LE ATTIVITÀ CRIMINALI & LA LOTTA ALLA MAFIA

L’attenzione rivolta dalla criminalità organizzata verso l’agricoltura diventa ogni giorno sempre più pressante, essendo questo settore un terreno fertile dove si può sviluppare un business di dimensioni rilevanti. Secondo la Direzione Investigativa di Roma, su un totale di 47,5 miliardi di fatturato l’anno, 7 miliardi appartengono all’illecito. La ragione di tale particolare interesse e attenzione può essere ricercata nel fatto che questo importante segmento produttivo provvede in maniera diretta al fabbisogno primario di milioni di persone, per garantire loro la sopravvivenza, specie in momenti di crisi. Inoltre attraverso l’esercizio del potere mafioso sulle campagne è possibile esercitare un controllo capillare sul territorio, da utilizzare anche come punto di partenza per ulteriori sviluppi imprenditoriali. Le organizzazioni criminali, dunque, non operano più solamente nel settore dell’illecito in quanto tale (droga, prostituzione, gioco
d’azzardo) ma cercano sempre più di controllare nella sua interezza il settore agro-alimentare, in tutta la sua filiera, dai campi agli scaffali. E ciò avviene attraverso l’accaparramento dei terreni agricoli, l’intermediazione dei prodotti, il trasporto e lo stoccaggio fino all’acquisto e all’investimento nei centri commerciali. Tutti i passaggi utili alla creazione del valore vengono quindi intercettati e colonizzati. Le organizzazioni criminali impongono, con maggior vigore in
determinate zone territoriali, i prezzi d’acquisto agli agricoltori, controllano la manovalanza degli immigrati con il caporalato, decidono i costi logistici e di transazione economica, utilizzano proprie ditte di trasporto (sulle quali spesso vengono anche occultate droga e armi), possiedono società di facchinaggio per il carico e lo scarico delle merci. Inoltre, negli ultimi anni, si può dire che esse arrivano fino alla tavola degli italiani, grazie all’ingresso diretto nella Grande
distribuzione organizzata (Gdo) con supermercati e insegne proprie. Naturalmente questa presenza si ripercuote sul mercato, distruggendo la concorrenza e instaurando situazioni di monopolio od oligopolio. Il costo criminale per gli agricoltori e i consumatori. Della gravità della pesante presenza della criminalità in questo settore produttivo sono del resto consapevoli l’Autorità giudiziaria e le Forze dell’ordine, tanto che già dal 2003 è stato istituito, nell’ambito della Direzione Nazionale Antimafia, uno specifico servizio per combattere l’allarmante fenomeno. La presenza della criminalità organizzata nei vari passaggi delle merci dal produttore al consumatore è una delle principali cause della lievitazione dei prezzi e delle speculazioni varie. Se i coltivatori producono a cifre molto contenute, il condizionamento illecito delle fasi successive che precedono la vendita determina un improprio aumento dei costi, con specifico riferimento al settore della logistica e dei trasporti. Un’indagine dell’Antitrust ha evidenziato che i prezzi per l’ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo ma i ricarichi variano del 77% nel caso di filiera cortissima (acquisto diretto dal produttore da parte del distributore al dettaglio), del 103% nel caso di un intermediario, del 290% nel caso di due intermediari, fino al 294% per la filiera lunga (presenza di 3 o 4 intermediari tra produttore e distributore finale). La moltiplicazione delle intermediazioni, l’imposizione di servizi di trasporto e logistica, il monopolio negli acquisti dai produttori agricoli provocano non solo l’effetto di un crollo dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli, che in molti casi non arrivano a coprire i costi di produzione, ma anche un ricarico anomalo dei prezzi al consumo che raggiungono livelli tali da determinare un contenimento degli acquisti. Il “cartello” mafioso al mercato ortofrutticolo di Fondi. Le mafie in agricoltura – a differenza di altri comparti – spesso non sono in concorrenza tra di loro, ma si spartiscono equamente i proventi illeciti, mettendo da parte le guerre tra clan e utilizzando la diplomazia. In sostanza, fanno “cartello” determinando un’alterazione del mercato tale da causare una sorta di monopolio all’insaputa di migliaia di persone coinvolte, a partire dai produttori, sottraendo risorse a chi lavora. Una presenza pervasiva e strutturata, che poco ha a che vedere con l’estorsione o il condizionamento, ed è più simile al radicamento nella gestione diretta della filiera tramite società di comodo. Il caso di “cartello” tra mafie più clamoroso e inquietante è stato quello scoperto dalle Forze dell’ordine che riguardava il mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più grandi e importanti d’Italia. Secondo quanto emerso dalle indagini della Procura della Repubblica di Napoli, il Sud pontino – e Fondi in particolare – rappresentano un punto di convergenza degli interessi di mafia e camorra, alleate nel controllo dei trasporti a servizio del settore ortofrutticolo in tutto il Centro-Sud Italia e per alcune tratte verso le regioni settentrionali. In pratica, i vertici del clan dei Casalesi e dei Mallardo, alleati con le famiglie mafiose siciliane dei Santapaola-Ercolano, imponevano innanzitutto il monopolio dei trasporti, con la conseguente lievitazione dei prezzi: gli Sfraga garantivano il monopolio del trasporto verso Fondi e altri mercati meridionali, i Casalesi offrivano in cambio alla mafia sbocchi sui mercati laziali e campani per prodotti di ortofrutta di aziende di fiducia di Cosa Nostra. Il fine ultimo del patto di ferro tra Mafia e Camorra era quello di conquistare il controllo delle tratte dei camion da e per i mercati siciliani verso quelli campani e verso lo strategico mercato di Fondi-Latina. Le maggiori famiglie camorristiche e mafiose avevano creato una sorta di «federalismo mafioso», come lo ha definito lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia. I clan decidevano i prezzi attraverso una vera e propria "filiera dell’illecito". Alcuni collaboratori hanno riferito anche di altre modalità di controllo e imposizione del proprio volere sul mercato ortofrutticolo, a discapito dei produttori onesti, tramite accordi tra “famiglie” per consentire, dietro pagamento di una percentuale sugli introiti, la realizzazione di meccanismi truffaldini. In sostanza, dopo la creazione di ditte fantasma con l’uso di prestanome, venivano fatti
ingentissimi acquisti di prodotti ortofrutticoli con assegni postdatati, dapprima regolari e successivamente scoperti. Questo consentiva agli acquirenti truffatori, che operavano con l’avallo dei controllori di un MOF, di vendere a prezzi stracciati nei propri mercati i prodotti così ottenuti, realizzando cospicui guadagni su merci non pagate e, nello stesso tempo, mettendo fuori mercato i prezzi dei produttori onesti. Si pensi che un carico di fragole, a esempio, partiva dalla Sicilia e arrivava fino al mercato ortofrutticolo di Fondi per essere impacchettato, attraversando mezza Italia per poi tornare indietro ed essere nuovamente inviato a Milano. Questi giri portavano a maggiorazioni sull’ortofrutta fino al 200%, a evidente discapito dei coltivatori e dei consumatori finali. Il ruolo delle Forze dell’Ordine e i risultati ottenuti. La sicurezza agroalimentare e agroambientale è oggetto di tutela da parte dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e del Corpo forestale dello Stato che, sulla base di competenze e ruoli
differenti, esercitano la loro funzione di controllo e di garanzia per la tutela della salute dei cittadini. Il Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute, attraverso il lavoro dei nuclei dei NAS sul territorio nazionale, nel 2011 ha eseguito complessivamente 38.696 ispezioni (+12% rispetto al 2010), accertando 22.206 infrazioni (con un aumento dell’8%), di cui 19.093 di valenza amministrativa e 3.113 penale. La percentuale dei controlli con esito irregolare si è attestata intorno al 35/38% sul totale degli obiettivi controllati. Dal punto di vista della tipologia dei reati emerge che le infrazioni più ricorrenti in ambito penale riscontrate dai Carabinieri sono state le frodi in commercio (21% delle violazioni contestate) e la detenzione o somministrazione di alimenti in cattivo stato di conservazione (36% delle violazioni); dal punto di vista prettamente amministrativo, invece, le carenze igienico-strutturali hanno riguardato il 54% degli illeciti e l’irregolare etichettatura il 6%. Le misure restrittive nell’ambito della sicurezza alimentare, tra il 2010 e il 2011, sono state 63 tra arresti in flagranza di reato e ordinanze cautelari emessi dalla Magistratura su indagini condotte dai NAS; in particolare, 58 ordinanze sono state eseguite contestando anche il reato associativo. Dall’attività di contrasto alle sofisticazioni alimentari del Comando dei Carabinieri, realizzata attraverso ispezioni igienico-sanitarie nei settori alimentare, sanitario, farmaceutico, emerge che nel 2011 si sono registrati 11.790 reati complessivi, in calo
rispetto ai 14.658 del 2010 (-19,5%). I primi dieci mesi del 2012 hanno visto una più contenuta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2011 (-6,1%). La tipologia di reati nettamente più frequente in questo ambito nel nostro Paese è rappresentata dall’introduzione in Italia e dal commercio di prodotti con indicazioni false. I casi registrati sono stati ben 6.527 nel 2011, una cifra preoccupante nonostante il calo del 20,8% rispetto all’anno precedente. Nel 2012 (periodo
gennaio-ottobre) la flessione del numero dei reati si è fermata a un più contenuto -2,4%. Seguono per frequenza le altre violazioni contro la salute pubblica nel settore alimentare (1.303 nel 2011), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (1.173) e la contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali (1.120). Si segnalano poi le frodi nell’esercizio del commercio: consegna di un bene diverso da quello pattuito (975), il commercio di sostanze alimentari nocive (201), la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (110). Per la maggior parte dei reati di questa natura si osserva un calo nel corso del biennio 2010-2012. La flessione è rilevante nel caso della vendita di prodotti industriali con segni mendaci (-27,8% nel 2011, -9,2% nel 2012), della contraffazione,
alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali (-24,4% e -13,8%), dell’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (-20,8% e -2,4%), delle altre violazioni contro la salute pubblica nel settore alimentare (-12,9% e -14,8%), del commercio di sostanze alimentari nocive (-22,6% e -40,2%). È invece aumentato il numero dei reati di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale. In
linea con i reati, il numero delle persone denunciate/arrestate è stato complessivamente di 12.818 nel 2011, in diminuzione rispetto alle 14.416 del 2010 (-11%). Il calo è confermato anche nel 2012 (gennaio-ottobre): 9.819 contro le 10.565 dello stesso periodo del 2011 (-7%). Anche nel caso delle denunce e degli arresti la parte più consistente è riconducibile all’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (6.562 nel 2011). Seguono per numero di denunciati/arrestati le altre violazioni contro la salute pubblica nel settore alimentare (1.503), le frodi nell’esercizio del commercio: consegna di un bene diverso da quello pattuito (1.412), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (1.220) e la contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali (1.091). Tra il
2010 ed il 2012 si registra una flessione importante del numero delle persone denunciate/arrestate per l’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (-13,9% nel 2011, -11,4% nel 2012) e per la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (-22,7% e -8%). Dal 2010 al 2011 si è assistito a un’impennata dei denunciati/arrestati
per fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale e di quelli per contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, a cui è seguita però una flessione nel 2012. Prendendo in esame i dati regionali relativi a questa tipologia di reati, emerge il primato negativo del Lazio e della Campania. Nel Lazio i reati sono stati complessivamente 2.091 nel 2011 (contro i 2.655 del 2010), con la prevalenza dell’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi, seguita da contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali, vendita di prodotti industriali con segni mendaci e frodi nell’esercizio del commercio, ovvero consegna di un bene diverso da quello pattuito. In Campania, a fronte di 1.947 reati (2.599 nel 2010), le fattispecie criminali più frequenti sono state l’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi e la vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Al terzo posto, per numero di reati, troviamo la Lombardia (1.139), al quarto la Puglia (1.101), al quinto la Sicilia (873). La presenza minore di reati si riscontra in Valle d’Aosta (18), Basilicata (43), Molise (60), Umbria (80) e Trentino Alto Adige (82). In tutte le regioni si registra una diminuzione del numero dei reati dal 2010 al 2011, con l’eccezione dell’Abruzzo (da 160 a 182) e dell’Umbria (da 63 a
80). L’insieme dei dati forniti dal Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute mette in evidenza un generale calo nel 2011 e nel 2012 dei reati relativi alle sofisticazioni alimentari. Tale tendenza può essere letta, almeno in parte, come conseguenza di un’azione repressiva efficace messa in atto dalle Forze dell’ordine, nonostante la sostanziale indifferenza delle Istituzioni rispetto al problema. Occorre però non trascurare il fatto che i crimini nel settore delle truffe
alimentari sono sempre più sofisticati, difficili da individuare e perseguire, e sfruttano le falle normative e quelle della regolamentazione europea, nonché la sostanziale depenalizzazione in atto dei reati ambientali. Nel settore delle frodi sanitarie e commerciali (prodotti contraffatti, sofisticati, adulterati e potenzialmente dannosi per la salute) la Guardia di Finanza nel 2012 ha sequestrato beni per un totale di 10.649.040 Kg. Nel dettaglio, il 74% dei sequestri è costituito da olio di oliva (8.195.709 Kg) e il 19% da prodotti alimentari (2.133.015,00 Kg), vino e spumanti per il 4% e varie 3%. Prendendo in considerazione le bevande alcoliche e analcoliche nel 2012 sono state sequestrate merci dalla Guardia di Finanza per un totale di 469.187 litri, cui vini e spumanti sono il 96%. Un settore altresì di rilievo è quello delle frodi in materia di sicurezza dei prodotti agroalimentari che comprende tutte quelle merci che presentano
false etichettature, non tracciati o di dubbia composizione. Nel 2012 la Guardia di Finanza ha riscontrato 32 violazioni, metà delle quali di natura amministrativa, con la conseguente verbalizzazione di 71 soggetti. Volendo osservare il fenomeno dal punto di vista territoriale, i soggetti verbalizzati appartengono in numero maggiore alla regione Campania (32), seguiti da quelli del Piemonte (11), Veneto e Sicilia (7), Emilia Romagna e Puglia (2), Toscana e Calabria
(2), e Trentino Alto Adige (1). Tra i prodotti sequestrati si assiste a una prevalenza degli alimentari/altri prodotti con un valore di 1.724.511 Kg determinato da un consistente sequestro preventivo di semi di soia eseguito dalla Compagnia di Ravenna presso gli spazi doganali del porto, seguono i formaggi e latticini con 503 Kg e dai salumi con 419 Kg. Un altro settore che ha richiesto particolare impegno da parte della Guardia di Finanza è quello relativo alla tutela della Politica agricola comune (PAC), proprio perché il contributo economico viene erogato sulla base della quantità del prodotto realizzato e trasformato. È così che le più frequenti metodologie di frode riguardano chiaramente l’artificioso sovradimensionamento delle domande di aiuto, attraverso la falsa dichiarazione di coltivazioni particolari in aree geografiche non compatibili, superfici seminate di dimensioni superiori a quelle esistenti oppure documentando un numero maggiore di piante rispetto a quelle reali. L’intento è sfruttare le opportunità di finanziamento dell’Unione europea che ogni anno si impegna a investire sul settore agroalimentare. La Guardia di Finanza nel 2012 ha destinato in tale settore consistenti risorse umane per il controllo del settore “Frodi comunitarie-Aiuti all’agricoltura”, registrando
alti tassi di finanziamenti indebitamente percepiti e di quelli richiesti e bloccati. Dal punto di vista geografico, il Friuli Venezia Giulia, l’Abruzzo, e la Sicilia sono le regioni che hanno registrato una prevalenza di fenomeni fraudolenti riguardante l’indebita percezione e richiesta di contributi nel settore agricolo (quasi il 65% di richieste indebite sul totale di quelle accertate dal Corpo). In questo settore la Guardia di Finanza ha condotto nel 2012 complessivamente 895 interventi di controllo che hanno portato alla denuncia di 298 soggetti, di cui 6 arresti. Infine, l’attività di sicurezza agroalimentare e agroambientale del Corpo forestale dello Stato nell’anno 2012 ha
registrato un aumento rispetto al 2011 in merito al numero degli illeciti amministrativi, all’importo notificato e al numero dei controlli effettuali: 105 reati accertati (4,5% in meno rispetto al 2011); 154 persone segnalate all’Autorità giudiziaria (-17,6%); 1.180 illeciti amministrativi (+16,7%); 2.943.568 euro di importo notificato (+9,3%) e 6.401 controlli effettuati (+3,7%). Prendendo in considerazione il periodo compreso tra il 2009 e il 2012 il Corpo forestale dello Stato ha
realizzato importanti interventi che hanno portato a: 525 persone segnalate all’Autorità giudiziaria, 3.322 sanzioni amministrative, 8.270.173 euro di importo sanzionatorio notificato e 22.051 ispezioni. Le filiere dove si è operato con maggiore continuità d’intervento sono quelle concernenti il contrasto alle contraffazioni dei prodotti agroalimentari di origine e a indicazione geografica protetta (DOP, IGP, STG e bio); nel settore vitivinicolo, in quello oleario ed infine in
quello lattiero-caseario. Inoltre, i militari dello SCICO, utilizzando anche gli innovativi sistemi informatici di cui dispone, hanno vagliato gli identificativi catastali di oltre 6.500 particelle sottoposte, a partire dal 1992 e fino al 2010, a definitiva confisca antimafia. Per ognuno di questi terreni sono stati incrociati i dati ricavabili dalle diverse banche dati in uso al Corpo, che hanno permesso di individuare tutte le particelle per le quali, in data successiva a quella di definitiva confisca, erano stati richiesti all’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea) contributi comunitari destinati a favorire la conduzione di attività agricole, identificando così il responsabile che proprio su quei terreni aveva richiesto gli aiuti non spettanti. Le statistiche per l’anno 2012 dell’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati a seguito di attività svolte
dalla Magistratura e dalle Forze di polizia evidenziano che su 1.674 aziende definitivamente confiscate, 89 (il 5,3% circa) operano nei settori “Agricoltura, caccia e silvicoltura” e 15 (l’1% circa) nei settori “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, mentre sui 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, oltre il 23% (2.919) sono rappresentati da terreni agricoli. Osservando la distribuzione regionale delle aziende definitivamente confiscate emerge il netto
primato della Sicilia (45 imprese), seguita dalla Calabria (25) e dalla Campania (24). La stessa classifica si ripropone quando si prendono in considerazione i territori definitivamente confiscati alle mafie nel 2012: ben 1.440 in Sicilia, 502 in Calabria e 430 in Campania. Invece, prendendo in considerazione il numero delle macchine agricole definitivamente confiscate, è la Campania a registrare il valore più alto con ben 86 dispositivi. Con valori più bassi seguono la Lombardia dove sono state confiscate 10 macchine agricole, le Marche e la Sicilia (entrambe con 2 macchinari sequestrati), per un totale complessivo di 100 macchine agricole confiscate.