Segretario Generale di Aipb.