CON LA POVERTÀ L’ITALIA HA “TUTTO DA PERDERE”

È stata presentata a Roma – in vista della Giornata Mondiale dei Poveri istituita da papa Francesco, che si celebra domenica 19 novembre – la ventisettesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo “Tutto da perdere”. I dati confermano come – con
oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione – la povertà in Italia sia un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato. Una povertà che oggi ha sempre più i tratti dell’“ereditarietà”. Il nostro Paese in Europa è quello in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa.

I poveri assoluti sono saliti lo scorso anno da 5 milioni 316mila a 5 milioni 673mila (+ 357mila unità). L’incidenza è passata dal 9,1% al 9,7%. Se si considerano i nuclei, si contano 2 milioni 187mila famiglie in povertà assoluta, a fronte dei 2 milioni 22mila famiglie del 2021 (+165mila nuclei), concentrati soprattutto nel Mezzogiorno.
Evidenti le disuguaglianze tra cittadini italiani e stranieri residenti, acuitesi negli ultimi dodici mesi. La povertà assoluta si mantiene infatti al di sotto della media per le famiglie di soli italiani (6,4%), mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (33,2%). Tra gli stranieri con figli minori il dato balza al 36,1% (a fronte del 7,8% delle famiglie di soli italiani). Gli stranieri, pur rappresentando solo l’8,7% della popolazione residente, costituiscono il 30% dei poveri assoluti.
L’istruzione continua a essere tra i fattori che più tutelano rispetto al rischio di indigenza (oggi più del passato), mentre il lavoro non è più causa sufficiente di benessere: il 47% dei nuclei in povertà assoluta risulta avere il capofamiglia occupato.
Nel 2022, nei Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane le persone incontrate e accompagnate sono aumentate del 12% rispetto al 2021. Complessivamente il peso degli stranieri tra i beneficiari si attesta al 59,6%. Gli aiuti erogati (solo nei Centri d’ascolto collegati alla rete informatizzata) sono stati complessivamente 3,4 milioni, per una media di 13,5 prestazioni per assistito/nucleo. La media del 2021 era di 6,5.
Il Rapporto ha analizzato per la prima volta anche l’effetto della “povertà energetica”, ossia l’impossibilità di garantire un livello minimo di consumo energetico, che determina conseguenze importanti soprattutto sulle fasce sociali più fragili, e che colpisce il 9,9% della popolazione, con una tendenza all’aumento negli ultimi 10 anni.
Altro focus è dedicato al fenomeno dei “working poor”, ossia a quelle situazioni di povertà in cui non manca il lavoro, ma il reddito non è sufficiente a una vita dignitosa. Su questo è stata realizzata un’indagine nazionale, di taglio sperimentale e qualitativo, la prima di tipo partecipativo mai realizzata da Caritas Italiana, che ha coinvolto in tutte le fasi di studio (dalla progettazione del disegno della ricerca fino all’analisi dei risultati), un gruppo di persone che vivono sulla propria pelle la condizione di fragilità economica e lavorativa. In questo modo le persone sono rese protagoniste e non solo destinatarie di aiuto.
Il Rapporto dedica una riflessione anche alla riforma del Reddito di Cittadinanza e al passaggio verso le nuove misure di Supporto alla formazione e al lavoro (SFL) e Assegno di inclusione (Adi). L’abbandono del principio di universalismo selettivo e l’introduzione di nuovi requisiti lascia scoperte alcune specifiche tipologie di poveri (per esempio le persone senza dimora). Vi sono inoltre seri dubbi sulla reale possibilità di trovare un’occupazione entro i 12 mesi di copertura economica per la formazione garantiti dall’SFL. Situazione più favorevole invece per i circa 50mila nuclei di stranieri che potranno accedere per la prima volta alla misura e il fatto che sommando gli importi dell’Adi con quelli dell’Assegno Universale Unico per i figli a carico, la nuova impostazione sostiene maggiormente le famiglie numerose.
«La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta non solo per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società – afferma don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana –, perché così essa si trova a dover fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale che produce gravi e visibili impatti anche sul piano dei diritti». «Da qui – prosegue – la scelta del titolo “Tutto da perdere”, che sottintende come in realtà tutti possiamo dirci vinti di fronte a questi numeri». «Come ci chiede papa Francesco, nell’invitarci a celebrare la Giornata mondiale dei Poveri del 19 novembre, siamo tutti chiamati a “non distogliere lo sguardo dal povero”. Invitati dunque a
partire dai poveri, a metterli al centro delle nostre comunità, a fare la nostra parte per cercare di diminuire le disuguaglianze e dare sollievo e nuove opportunità a chi si rivolge a noi, per sconfiggere insieme la miseria», conclude don Pagniello.