IL RISANAMENTO A MESSINA: UNA TELENOVELA LUNGA 20 ANNI

La telenovela del Risanamento a Messina inizia nel ’79 con un provvedimento con il quale il Consiglio Comunale di allora deliberò di assegnare il 60 per cento degli alloggi in costruzione allo sbaraccamento.

Con la legge 10 del 1990 la Regione, allora sotto la presidenza di Rino Nicolosi, affida al Comune di Messina il compito di individuare le aree da risanare, dividere la città in sette ambiti di risanamento e adottare piani particolareggiati per ogni ambito.

La legge stanziava 500 miliardi di lire per lo sbaraccamento e la riqualificazione. 150 sono stati utilizzati, degli altri, nel frattempo divenuti euro, si sono perse le tracce.

Fra lungaggini e cavilli burocratici i piani particolareggiati sono stati approvati solo nel 2002 e nel 2004 la Regione ha stanziato altri 70 milioni di euro, ma il Risanamento è ancora fermo a un palo.

Nel dicembre 2005, sotto la neoinsediata giunta Genovese, assessore al risanamento Angela Bottari, viene presentato il crono-programma con una previsione di spesa di ben 81.184.933,52 euro.
E’ l’avvio definitivo del processo di risanamento. I Piani particolareggiati vengono resi compatibili con la Variante Piano Regolatore Vigente e vengono avviate le prime operazioni di sbaraccamento e di costruzione di nuovi alloggi.

L’Amministrazione si fa anche promotrice, l’anno seguente, dell’istituzione dell’Osservatorio sulle Politiche della casa, il Risanamento e la Riqualificazione urbana della Città di Messina (ORM) di cui fanno parte le associazioni degli inquilini, gli ordini professionali, le organizzazioni imprenditoriali, le cooperative, le organizzazioni sindacali e ovviamente i rappresentanti delle Istituzioni e degli Enti interessati al programma di risanamento e delle Università di Messina e di Reggio Calabria. Obiettivo fare del risanamento un’operazione il più partecipata possibile evitando di dare vita a quartieri lager, privi di spazi di aggregazione e socializzazione.
Ma ad oggi dell’attività dell’Osservatorio non vi è traccia.

Come non vi è traccia alcuna dei fondi stanziati, né di finanziamenti futuri, né di coordinamento alcuno tra soggetti coinvolti.

Così avviene che, spesso, le baracche svuotate si ripopolino nel giro di poche ore, nonostante il censimento del 2003 tolga il diritto all’assegnazione di alloggi a chi è arrivato dopo, o che gli assegnatari ricevano gli alloggi senza certificato di abitabilità o senza i servizi essenziali, semplicemente in custodia, per evitare che se ne appropri qualcun altro, così come troppo spesso è avvenuto (Fondo Basile è uno di questi tristi esempi).

Gli ambiti di Risanamento

Il censimento del 2003 conta 3336 famiglie residenti in baracca per un totale di circa 12 mila persone. Tali baracche insistono nei sette ambiti individuati dal Comune in base a quanto previsto dalla Legge 10/1990.
Tali ambiti sono:

– Ambito A: Annunziata;
– Ambito B: Giostra, Badiazza;
– Ambito C: Bisconte, Camaro, Catarratti;
– Ambito D: Fondo Saccà;
– Ambito E: Via Taormina, Villaggio Aldisio;
– Ambito F: Santa Lucia, San Filippo;
– Ambito G: Minissale, Santo Bordonaro.

Le emergenze e i ritardi
– ANNUNZIATA
Comprende i rioni Matteotti, Annunziata alta, San Licandro e Casette basse Paradiso.
Le problematiche principali concernono il Villaggio Matteotti. Sbaraccato a partire dal 2009 nell’autunno del 2010 vede l’abbattimento delle ultime casette di epoca fascista e, sotto l’assessorato di Pippo Rao, l’avvio del cantiere di realizzazione di 52 alloggi (necessari per procedere allo sbaraccamento dell’Annunziata alta, di San Licandro e delle Casette basse Paradiso) e un’area attrezzata, oltre il recupero del cosiddetto “ex lavatoio”, interessante struttura in stile eclettico dei primi anni Venti del Novecento.
Si tratta di una seconda tranche di interventi, dopo quelli che hanno interessato gli edifici, 37 alloggi in tutto, che oggi ospitano il commissariato Messina Nord della Polizia di Stato.
Tutto sembra procedere regolarmente ma la ditta vincitrice incappa in alcune piccole pastoie burocratiche, Durc non presentati, aggiornamenti del prezziario regionale ed infine un ricorso della ditta arrivata seconda alla gara d’appalto. Nel mese di settembre 2012 a causa dell’abbandono del cantiere da parte della ditta appaltatrice, i lavori vengono assegnati alla ditta che segue in graduatoria.
Dopo anni di stallo in cui il cantiere è divenuto discarica di ogni tipo di materiale, i lavori sono ripartiti giusto qualche giorno fa, primo risultato del tavolo aperto dopo la manifestazione a sostegno dell’occupazione degli edili di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil dello scorso giugno.

– GIOSTRA

Comprende le aree di Fondo De Pasquale lato monte, la Salita Tremonti, l’area di Santa Maria la Nuova, le vie Appennini e delle Mura, le zone di Ritiro e San Miele, le vie Pirandello, De Roberto, Rosso da Messina, Evagora, Alberico da Barbiano e Jacopo del Verme, oltre l’area di Fondo Garufi.
Per ciò che riguarda l’area di Fondo De Pasquale è prevista la costruzione di 63 nuovi alloggi, necessari ad ultimare il fabbisogno dell’intero ambito, e un’area a verde attrezzata. Un appalto da quasi 10 milioni di euro. A bloccare l’opera il mancato abbattimento di una ultima stecca di casette nella quale troverebbe alloggiamento un panificio, che dovrebbe essere spostato in una vicina bottega (esattamente dall’altro lato della strada), situata nelle palazzine popolari, consegnate giusto qualche anno fa, previa concessione da parte del Comune dell’abitabilità commerciale dei nuovi locali. Documento impantanato dal 2008 in un assurdo rimpallo di competenze tra Iacp, Comune, Vigili del Fuoco, e Azienda Sanitaria. Ad oggi pare che l’appalto, così come dichiarato dal commissario Lo Conti alla stampa (FONTE: Tempostretto.it) stia procedendo regolarmente.
Un ulteriore paradosso riguarda poi 12 alloggi ultimati più di un anno fa a Fondo Basile e mai dati ai legittimi assegnatari (costretti anche a tenere in custodia anche le fatiscenti abitazioni originarie) perché ricadenti in un’area di cantiere mai riconsegnata per il fallimento della ditta appaltatrice dell’opera, oggi in amministrazione giudiziaria da parte del Tribunale di Catania (ditta risultante tra i beni sequestrati al clan Santapaola).
Fatto questo che impedisce la realizzazione dei lavori necessari, in primis l’apertura di un varco nelle recinzioni della palazzina che l’IACP si era impegnato a realizzare entro breve termine, per consentire l’ingresso dei legittimi assegnatari negli alloggi. Tutto questo con buon gioco degli “abusivi” che lo scorso anno avevano ben pensato di occuparli e persino di chiederne la residenza.
– BISCONTE
Comprende i rioni Bisconte, Camaro Sant’Antonio, Fondo Vadalà, Camaro San Luigi, Fondo Tornatola, Camaro Sottomontagna, Via La Rocca, Fondo Ragusa, Contrada Ruffo, Torrente Verginelli e Torrente Zaera Alto.
La prima reale emergenza riguarda la bonifica e messa in sicurezza dei 189 alloggi popolari di Bisconte, consegnati da neanche un decennio e ridotti in stato di assoluto degrado. Alloggi la cui proprietà pare spetti, secondo una denuncia dell’allora consigliere di quartiere Libero Gioveni, al Comune (“dall’inventario dei beni immobili a carico del Dipartimento Patrimonio il complesso residenziale di Bisconte, unitamente al centro polifunzionale, rientra nel patrimonio immobiliare di Palazzo Zanca, identificato al Catasto al Fg. 111 part. 1667”) e non all’IACP, il quale da 7 anni riscuote invece i canoni di locazione. Un pastrocchio burocratico che la dice lunga sulla gestione del patrimonio comunale e sulla gestione economica di un Comune sull’orlo del dissesto.
Non vanno poi trascurati i ritardi accumulati dal progetto per la realizzazione dei 46 alloggi di Camaro Sottomontagna. Un iter complicato i cui lavori, circa 9 milioni di euro, sono stati appaltati con un ribasso di circa il 40 per cento, ma non potevano essere consegnati per la presenza di un capannone regolarmente espropriato e mai rimosso, per una causa in corso per una richiesta di maggiore indennizzo. Il cantiere è stato avviato nei giorni scorsi.
Da considerare poi il progetto per la realizzazione di 112 alloggi e di un parco di quartiere a Bisconte, del quale non si ha più notizia e il progetto per la copertura e la riqualificazione ambientale del torrente Bisconte-Catarratti, il cui costo è lievitato a più di 20 milioni di euro per effetto della variante presentata da Palazzo Zanca dopo il nulla osta rilasciato dal Genio Civile e che, pertanto, necessita da parte della Regione di una cospicua integrazione al già esistente finanziamento di pochi milioni di euro. In merito al risanamento delle aree di Bisconte, San Paolo e Fondo Ragusa non risultano poi né progetti né finanziamenti. Proseguono invece i lavori i lavori a Camaro S. Antonio che dovrebbero essere ultimati entro un anno con un’area verde attrezzata ed un Anfiteatro da 500 posti dove saranno ospitati Mata e Grifone.

– FONDO SACCÀ

Comprende le aree di Fondo Saccà, San Raineri, Maregrosso e Case D’Arrigo.
Tra le prime emergenze quella dell’area di Fondo Saccà. Delle 43 “casette” che esistevano, infatti, solo 38 sono state demolite. 38 quanto il numero degli assegnatari dei nuovi alloggi di San Filippo ripartiti tra i baraccati di Fondo Saccà, Fondo Fucile e via Bisognano. Una insensata operazione a macchia di leopardo che ha fatto si che 5 famiglie continuassero a vivere tra i rifiuti e i materiali di risulta.
L’area pare verrà bonificata entro tre settimane grazie all’intervento di Palazzo Zanca.
Per il risanamento di Maregrosso non risultano poi né progetti né finanziamenti.
– VIA TAORMINA
Comprende gli insediamenti di Fondo Fucile, Via Arena 1, Via Collima, Rione Taormina, Via Verga e Via Alessi.
Le emergenze sono rappresentate in particolare dagli agglomerati di baracche di Fondo Fucile. Una bomba ecologica, densamente popolata e ricoperta di eternit della quale l’ASP aveva già consigliato lo sgombero, avvenuto solo in parte, per la rioccupazione delle baracche vuote da parte di nuovi nuclei familiari, a causa dell’impossibilità a procedere, per la stessa conformazione dell’area, alla distruzione totale o parziale delle casette, tutte appiccicate le une alle altre e unite da un dedalo di viottoli stretti e maleodoranti.
Vi è poi il paradosso Via Taormina. Il 21 marzo 2011 sono stati consegnati in custodia 28 alloggi. I lavori, eseguiti dalla "So.Coi. Srl", erano partiti nel 2005 e avevano visto notevoli ritardi dovuti al fatto che nell’area di cantiere esistevano casette ancora abitate, ai numerosi controlli della Soprintendenza e ad una frana che aveva interessato l’area degli scavi. Oggi i legittimi assegnatari non possono occupare gli alloggi a causa della mancanza di tutte le autorizzazioni amministrative, dell’agibilità e dell’abitabilità. L’asilo compreso nello stabile non è mai entrato in funzione e, oltre il danno la beffa, l’immobile presenta già problemi strutturali e infiltrazioni, oltre ad un stato di totale degrado.
Il 23 febbraio 2011 sono stati poi consegnati alla ditta Cantieri Riuniti s.r.l, i lavori per la costruzione di un fabbricato comprendente 20 alloggi e alcuni locali commerciali nel rione, sempre lato monte. La costruzione si svilupperà su un terreno di 1270 metri quadrati e l’importo dei lavori è di 2.737.572,64 euro. I lavori sono in fase di ultimazione.
Per ulteriori interventi di risanamento di Fondo Fucile e Rione Taormina, sono stati predisposti i progetti, ma non sono previsti finanziamenti.

– SANTA LUCIA
Per la costruzione di 44 alloggi a S. Lucia, i lavori sono stati sospesi per contenzioso con l’impresa.

– MINISSALE – BORDONARO
Per la costruzione di 40 alloggi a Minissale, l’impresa aggiudicataria ha perso i requisiti e si sta valutando lo scorrimento della graduatoria predisposta dall’Urega . Per la costruzione di 65 + 50 alloggi a Bordonaro, invece, sono stati già stipulati i contratti di appalto e nei prossimi giorni si procederà alla consegna.

Purtroppo i paradossi nelle vicende legate al Risanamento, e più in generale alle politiche della casa, non sono pochi, e sono quasi tutti connessi alla pessima gestione degli enti preposti.
Alcuni casi risultano emblematici.
Il 7 dicembre 2011per esempio i componenti di due famiglie di baraccati si arrampicano sul tetto di Palazzo Zanca trascorrendovi tutta la giornata. Alla base della protesta una speranza tradita. In base alla delibera del Sindaco presentata all’Ufficio di Gabinetto il 15 novembre 2011 e concernente coloro che (graduatoria “C” atto deliberativo 267 del marzo 2011) ricadendo in aree di risanamento e trovandosi in emergenza abitativa, possono ottenere un alloggio temporaneo in attesa della sistemazione definitiva, si erano illusi secondo quanto prospettato dal primo cittadino di poter occupare locali dell’ex-scuola Capitano Traina. Ma a distanza di appena due settimane, il 29 novembre, arriva la delibera (sempre istituita dall’Ufficio di Gabinetto, proponente il sindaco Buzzanca) che annuncia il dietrofront (“Da verifiche effettuate dall’Ufficio di Gabinetto – si legge nel testo – si è effettivamente accertato che per mero errore di rappresentazione dei presupposti di fatto, l’Ufficio ha ritenuto di poter assegnare la struttura emergenziale nelle more del reperimento di altro alloggio”) e che di fatto revoca in autotutela non solo il documento con cui era stata predisposta l’assegnazione dei locali della Capitan Traina, ma anche l’atto deliberativo d’indirizzo predisposto dall’assessore Sparso che aveva sancito la priorità di alcuni nuclei familiari residenti nelle zone di risanamento via Bisignano, Villaggio Cep, Fondo Saccà I lotto Fondo Fucile I lotto funzionale e l’ex-Asilo Nido di Santa Lucia Sopra Contesse. (FONTE: Tempostretto.it)

Un altro paradosso è quello connesso ai rapporti Iacp-Comune, specie per ciò che concerne gli immobili realizzati con i fondi del Risanamento (L. 10/1990). Esiste infatti una convenzione (ma chi la conosce?) che regola e disciplina tali rapporti, e pare che di recente il Comune abbia mutato indirizzo in merito alla gestione delle botteghe degli immobili in questione, riconoscendo che la gestione delle stesse proprio in conseguenza della convenzione spettasse all’Istituto.

Insomma un costante conflitto di competenze che negli anni ha dato vita a un pasticciaccio burocratico tale che oggi risulta difficile trovare il bandolo della matassa perfino per gli addetti ai lavori.

Un pastrocchio che ha portato ad un immobilismo tale che la Regione più volte si è vista costretta a revocare i finanziamenti a causa della mancata presentazione dei progetti esecutivi. Nel frattempo si alimentano le guerre fra poveri, le baracche si ripopolano, gli alloggi non consegnati vengono occupati abusivamente e si accumulano ritardi su ritardi. E la gente continua a vivere nelle Favelas. Una continua emergenza sociale.

Da considerare poi l’eccessiva morosità, la mancata assegnazione di alcune botteghe, la mancata riscossione dei canoni di affitto, la mancata regolarizzazione dei contratti. L’assenza per molti immobili dei certificati di agibilità e abitabilità.

IL RUOLO DELL’IACP

La UIL ha più volte portato a conoscenza degli organi competenti la grave condizione gestionale in cui versa l’Istituto Autonomo Case Popolari di Messina. Una condizione di precarietà, quando non vera e propria illegalità, che ha di fatto compromesso l’iter del risanamento.
La verità, infatti, è che l’IACP di Messina non solo non è riuscito ad attuare il risanamento, ma non è riuscito nemmeno a reperire ed utilizzare altre risorse per la costruzione di case, a differenza di altri IACP, vedi lo IACP di Trapani attivo sul fronte dei contratti di quartiere, di progetti con fondi europei, progetti “Anziani anni 2000”.
Le centinaia di migliaia di consulenze annue conferite (600.000 euro in media) hanno prodotto null’altro che una morosità di oltre 25 milioni di euro per gli alloggi e diversi milioni di euro per le botteghe e ritardi inammissibili come nei casi delle incompiute di San Giovannello, Villafranca e Saponara.
Più che di cattiva gestione si dovrebbe parlare di non gestione. I bilanci non vengono chiusi nei termini di legge, vengono pagate cartelle esattoriali per tasse non pagate, i decreti ingiuntivi ammontano a svariati milioni di euro, impunemente non si pubblicano tutti gli atti all’albo pretorio on-line dell’Ente, come previsto dalla vigente normativa, legge 69/2009.
Ma le responsabilità di chi sono? I politici di tutte le sigle si sono avvicendati alla guida dell’Ente ma cambiando l’ordine dei fattori, a parte i proclami apparsi negli anni sulla stampa, il risultato non cambia.

Proposte
La lentezza dello sbaraccamento, le graduatorie, le emergenze sono le caratteristiche del Risanamento. Un meccanismo mal oleato che negli anni ha prodotto risultati stridenti e numerose derive.
Un percorso avviato fra mille speranze e arenatosi nelle pastoie burocratiche di una città incapace di governarsi e di ricomporre i gli strappi esistenti nel proprio tessuto sociale, diviso tra il desiderio di una vita dignitosa e la meno dignitosa “cultura della baracca” e dell’assistenzialismo, madre delle occupazioni e dell’abusivismo.
Ecco perché la prima proposta riguarda la contestualità degli interventi. La consegna degli alloggi ai legittimi assegnatari e la distruzione delle baracche deve avvenire in maniera quasi simultanea, grazie ad una sinergia tra istituzioni finora mai raggiunta. Solo con il pugno di ferro, infatti, si potrà porre argine alla piaga delle occupazioni, dietro alla quale esiste sempre una logica. Le occupazioni non avvengono mai in maniera casuale. Chi occupa sa bene che non si può usare la forza contro le donne in gravidanza e i bambini piccoli. Conosce la legge e sa che ci vuole un pronunciamento del giudice per agire.
E’ necessario poi porre fine in modo netto alla sovrapposizione dei ruoli tra Comune e Iacp, regolamentando analiticamente le rispettive competenze. Bisogna effettuare un’azione politica forte sul Governo Regionale affinché si comprenda anche a livello istituzionale che il Risanamento rappresenta per Messina una priorità e non può essere gestito con la leggerezza con cui è stato finora affrontato.
Bisogna istituire una cabina di regia unica per evitare la frammentazione delle competenze e attuare con determinazione le modifiche apportate alla legge 10 nel 2002. Modifiche che assegnano al Sindaco poteri sostitutivi nei confronti degli enti inadempienti.
La sola via percorribile per accelerare le procedure di risanamento diviene oggi, infatti, alla luce dell’esaurimento dei fondi, quella di coinvolgere i privati, il che non solo porterebbe ad un più rapido sbaraccamento della città, ma potrebbe portare ad un freno nell’assalto alla cementificazione delle colline. Un beneficio collaterale per una città già duramente provata dai problemi del dissesto idrogeologico.
In quest’ottica la riforma degli IACP, che deve muoversi in ambito strettamente pubblicistico (le esperienze di gestione privatizzata di beni pubblici hanno comportato negli anni solo ulteriori sprechi di risorse pubbliche, mentre le buone pratiche in materia di edilizia residenziale pubblica, vedi Regione Piemonte, dimostrano che gestioni efficaci possono realizzarsi anche in ambito pubblico) diventa improcrastinabile, anche alla luce della Legge Regione Sicilia del 14 dicembre 2011 sul Social Housing che offre la possibilità di recuperare e riqualificare aree degradate e di realizzare nuove costruzioni., i cosiddetti alloggi low cost che stanno a metà strada tra le case popolari e quelle offerte dal libero mercato per chi pur disponendo di redditi superiori a quelli che danno diritto all’assegnazione di edilizia residenziale pubblica, non ha la possibilità di acquistare o affittare una casa a prezzi di mercato Una opportunità straordinaria per la maggioranza della popolazione siciliana: famiglie monoreddito, pendolari, studenti fuori sede, immigrati.
A tal proposito la Cdp Investimenti Sgr (società di gestione del risparmio controllata dalla Cassa depositi e prestiti) ha deciso di estendere i propri investimenti in Sicilia, per cui sarebbero disponibili 80 milioni di euro per realizzare 500-600 alloggi. “Si tratta – ha spiegato la Cdp Investimenti Sgr – di una compartecipazione fino al 40% dell’investimento previsto dal progetto selezionato, non un prestito o un finanziamento a fondo perduto”. I soldi verranno poi restituiti con affitti e vendite a prezzi calmierati.
Costruttori di Palermo, Messina e Catania si sarebbero già fatti avanti. Ma per ottenere i capitali (raccolti su base partecipativa da banche, assicurazioni e casse di previdenza) soggetti privati o enti pubblici devono presentare progetti definitivi di edilizia sociale, che saranno poi valutati da una commissione.
La Regione metta in condizione di operare le Amministrazioni della nostra Provincia e dia nuovo impulso alle politiche abitative con la riforma degli IACP e gestioni trasparenti.
Lo IACP di Messina non può trovarsi impreparato. E neanche i Comuni.
Urge da subito ed è indifferibile una concreta riorganizzazione e riforma dell’apparato gestionale interno improntato a principi meritocratici, una seria formazione delle risorse umane mirata all’intercettazione di fondi, ormai indifferibile se si vuole che Messina non giunga impreparata all’appuntamento imperdibile fornito dalle nuove opportunità offerte dalla riforma.
Il futuro è qui ed ora. Domani potrebbe essere troppo tardi.