DOVE IL CIBO È DAVVERO BUONO

L’Italia è davvero il Paese dove il “cibo è più buono”come tutti abbiamo sempre pensato? Probabilmente se ci fermassimo a valutaresolamente il“gusto” la risposta sarebbe sì, ma se andassimo oltre e provassimo a capire come quel cibo viene prodotto potremmo avere delle sorprese. Perché proprio quello che mettiamo nel piatto ogni giorno, per essere davvero buono, non deve soltanto avere un buon sapore,ma deve essere anche prodotto in modo sostenibile, per limitare l’impattoche si ha sull’ambiente. Proprio per porre l’attenzione su queste tematiche laFondazione Barilla ha dato vita a due progetti: da una parte, il FoodSustainability Media Award, realizzato con la Fondazione Thomson Reuters, per premiare chi – tra giornalisti professionisti e talenti emergenti – racconta i paradossi e le sfide del cibo, ma anche le soluzioni da mettere in campo. Dall’altra parte, il FoodSustainability Index, realizzato con The Economist Intelligence Unit, ossia un indice che mostra dove l’agricoltura è più sostenibile, dove si combatte meglio lo spreco alimentare e dove minore è il gap tra malnutrizione e obesità, per offrire a stakeholder e istituzioni uno strumento utile per capire come orientare le ricerche scientifiche e scelte politiche.Proprio dell’impatto che il cibo e le nostre scelte alimentari hanno sull’ambiente (oltre che sulla nostra salute) si è discusso ogginel corso del Festival del Giornalismo di Perugia, in occasione della tavola rotondadal titolo “Quando il cibo è DAVVERO buono? Uno sguardo al cibo, oltre il gusto”, organizzata dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition, che ha visto la moderazione di Luca Di Leo (Head of Global Media Relations Gruppo Barilla) e la partecipazione di Mario Calabresi (Direttore de La Repubblica), Marta Antonelli (Research Program Manager – BCFN Foundation), Irene Mia (Global EditorialDirector, Thought Leadership – Economist Intelligence Unit) e Antonio Zappulla (Chief Operating Officer – Thomson Reuters Foundation).

FoodSustainability Index: Francia, Giappone e Canada i Paesi dove il cibo è “più buono”
Francia, Giappone e Canada sono le realtà dove il cibo è più “buono”,perché è dove viene prodotto, distribuito e consumato meglio.Tra i 25 Paesi analizzati da FoodSustainability Index (rappresentanti oltre i 2/3 della popolazione mondiale e l’87% del PIL globale) sono queste le 3 realtà dove l’agricoltura è più sostenibile, si spreca meno il cibo (e si adottano politiche innovative per combattere lo spreco) e si mangia in modo più equilibrato, senza eccessi e carenze, attenti alla propria salute e a quella del pianeta. E l’Italia? Il nostro Paese si ferma alla sesta posizione della graduatoria, premiato come miglior Paese UE per emissioni di gas serra in agricoltura, ma l’obesità infantile è un problema. L’Index, voluto dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN) e realizzato con The Economist Intelligence Unit (EIU) – il centro di ricerca del Gruppo The Economist –è uno strumento unico nel suo genere, che rivoluziona la visione del cibo come lo conosciamo e che, per la prima volta, analizza le scelte alimentari del pianeta non solo sulla base del “gusto”, ma anche del valore complessivo che il cibo rappresenta. L’Index permette di stilare la classifica dei luoghi dove si mangia meglio in base a 58 parametri di tre ambiti di ricerca: agricoltura sostenibile, sfide nutrizionali e spreco di cibo.

Il primo posto di questa speciale graduatoria spetta alla Francia,soprattutto per le innovative politiche contro lo spreco e per l’approccio equilibrato all’alimentazione. Giappone e Canada si collocano a seguire, rispettivamente per ladiffusione di regimi alimentari corretti ed equilibrati e per le politiche in tema di agricoltura sostenibile. In fondo alla classifica, India, Arabia Saudita ed Egitto, che si trovano ad affrontare importanti sfide nutrizionali. E che ancora sono indietro nell’uso sostenibile delle risorse (acqua, soprattutto) e nella riduzione degli sprechi di cibo nella fase della produzione agricola. L’India si colloca all’ultimo posto sia per la gestione non sostenibile delle risorse idriche, sia per l’inadeguatezza della dieta alimentare: è il Paese con la più alta percentuale di denutrizione nei bambini sotto i 5 anni ma deve anche fronteggiare il problema dell’obesità. L’Arabia Saudita e l’Egitto sono invece 24ma e 23ma della classifica globale, soprattutto per l’eccessivo spreco di cibo e le elevate percentuali di obesità.

FoodSustainability Media Award, per denunciare i paradossi del sistema alimentare e proporre soluzioni
L’attenzione al cibo che mettiamo sul piatto e a come viene prodotto appare tema di stringente attualità. Questo perché la produzione del cibo ha un impatto sull’ambiente ben superiore a molti altri fattori. Qualche esempio? Quando si parla di acqua, tra agricoltura, industrie e famiglie, è il settore agricolo a consumarne di più. In media il 70% del prelievo totale di acqua dolce è destinato all’irrigazione, mentre l’industria ne consuma il 22% e il restante 8% è dedicato all’uso domestico. Ogni secondo, il pianeta consuma l’acqua necessaria a riempire 131 piscine olimpioniche, con un’impronta idrica media pro capite pari a 3.405 litri al giorno. E ancora, in molti sono ormai consapevoli che oltre il 30% delle emissioni di gas serra è causato dalla produzione di cibo (contro il riscaldamento che impatta per un 23,6%e i trasporti che contribuiscono per il 18,5%). O, più in generale, che l’attività agricola produce il 24% dei gas serra globali e consuma il 70% dell’acqua dolce mondiale.Eppure, nonostante questi numeri impietosi,ogni anno 1/3 del cibo del mondo (1,3 miliardi di tonnellate) viene sprecato senza arrivare neanche a tavola pur essendo prodotto perché va a male in azienda, si perde, diventa immangiabile durante la distribuzione o viene gettato via nei negozi alimentari al dettaglio, ristoranti e cucine (fonte FAO, cfrEating Planet). Si tratta di circa 4 volte la quantità di cibo necessaria a sfamare le quasi 800 milioni di persone sul pianeta che sono denutrite. Insomma, la sfida che ci troviamo ad affrontare è quella di far crescere la consapevolezza tra le persone di quanto tutti noi siamo artefici della trasformazione in atto nel nostro Pianeta, proprio ad iniziare da quello che mettiamo nel nostro piatto.

Per dare un contributo concreto a far crescere l’attenzione su queste tematiche ilBarilla Center for Food&Nutrition (BCFN)ha lanciato il FoodSustainability Media Award, insieme alla fondazione Thomson Reuters, un nuovo premio internazionale rivolto ai media che vogliono mettere in luce alcuni aspetti poco discussi della sostenibilità alimentare. Il premio è destinato a giornalisti, blogger, freelance e singoli individui che vogliono presentare i propri lavori, sia inediti che già pubblicati, legati alla sicurezza alimentare, alla sostenibilità, all’agricoltura e alla nutrizione.Si può partecipare con articoli, video e foto che puntano a far luce sui paradossi del sistema alimentare, denunciando e proponendo soluzioni per combattere la coesistenza di fame e obesità, lo spreco alimentare e lo sfruttamento della Terra.
Il premio, in particolare, si propone di far luce su tre paradossi che interessano il sistema alimentare mondiale:
Fame vs obesità – perché per ogni persona malnutrita nel mondo ce ne sono due che sono obese o sovrappeso
Cibo vs Carburante – perché un terzo del raccolto di cereali viene utilizzato per dare da mangiare agli animali o per produrre i biocarburanti, nonostante il problema della fame e della malnutrizione
Spreco vs Fame –perché ogni giorno vengono sprecati 1.3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, quattro volte la quantità necessaria a sfamare 795 milioni di persone malnutrite in tutto il mondo

Facendo leva sulla forza dei media, il premio si propone di focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione della sostenibilità alimentare, coinvolgendo un’audience ampia e internazionale.Il FoodSustainability Media Award si divide in tre categorie: giornalismo scritto, video e foto. Per ogni categoria verrà premiato un lavoro inedito e uno già pubblicato.I vincitori premiati per un lavoro già pubblicato riceveranno un premio di 10.000 euro. I vincitori che presenteranno lavori inediti riceveranno come premio un corso di media training, completamente spesato, sulla sostenibilità alimentare organizzato dalla Fondazione Thomson Reuters. Inoltre, i lavori inediti dei vincitori verranno pubblicati sui siti della fondazione Thomson Reuters e della Fondazione BCFN, oltre a essere distribuiti attraverso l’agenzia di stampa di Reuters.

Consegna dei lavori
I pezzi potranno essere presentati fino al 31 maggio 2017 e i partecipanti potranno iscriversi al contest attraverso il sito web del FoodSustainability Media Awardwww.goodfoodmediaaward.org. I vincitori di ogni categoria saranno annunciati durante l’ottavo Forum Internazionale della Fondazione Barilla Center for Food&Nutrition (BCFN), a Milano, il 5 dicembre 2017.