In tour la Mostra su Palma terra del Gattopardo

Dopo la conclusione, il 29 maggio, partirà dal Palazzo ducale per andare in giro per l’Italia a narrare di questa città emblema del Meridione. Negli interventi dello storico Vittorio, del cineasta Barone e del giornalista Bellia, la nascita del centro per volontà dei Tomasi, la scusa della mafia per non far girare Visconti a Palma, il debito con Fava per il film di Schroeter e il futuro del territorio. Poi la mostra immersiva e il Gran ballo 

 

“La vicenda di Palma di Montechiaro narrata in questa grandiosa mostra immersiva, tra pagine terribili e meravigliose, è un emblema del Meridione: gli eredi di chi la popolò furono condannati all’emigrazione da miseria e degrado, ma oggi la città sta riconquistando la dignità delle origini e soprattutto la memoria”.

Lo ha detto il sindaco Stefano Castellino annunciando, durante l’inaugurazione nel Palazzo Ducale, l’intenzione di far girare per l’Italia la Mostra sulla città del Gattopardo, che, nata da un’idea di Ciro Militti e per la regia di Alfredo Martines, è stata organizzata dal Circolo Leontinoi e si concluderà il 29 maggio.

Ieri, prima del Gran ballo del Gattopardo con l’associazione culturale Danzando l’Ottocento, i visitatori hanno potuto, attraverso grandi schermi, ammirare il film tratto da Luchino Visconti dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, le sequenze girate a Palma di Palermo o Wolfsburg, documentari e pagine di giornale sugli anni dell’inferno, e foto della recentissima rigenerazione urbana: quasi la metà delle opere, finanziate con 70 milioni di euro sono già state realizzate, cambiando il volto alla città.

La giornata era stata aperta, nella piazza Giulio Tomasi, da un incontro, moderato dal giornalista Lucio Di Mauro, in cui lo storico catanese Tino Vittorio aveva ricordato come la prima pietra di Palma, una delle 73 città della colonizzazione feudale interna lanciata da Filippo il grande, fosse stata posta il tre maggio del 1637 dopo che, in gennaio, era stata concessa la licentia populandi: in 15 anni il numero dei coloni, giunti dal Nisseno e dal Ragusano, crebbe vorticosamente.

“L’esigenza politica dei Tomasi – ha spiegato Vittorio – era quella di mutare un feudo ignobile, ossia spopolato, in uno nobile, consentendo così al feudatario di entrare nei Bracci della struttura di comando vicereale palermitana. Successivamente, il desiderio di legittimità politica porterà anche a enormi investimenti nell’edilizia religiosa da parte della famiglia, che nel frattempo aveva mutato il leone aragonese del blasone con un gattopardo. Come e quando quel leone rampante, descritto nel primo dei tre volumi, del 1647, del Teatro Genologico di Filadelfo Mugnos, sia diventato gattopardo incuriosisce assai, ma gli araldisti non la sanno spiegare”.

Vittorio ha concluso parlando della Torre per l’avvistamento dei pirati barbareschi fatta erigere dai Tomasi e da cui “oggi non ci sono da avvistare pirati, ma occasioni: mare, trasporti e turismo”.

E proprio guardando il mare dal Castello Montechiaro, ha raccontato Filippo Bellia, decano dei giornalisti di Palma, Giuseppe Fava esclamò di non aver mai visto panorama più bello. Fava aveva dedicato a Palma una delle puntate più incisive del suo Processo alla Sicilia: il grande titolo della pagina, uscita il 31 luglio del 1966 sul quotidiano La Sicilia era La Vergogna. Il sommario elencava alcuni dei protagonisti del racconto del grande inviato: I cani, le mosche, gli uomini. Gli altri erano – ha ricordato Bellia narrando anche del Convegno internazionale sulle condizioni di vita e di salute nelle aree depresse della Sicilia occidentale svoltosi a Palma nel 1960 – “l’emigrazione, la mortalità infantile, le fogne a cielo aperto, il tifo, il tracoma”. E delle condizioni del paese trent’anni fa ha parlato anche e Letizia Pace dell’Istituzione Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Bellia ha inoltre rivelato come “Visconti avrebbe voluto girare Il Gattopardo a Palma, ma la Titanus, comprendendo che, visto che in paese non esisteva nemmeno una locanda, avrebbe dovuto investire un mucchio di denaro, sparse la voce che la mafia si opponeva”.

Del Gattopardo cinematografico ha parlato diffusamente lo storico del Cinema Sergio Barone, affermando: “uno dei luoghi comuni più duri a morire quando ci si pone davanti a un film tratto da un libro, specie quando il testo letterario è un capolavoro, è quello di ritenere che una pellicola non possa mai competere con lo scritto che lo origina”.

“Naturalmente – ha spiegato Barone – la considerazione parte da un approccio errato, perché si mettono a confronto due linguaggi del tutto diversi. Il caso del Gattopardo di Visconti diventa, in tal senso, esempio di scuola. Un libro e un film con evidenti differenze stilistiche ma che raggiungono, ognuno nei suoi ambiti, vette altissime”.

Purtroppo, come detto, Visconti non girò a Palma, anche se, nel 1979, come ha ricordato Bellia che contribuì all’organizzazione, la città dei Tomasi sarebbe diventata set di una importante pellicola grazie a Giuseppe Fava. Il giornalista fu infatti sceneggiatore di Palermo o Wolfsburg tratto dal suo romanzo La passione di Michele e diretto da Werner Schroeter. Il quale, con il film, vinse l’Orso d’oro a Berlino.