Il giornalismo applicato al calcio è morto!

Guardo i notiziari, leggo le cronache e resto perplesso: lei preferisce la gestione Ghirardi o quella di Tanzi? Il calcio business o un giovane pensatore? Meglio il presidente ricco e scemo o il pifferaio magico? Non potremmo lasciar stare in pace i tifosi e parlare d’altro? Le regole, l’onestà, la lealtà sportiva da noi, non costituiscono un sistema, un fatto, ma una eventualità. Mi domando: chi sciopera oggi per i tifosi? I presidenti, o il Coni, la Federcalcio o i controllori dei conti, quelli che scaricano i bagagli, o gli stewards; chi è che prepara l’imboscata al povero utente pagante? Forse il governo, forse i procuratori, forse Sky, o la compagnia del circo, ovviamente, ben retribuita? Scusate: mi dite perché ce l’avete tutti con il tifoso? Voi punite soltanto gli inermi, gli indifesi: tanto i titoli sui quotidiani vi spettano per arroganza. Il tifoso non viene neppure preso in considerazione, si presenti alla tivvù, a uno sportello dei reclami, o in tribunale. E nessuno lo informa di ciò che gli stanno preparando, e con arroganza, i tanti poteri, più o meno occulti e responsabili. Quelli che hanno permesso che a Parma accadesse ciò che ora è sotto gli occhi di tutti. Ma non è solo colpa di Ghirardi nè dei suoi uomini. Qui non si decide niente: né per i soldi da spendere contro la violenza negli stadi, che cresce, né per la microcriminalità che spesso inquina le curve, né per stabilire una norma che garantisca tanto i diritti dei tesserati, quanto quelli di chi, indipendentemente, vorrebbe sopravvivere senza subire le quotidiane angherie. E nello sport di porcherie ne succedono tante ma si preferisce tappare le bocche. Qual è il mestiere di un buon giornalista?

Roberto Gugliotta

di Diego Costa

Il giornalismo applicato al calcio, caro il mio amico Roberto, è morto e sepolto. Morto con le restrizioni esercitate da tutti gli uffici stampa dei club. Morto perché se poi il bravo giornalista riesce a parlare con il giocatore non obbligato dal club ad andare in sala stampa, allora sono i "cari colleghi" ad andare dall’addetto stampa e a fare casino (perché lui ha parlato con ics e noi no?). Morto, perché la notizia non esiste più. E se uno la scova, e magari dà fastidio, allora quello non entra al centro tecnico. E l’Ussi se ne strafate. E’ morto perché i club impongono il silenzio stampa e non è mai successo, purtroppo il contrario. Ovvero: tu non parli con la stampa – così dovrebbe andare – e allora quando ti senti rinascere dentro la voglia di parlare, beh, allora devi aspettare che la stampa abbia voglia di parlare con te! E’ morto con i titoloni "Vado in campo per vincere" oppure "Cercherò di fare gol" o ancora "Sarà una partita vera"… notizie, caspita, che notizie! E’ morto perché Lotito, perché Tavecchio, perché Sacchi dicono stronzate ma trovano comunque i nostri "bravi colleghi" (tra direttori e caporedattori soprattutto) che li difendono per poter mantenere viva la casta, per usare la lingua e non intendo quella italiana che spesso è dimenticata.