Consumi e vivibilità. Le tre urgenze. Il resto viene dopo

La complessità della nostra società impone oggi di dover far girare tutto su tre punti: Europa, ambiente, migranti. Certamente la complessità è maggiore, ma i punti di riferimento sono a nostro avviso questi tre, intorno ai quali tutte le politiche, a partire da quelle per i consumatori, devono fare riferimento. Europa. Dopo la pagliacciata delle scorse settimane sull’accordo UE/Canada (CETA), domenica 30 ottobre è finalmente stato siglato l’accordo con il premier canadese Justin Trudeau che è venuto a Bruxelles per manifestare il loro diretto e coinvolgente interesse. Il futuro delle nostre economie si basa su accordi di questo tipo, che dovrebbero portare -nella fattispecie- ad abbattere gli ostacoli per gli scambi dal 36 al 3%, portare più ricchezza ed esportare la stessa. Non solo incontri e scambi tra economie delimitate, pero’, ma economie che si proiettano verso il futuro grazie a queste collaborazioni, per nuove innovazioni economiche, giuridiche e umane. Questa è l’ambizione del Ceta che è riuscito a vincere l’ottusità della regione Vallonia del Belgio che ne ha fatto slittare la firma e che -auspichiamo- non troverà ostacoli nelle future ratifiche che tutti i parlamenti dei singoli Stati comunitari dovranno fare. Già questo meccanismo, che non esclude la levata di scudi di altrettante Vallonie, ce la dice lunga sul farraginoso e bloccante metodo oggi in vigore in Ue per decidere e mettere in pratica politiche di ogni tipo. Ed è su questo che l’Italia -che in merito ha tutte le carte in regola essendo uno dei Paesi fondatori e ispiratori della sovrannazionalità federalista europea- deve fare maggiore pressione, in una prospettiva di Stati Uniti d’Europa. Ambiente. I fatti tragici di questi giorni del terremoto, sono più che mai il segnale che il nostro Pianeta, anche a partire dal giardino della nostra casa, non può continuare con questo metodo che è stato utilizzato fino a oggi: ci sta portando a viverci male sopra e a distruggere quella biodiversità sul cui equilibrio abbiamo stabilito il nostro sistema di vita. Tutto quello che ne e’ responsabile va rimosso, qualunque sia il prezzo da pagare, in denaro, in lavoro e in equilibri conseguenziali. Chi e’ diventato ricco con questi metodi, deve ridimensionarsi, cominciare a donare e farsi prendere tutto il necessario, per distribuirlo ovunque e per impedire che i poveri di oggi e quelli in cosiddetta via di di sviluppo, facciano gli stessi errori. Il ruolo dell’Italia e’ importante anche se, allo stato dei fatti marginale. Bisogna che questa marginalita’ venga capovolta, per fa capire che, come lo scioglimento dei ghiacciai al Polo Nord o la sparizione di diverse specie animali in Africa o in Asia o lo stravolgimento ambientale per le conseguenze delle emissioni dei gas ad effetto serra, cosi’ sono anche i nostri terremoti, i nostri vulcani. Il Giappone e la California, per esempio, non possono solo gelosamente essere alfieri della convivenza col terremoto, devono -anche per il loro benessere-spartirla con noi, col centro America, con la Turchia, cioe’ con tutti coloro che ogni volta che la terra trema, sono vittime della loro arretratezza (sia essa politica-burocratica come in Italia, sia economica come in altre parti del Pianeta). E anche qui, come per la vicenda Ceta, conta solo la disponibilita’ di ognuno a condividere, semplificare, aiutare.
Migranti. Un presupposto: non c’e’ differenza tra quelli cosiddetti economici e quelli rifugiati da zone di guerra. Sono sempre persone che si muovono, come e’ sempre successo nei secoli passati, per cercare di vivere, creando dal nulla quelle che oggi sono le maggiori potenze -in tutti i sensi- del mondo (tipo Usa e Australia). La migrazione fa parte del DNA dell’essere umano, e tutti gli umani possono e devono organizzarsi per accoglierla, condividerla e trarne valore. In Europa il nostro Paese e’ troppo isolato. Fa bene il nostro capo del governo nazionale a sbattere sempre in faccia le loro responsabilita’ agli altri partner dell’Ue, ma occorre andare piu’ a fondo con coraggio, determinazione e risolutezza nelle decisioni, anche dolorose, che possono e devono essere prese per evitare il massacro quotidiano a cui stiamo assistendo in questi anni, da Calais al Mediterraneo, dalla frontiere ungheresi ai ripensamenti tedeschi. Non ci sono alternative, se non mortali per noi e per i nostri figli e nipoti, e quindi per il Pianeta. Politiche limitative sono un non-senso, e’ come darsi delle martellate in testa facendo finta di godere delle stesse. Politiche di accoglienza migratoria che devono marciare con alcuni capisaldi fondamentali, primo fra tutti quello del controllo demografico (volontario), con politiche contrarie a quelle che oggi -Italia inclusa- stanno divampando in Europa con premi per fertilita’ e natalita’ nazionali.
Questi sono solo degli spunti su cui lavorare. Europa. Ambiente. Migrazioni. Spunti che fanno aumentare e razionalizzare i consumi, perche’ li democratizzino e li rendano potenziali per ognuno. E per coloro che non hanno voglia di vedere oltre il proprio naso, e’ bene ricordargli che il giardino sotto casa che vogliono difendere da quelli che loro considerano intrusi, proprio perchè fino a oggi hanno avuto corte vedute, gli sta franando sotto, a Norcia come a Dallas, ad Amatrice come ad Amsterdam o Berlino.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc