GLI IMMIGRATI COME ARMI DI MIGRAZIONE DI MASSA

C’è una strategia politica in questi sbarchi a getto continuo di immigrati sull’isola di Lampedusa? Qualcuno sostiene che dietro ci sono i russi della Wagner a spingere questi disgraziati sulle coste italiane. Altri danno la colpa alla sinistra europea e italiana che stanno spingendo l’UE per far fallire il memorandum di Tunisi che prevede l’erogazione “immediata” di 150 milioni al governo tunisino per fermare le partenze degli immigrati clandestini. Bruxelles e Pd remano contro il blocco delle frontiere, hanno scritto i giornali di “destra”, “considerandolo una violazione dei diritti umani”. Sarebbe dunque una violazione dei diritti umani quella di impedire che si paghi anche 10 mila euro agli scafisti e magari si muoia in mare?

Intervistata da Paolo Del Debbio a “Dritto e Rovescio”, Giorgia Meloni, non ha esitato a denunciare il Pd che palesemente rema contro l’Italia, per smontare l’accordo che il Governo italiano ha fatto con la Tunisia.

Ora dopo la visita di Ursula von der Leyen a Lampedusa si spera che Bruxelles modifichi il suo pensiero sulla questione immigratoria. Anche se non è semplice risolvere qualcosa che dura da decenni e non è solo qui sulle coste italiane. Qualcuno parla di immigrazione planetaria che non esiste da ora.

Qualche anno fa usciva un libro con un titolo abbastanza singolare, “Armi di migrazione di massa. Deportazione, coercizione e politica estera” (Leg Edizioni) di Kelly M. Greenhill. «L’autrice di questo libro, studiosa delle relazioni internazionali in una università americana, ha descritto alcuni casi degli ultimi decenni in cui i gruppi umani sono stati usati come “armi di migrazione di massa”», scrive Sergio Romano nella prefazione.

Il libro della Greenhill, fa l’esempio di Cuba, dove Fidel Castro in alcuni periodi aveva cercato di fermare l’esodo di cubani verso gli Usa, ma «in altri casi si era occasionalmente sbarazzato in questo modo dei suoi dissidenti e in una particolare circostanza, nel 1980, si era spinto sino ad aprire le prigioni dell’isola per gettare sulle spiagge americane un buon numero di criminali comuni» con vari scopi, uno dei quali era «costringere gli americani a negoziare un accordo».

Kelly M. Greenhill «nelle sue ricerche ha individuato fra il 1951 e il 2006 non meno di 56 casi in cui i movimenti organizzati di popolazione sono stati usati per raggiungere un obiettivo politico». Circa tre quarti di questi casi secondo Romano,  «sono riusciti a raggiungere almeno in parte gli obiettivi prefissati». E conclude: «Uno studioso americano ha scritto che i migranti non sono soltanto gli effetti di un conflitto: sono anche un’altra arma, non meno efficace di quelle che vengono usate nelle guerre moderne».

Pertanto, al di là di come finisce la collaborazione Meloni van der Leyen, la dichiarazione di Matteo Salvini dei giorni scorsi, va letta nel contesto storico che accennava Romano. «Gli sbarchi di Lampedusa sono il simbolo di un’Europa che non c’è. Quando arrivano 120 mezzi navali in poche ore non è un episodio spontaneo, è un atto di guerra. Seimila persone in 24 ore non arrivano per caso». Non bisogna scandalizzarsi per la parola “guerra”, scrive Antonio Socci su Libero del 17 settembre (“chi usa i migranti come un’arma”). Molti “buonisti” e sinistri “non sanno che sono tanti i casi in cui si è dato il via a delle migrazioni per scopi politici (talvolta possono dichiarare questa “guerra” anche organizzazioni criminali o terroristiche o mafie)”.

Comunque sia non è uno scandalo porsi delle domande su chi organizza questi approdi sul territorio italiano. Tuttavia, scrive Socci, “una cosa è certa. L’emigrazione di massa dall’Africa non è un’inevitabile calamità naturale come il terremoto. Lungi dall’essere un destino ineluttabile a cui bisogna rassegnarsi e che non si può fermare (come ripetono le sinistre e i media), è invece un fenomeno squisitamente politico”. Se si vuole le cause si possono rimuovere, a cominciare dalla povertà africana. Infatti “l’Africa è di per sé uno dei continenti più ricchi del mondo, forse il più ricco. Essa è più grande della somma di Cina, Usa ed Europa, è sottopopolata ed ha una popolazione giovane. Ha la più alta percentuale di terre coltivabili del mondo e potrebbe garantirsi da sola l’autonomia alimentare. È ricchissima di petrolio, gas naturale, uranio, coltan, ferro, legno, cobalto, platino, oro, diamanti e molte altre ricchezze”. Pertanto, a fronte di queste condizioni, certamente ha tutti i requisiti per garantire agli africani condizioni di vita che evitino l’emigrazione di massa. Per fare questo, però, occorre eliminare tutte le zavorre che la penalizzano, in parte dovute alle classi dirigenti locali (spesso pessime), in buona parte allo sfruttamento di potenze di altri continenti.

L’idea del “Piano Mattei”, voluto e proposto a livello internazionale da Giorgia Meloni, guarda l’Africa non più come un problema, ma come una grande chance, anzitutto per le popolazioni africane, ma anche per il resto del mondo perché – oltre a evitare le migrazioni di massa – il suo sviluppo può essere trainante per tutti. Però occorre abbandonare l’approccio rapace e devono essere la Ue e il G20 a farsi carico di varare un piano così ambizioso e promettente.

Poi secondo Socci in questo nuovo sguardo sull’Africa la Meloni ha un alleato molto importante: il Papa. Il 6 novembre scorso, dopo aver sottolineato che l’Italia non può essere lasciata sola a fronteggiare le emigrazioni e che deve farsene carico la Ue, citò la Merkel che diceva: «Il problema dei migranti va risolto in Africa».

Papa Francesco però sostiene che l’Africa non va sfruttata. “L’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo per l’Africa. Pensare che alcuni Paesi in Africa non sono padroni del proprio sottosuolo, che ancora dipende dalle potenze colonialiste! È un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa, no, andiamo a risolverlo anche a casa loro. Lo sfruttamento della gente in Africa è terribile a causa di questa concezione. Se vogliamo risolvere il problema dei migranti definitivamente, risolviamo l’Africa».

DOMENICO BONVEGNA

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