Mani Pulite, Colombo: Non è cambiato nulla

"Tra tutti i magistrati ‘che fecero l’impresa’, l’ex giudice Gherardo Colombo è forse quello che più di altri ha sentito sulla propria pelle l’insostenibile leggerezza dell’effetto di Mani Pulite sulla società. L’esperienza è ben raccontata nel libro appena uscito ‘Farla franca’ (Longanesi). Dopo un ultimo incarico come giudice di Cassazione (‘dove si devono affrontare 40 cause per volta’), Colombo ha riposto in un armadio la toga usata per 33 anni. E’ diventato presidente della Garzanti e si dedica a un lavoro quotidiano nelle scuole o nelle parrocchie per parlare di regole". L’intervista de LA STAMPA. "’Ho impegni fino a metà del 2013 e richieste per quasi 1.200 incontri’. Un lavoro fatto di treni e aerei da cui scendere e salire per raggiungere anche luoghi sperduti dove spiegare la Costituzione e confrontarsi con la fame di valori e idee che travalica le perenni emergenze quotidiane del Paese. Anche per Colombo dunque, Mani Pulite è stata un’occasione persa? Una rivoluzione mancata? ‘Non si può paragonare un’indagine penale a una rivoluzione. La funzione di un procedimento penale e’ stabilire se un reato e’ stato commesso e chi lo ha commesso. Certo aver fatto emergere un sistema di corruzione cosi’ articolato poteva rappresentare lo spunto perche’ in altre sedi si cercasse di sradicare questo sistema. Invece non e’ stato fatto per niente. Tanto che oggi ci ritroviamo con gli stessi problemi. In questo senso Mani Pulite e’ stata un’occasione mancata’. Per quale motivo? ‘Perche’ credo che quando non veniva approvata, la corruzione era comunque tollerata, salvo eccezioni rare. E’ una questione di atteggiamento culturale che non riguarda solo la corruzione ma le regole piu’ in generale, da quelle piu’ semplici e di minor impatto, come il divieto di sosta, fino a quelle piu’ rilevanti. E’ un atteggiamento generale secondo il quale le regole sono una specie variabile che quando infastidiscono si possono tranquillamente trasgredire.
Da noi il termine responsabilita’ esprime qualcosa di completamente inesistente’. Il famoso Dna degli italiani?
‘Non e’ una questione genetica ma di scarsa maturita’ dipendente da una serie di elementi, tra i quali il fatto di essere una nazione ancora giovane, dominata per lunghissimi periodi da stranieri, che non ha sentito il vento della riforma luterana ed e’ propensa a far confusione sul concetto di perdono teso sempre a cio’ che si fara’, non a cio’ che si e’ fatto’. Ripartiamo da una sua vecchia intervista che fece scalpore: la societa’ del ricatto. ‘Il ragionamento sulle mancate scoperte nel campo della corruzione e’ semplice: finche’ non emerge tutto, chi ha commesso insieme ad altri fatti illeciti ha la possibilita’ di ricattare colui di cui sa. Allora non si e’ piu’ liberi ne’ autonomi. Si e’ condizionati’. E secondo lei ‘a che punto è la notte’?
‘Difficile da dire. Non sempre e’ necessario il ricatto, talvolta basta la semplice connivenza. Il mio pensiero era questo: se, come succede, non si cerca di eliminare la corruzione, e’ perche’ non lo si puo’ fare, perche’ non si e’ liberi di farlo. Oggi direi che non si fa perche’ non lo si vuole fare. Anche se non ho piu’ gli strumenti che avevo da magistrato per portare le prove, oggi la mia impressione e che la corruzione sia ancora ampiamente diffusa, mi pare che non sia cambiato molto rispetto ad allora’. E’ la nostra classe politica ad essere malata? ‘Non e’ questione di malattia ma di cultura, di modo di pensare. E le faccio presente che i politici sono eletti dai cittadini, non vengono da Marte’. Giuliano Ferrara ha sempre sostenuto che per fare politica devi essere ricattabile, ovvero affidabile per il ‘sistema’. ‘Io credo che in un sistema sociale come quello previsto dalla nostra Costituzione sia necessario esattamente il contrario. A prescindere da Ferrara, noi non siamo ancora arrivati a comprendere effettivamente il concetto di democrazia. L’affermazione costituzionale secondo la quale tutti i cittadini hanno pari dignita’ sociale e’ il presupposto essenziale perche’ si possa pensare che il governo debba appartenere al popolo. Voglio dire che il presupposto della democrazia e’ una valutazione positiva dell’essere umano e delle sue capacita’: la democrazia puo’ essere esercitata soltanto da esseri liberi e responsabili, non da persone ricattabili’. Per essersi occupato di Mani Pulite lei ha subito 5 procedimenti disciplinari. Berlusconi vi ha definiti ‘antropologicamente diversi’. Cosa hanno fatto i magistrati di questo Paese per meritarsi tanta ostilita’?
‘La mia interpretazione, che e’ evidentemente un’opinione, e’ che esistesse un modo di sentire molto diffuso secondo il quale non si puo’ andare a guardare in certi cassetti’. Lei oggi afferma di non credere piu’ all’ efficacia del carcere come funzione rieducativa. ‘E’ cosi’, oggi sono convintissimo che il carcere oltre a non essere in sintonia con il riconoscimento della dignita’ umana e’ anche assolutamente inadeguato a svolgere funzioni di tutela della sicurezza. Non ho mai pensato fosse una cosa bella mettere in prigione le persone. Pero’ quando ho cominciato la mia carriera di magistrato pensavo fosse necessario e indispensabile. Questa idea l’ho, progressivamente, radicalmente cambiata’. Ma se tornasse a fare il pm, come si comporterebbe? ‘Sara’ un caso che non faccio piu’ il magistrato?’"