La politica, Forza Italia, Lega & Sicilia

Preg.ma/mo Direttore, sottopongo alla cortese attenzione della redazione la seguente riflessione per chiedere ospitalità e pubblicazione. La nota prende spunto dal polemico dibattito tra Lega e Forza Italia in Sicilia.

Emilio Fragale 

 

 

… invece commentiamo.

A differenza del coordinatore provinciale e del responsabile enti locali della Lega, ritengo che quanto espresso dall’on. Miccichè, presidente dell’Ars e coordinatore regionale di Forza Italia, sia oltremodo commentabile. 

Non mi addentro sulle questioni di stile. Chi come me preferisce la sobrietà accetta il rischio di non essere letto, ascoltato, seguito. I like da anni si strappano (come gli applausi e i voti) da chi sta sopra le righe e oltre il perimetro del politicamente corretto. Vale a tutti i livelli e a tutte le latitudini. Troppi tonnacchioli nel mare dei like. 

Piuttosto, entro nel merito.

La Lega, per definizione Lega Nord, non può caratterizzarsi come partito nazionale identificandosi con “Noi con Salvini”. 

Commette errore di prospettiva chi immagina di tratteggiare il profilo leghista interpretando il dato elettorale esteso – diffusamente – a tutta la penisola.

Questo si è bizzarro e buzzurro.

Piaccia o non piaccia ma la resistenza offerta da Forza Italia in Sicilia, al netto della capacità di penetrazione del tessuto elettorale di riferimenti impropri (discutibilità e improprietà non estranea ad alcun realtà di partito o movimento che dir si voglia) si traduce nella capacità socialista, popolare e liberale di difendere una identità (talvolta oltre il difendibile). Questa l’unica spiegazione del risultato superiore alla media. All’on. Miccichè – tra calore e colore – tutto, in ogni caso, può essere rimproverato fuorché istinti pateticamente demagogici. 

L’apertura di prospettiva di un impegno sulle ragioni della autonomia, dell’indipendenza, del federalismo è di straordinario fascino. Avevamo bisogno di attendere la Lega?

Il Regno delle Due Sicilie, pur con tutte le sue contraddizioni, non avrebbe alcunché da invidiare non solo rispetto alle rivendicazioni padane (prima maniera?) ma neppure rispetto alle estreme tentazioni secessioniste catalane.

Il nostro Statuto, lo Statuto della Sicilia, lo Statuto del Parlamento più antico d’Europa è stato tradito da insipienza, inettitudine, disonestà.

È successo che le differenze tra aree del Paese e regioni d’Europa che generano doglianze di base talmente diverse hanno fatto  apparire quelle (ricche?) del nord come consapevolezza e quelle (povere?) del sud come questua.

Le cose, tuttavia, sarebbero state (e potrebbero essere differenti) se vi fosse una classe dirigente all’altezza delle sfide – come più volte affermato – che non solo i corridoi comunitari suggeriscono  ma anche i crocevia del mediterraneo, del nord Africa, del medio oriente impongono.

Lo snodo è rappresentato dagli investimenti su logistica e infrastrutture. 

Per esempio, pur non essendo convinto assertore del Ponte, avverto la delicatezza del tema dinnanzi a strumentale diffidenza in ordine agli investimenti da Noi … senza cedere all’”a noi!” del saluto nazionalpopulista e antidemocratico.

Questo vale per la magnifica piattaforma di storia, cultura e natura della nostra isola e a maggior ragione per la città dello Stretto che politicamente e strategicamente è la più interessante anche se – purtroppo – la meno effervescente.

Ora … la chiusura della Tonnara di Favignana ci fa temere o no un paradigma?

Non temu a ‘mmoffa ma l’abitudini della soffocata vexata questio meridionale.

Altro che sovranismo.

C’è poco da sorridere. 

Fieramente, orgogliosamente terrone.