Verso la ‘nuova’ economia e socialità, bellica e post-bellica. Il dopo sbornia

Prezzi energia alle stelle, ricadute su tutti i beni e servizi. Abitudini ed economie individuali e collettive rimesse in discussione. Governi e legislatori che annaspano. Consumatori e cittadini al centro di tutte le politiche.

Questo il quadro durante la guerra in corso, e per dopo quella che in qualche modo verrà chiamata fine.

Dopo l’euforia e il piacere della sbornia, i postumi dietro l’angolo.

Avete presente quei negozi dove si acquistano capi d’abbigliamento per pochi euro e che buona parte degli acquirenti frequentano con acquisti più o meno compulsivi, confortati dal fatto che quel vestito, visto quanto costa, può essere indossato anche solo una volta? Le etichette di questi vestiti sono la storia della loro produzione: Paesi del quarto mondo, lavoratori forse anche minorenni, quasi sempre senza diritti sindacali (come li concepiamo e li applichiamo in Occidente), orari e sicurezze di lavoro da fare impallidire Karl Marx e il suo “Il Capitale”… insomma tutto quello che “dalle nostre parti” ci fa pensare all’800 e i primi del 900. E noi che acquistiamo e usiamo questi vestiti siamo persone che riciclano i rifiuti, vanno in bicicletta, acquistano auto ad emissioni più o meno zero, mangiano biologico (alcuni sono anche vegani), hanno case implementate per il risparmio energetico, etc… Abbiamo scritto dei vestiti, ma facile fare il parallelo con elettronica da consumo, cibo, giocattoli, scarpe più o meno usa e getta e che non conoscono i calzolai, etc. Per il cibo, si pensi a quelle minestre pronte da scaldare nel microonde e che costano un euro o anche meno inclusa la plastica in cui sono contenute e che poi va riciclata (per i i virtuosi della differenziata…), e che costano almeno cinque volte meno se il cibo dovessimo farcelo in casa e contenerlo in una plastica o piatto che poi dovremmo riusare previo lavaggio.

 

Tornando allo “scandalo” del giorno, il gas russo o la benzina araba che paghiamo pochissimo come materia prima (ché anche in questi paesi vale il discorso della mano d’opera a basso costo rispetto a Occidente, etc) e che chi ci governa (soprattutto in Italia) si sente legittimato a caricare di fiscalità per cui in bolletta o alla pompa ci arrivano con costi più che raddoppiati.

 

Tutto questo oggi è in bilico con costi in crescita. Da una parte la guerra che mette a nudo la superficialità economica e politica di aver scelto fornitori di prodotti base ed indispensabili senza prestare attenzione a chi fossero (e cosa/come potessero poi utilizzare questi guadagni…. gli armamenti da scaricare sulle case ucraine…). Dall’altra Paesi cosiddetti poveri dove la popolazione è sempre meno povera (come in Cina, per esempio) ed ha esigenze che li porteranno a vendere un giocattolo o un componente elettronico no più ad 1 ma a 10; Paesi i cui proventi e il monopolio delle forniture verso l’Occidente vengono usati come arma politica ed economica…. E, dietro l’angolo ci si presenta una situazione come quella di oggi con la Russia.

Aspetti conosciuti, soprattutto il rapporto economico coi Paesi poveri, ma si faceva finta che non ci fossero. Aspetti che oggi, grazie alla guerra, ci vengono sbattuti in faccia e – consumatori da una parte, legislatori dall’altra – stentiamo a farcene ragione ed organizzare rimedi e modifiche di economia e politiche economiche.

A questo punto ci rimane da ricordare che dopo la sbornia, gli effetti sono sempre deleteri, ma ci sono sempre due modi per reagire; l’Alka-Seltzer e, fatto tesoro del danno, non ricascarci più.

Per consumatori e cittadini valga preavviso e lezione per le prossime ore (per quanto riguarda i consumi) e le le prossime scelte politiche (per quanto riguarda i cittadini).

François-Marie Arouet – Aduc