Magistrati Onorari pretendono rispetto del contratto di Governo contro la riforma “Orlando”

Ancora una volta la magistratura onoraria italiana è costretta a denunciare la condizione di profonda prostrazione in cui è relegata a causa di scelte politiche profondamente ingiuste, alle quali ancora non si arriva a rimettere mano, seppure ampiamente censurate dalle pronunce dei massimi organi della giustizia sovranazionale.

La nostra categoria permane in una condizione di grave privazione dei più elementari diritti previdenziali, assistenziali e retributivi, sul presupposto assurdo che la connotazione onoraria del nostro rapporto di servizio giustifichi  il disconoscimento di posizioni giuridiche invero tutelate anche nel caso del lavoro nero.

Il nostro lavoro, evidentemente, non merita analoghe tutele.

Siamo, in fondo, soltanto coloro che sorreggono il 50% del contenzioso giudiziario civile e penale, affiancando ormai stabilmente, con grande rispetto delle prerogative, la magistratura di ruolo.

Proprio quest’ultima è scesa finalmente in campo in nostro supporto, superando, nel 2018, le ambiguità di precedenti stagioni, difendendo con grande convinzione e unanimemente la richiesta di un nostro più saldo e dignitoso inquadramento, che differenzi la posizione dei magistrati onorari di lungo corso, da quella dei colleghi di nuova nomina, accompagnando i primi al traguardo pensionistico, così da salvaguardarne la peculiare formazione, il patrimonio di esperienza maturata e le specifiche competenze.

L’assenso dell’ANM a tale soluzione legislativa ha trovato forma in una proposta condivisa con gli esponenti della magistratura onoraria, nell’ambito del tavolo tecnico istituito dal Ministro Bonafede presso il proprio Dicastero, composto da esperti provenienti dalla magistratura di ruolo e onoraria e dai rappresentanti dell’Avvocatura e degli enti previdenziali di riferimento.

È ancora mancante, tuttavia, la disponibilità del Guardasigilli a stanziare, i fondi necessari ad attuare tale soluzione legislativa, con conseguente differimento dei lavori del predetto tavolo tecnico al 2019.

I continui scioperi che hanno accompagnato le proteste di piazza nella precedente legislatura, hanno posto in evidenza, come la produttività degli uffici giudiziari dipenda, in modo rilevante, anche dal nostro apporto, in passato negletto o minimizzato.

Confidiamo quindi in un ravvedimento operoso di questo governo, che scongiuri nuove proteste lecite, di cui i cittadini non avvertono affatto la necessità.

A loro va il nostro pensiero, Signor Presidente, nel considerare come l’attuazione della nostra riforma, inserita nel così detto “Contratto di Governo” e nei programmi di Partiti nazionali che concorrono a formare o sostenere l’attuale Esecutivo, non debba restare lettera morta.

La politica deve questo scatto di orgoglio non a noi, ma al Paese, cui occorre una giurisdizione forte, che sappia accudire con solerzia ogni sorta di contenzioso, sia esso di massimo rilievo, sia esso di contenuti apparentemente secondari. Lo Stato, infatti, non deve mai abdicare alla funzione di garante e tutore del proprio ordinamento, pena la sua perdita di effettività e l’arretramento di quelle politiche che il Governo attuale dichiara di voler promuovere con rinnovato slancio, in materia di sicurezza, di ordine pubblico e di tutela dei diritti patrimoniali.

È davvero curioso che si neghino i finanziamenti di una riforma, il cui testo è già agli atti del Governo, depositato presso la Commissione ministeriale a tal uopo costituita; un testo che, per la prima volta, ha catalizzato il consenso di tutte le anime della magistratura italiana; un testo finanziabile con risorse irrisorie rispetto ai benefici fiscali, macroeconomici e di immagine che permetterebbe di conseguire, dando peraltro seguito alle previsioni di Mario Draghi che quantificava, già nel 2011, in oltre un punto percentuale del PIL i benefici attesi dall’efficientamento del sistema giudiziario italiano.

Saranno in ultimo i cittadini, inclusi quelli coinvolti negli otto milioni di processi pendenti, a valutare se vi sarà stata la volontà politica di assecondare le loro aspettative in una Giustizia che funzioni.

Noi confidiamo che tale volontà possa emergere e che non si abbia timore alcuno di dotarsi di una magistratura efficiente e ora che la magistratura di ruolo si è schierata apertamente a nostro favore, sarà però evidente a tutti, qualora ciò non avvenga, l’imputabilità della relativa responsabilità politica in capo a chi ha assunto – e si propone di mantenere – la guida dello Stato.

Il Presidente FederM.O.T

Raimondo Orrù