
Nel girone I della Dnc di basket sono in arrivo le partite importanti, ovvero quelle sfide che decideranno le tre formazioni che saranno ammesse alla fase successiva che vale la promozione in B. Cinque le squadre ancora in corsa: Vis Reggio, Cefalù, Costa d’Orlando, Patti e Palermo. Guardare con attenzione alle designazioni degli arbitri aiuta a comprendere come soffia il vento federale. Ovvero, capire chi gode dei favori del Palazzo e chi invece è trattato da reietto. Qualcuno le chiama polemiche pretestuose o vittimismo certo è, che a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina, avrebbe detto il senatore Andreotti. E lui di intrighi di Palazzo era un grande esperto. E nel girone I della Dnc di cose strambe ne succedono, eccome se ne succedono, vero presidente? Non sappiamo se siamo noi troppo fiscali o se pure negli altri gironi si naviga a vista, ma di sicuro non c’è chi può permettersi un confronto con la nostra capacità di sorprendere, di sbalordire: la Sicilia del basket è tutta una meraviglia. Chi gestisce il movimento dovrebbe tenere a mente il detto "Essere come la moglie di Cesare", cioè una persona al di sopra di ogni sospetto, non dare adito a chiacchiere e soprattutto essere tenuti a regolarsi in tal modo. Che ci sia del vero e fuor di dubbio, sono tante le cose strane accadute durante stagione che non possono essere liquidate solo come “sfortunate coincidenze”: e del resto se ci sono tante lamentele tra gli addetti ai lavori su designazioni e comportamenti federali, qualche motivo ci sarà. Non a caso molti tesserati hanno paura a parlare pubblicamente per non finire sul libro dei cattivi. Ecco la nota dolente: non disturbare il giovin signore. C’è come un’autorizzazione tacita al silenzio, alla censura, segno di una ritrovata arroganza del nuovo che avanza, ma anche di una sopraggiunta vulnerabilità della classe arbitrale che non riesce a dire di no ai desideri del potere. Non c’è dubbio che il mondo degli arbitri siciliano attraversi un momento di crisi. Il basket ha aumentato nettamente la sua velocità. Atleti allenatissimi e perfetti sfrecciano accanto a fischietti quasi sedentari. E’ cresciuto il pericolo di non vedere o vedere male, di sbagliare o invertire le valutazioni. Limiti di età e vicende poco chiare hanno poi rapidamente tolto dal campo una generazione di buoni arbitri che avrebbe dovuto scomparire solo dopo essersi cresciuta allievi all’altezza. Al di là di tutto questo, l’impressione è comunque che l’intera classe arbitrale non sia all’altezza del campionato che deve rappresentare. La crescita scomposta delle nuove leve è una ragione, ma la più importante è l’immobilismo volontario di tutto il sistema siciliano. Non c’è in nessuno la voglia di avere (e quindi costruire) grandi arbitri. I forti sono molto meno condizionabili. L’arroganza di certi ometti convinti di poter fare il bello e il cattivo tempo senza pagarne mai dazio spingono poi a dare vita a una specie di qualità-limbo attraverso la quale non scontentare nessuno. Un po’ drasticamente si può dire che gli arbitri di adesso e la durezza degli attacchi nei loro confronti sono figli della debolezza dell’uomo al centro del meccanismo. Solo una federazione forte, sicura di sè e della stabilità del proprio governo, può riportare i criteri di selezione arbitrale alla severità di un tempo. Altrimenti si andrà avanti a piccoli colpi domenicali, una volta a Cefalù e una volta a Reggio Calabria, nella speranza che alla fine ognuno abbia avuto il suo e l’equilibrio sia stato comunque artificiosamente rispettato. E della cosiddetta questione morale, visto anche come sono andate le cose da altre parti, che cosa ne vogliamo fare?