La mia (quasi) ostilità verso le facce di bronzo della politica

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

La cultura della buona politica nella Messina che si appresta a votare la nuova Amministrazione è roba da pionieri non solo per la natura del problema ovvero quello di dover fare la fare campagna elettorale senza promettere posti di lavoro, pena l’arresto,  ma anche perché controllo del consenso e consumo del potere appartengono a scale diverse di grandezza.

 

Per questo una media di cento o duecento persone nelle piazze cittadine è insoddisfacente nonostante quelle persone bastino a riempire due o tre locali più esclusivi della movida messinese. Dico ciò perché molti dei candidati a gestire la vita pubblica provengono da quel tipo di ambiente. D’altra parte serve a niente dire che la politica da bar, quella salottiera da una botta e via è brutta, volgare e manipola le coscienze. La “politica – movida” esiste, dimostra ogni giorno il suo potere, tanto vale che anche i professori e non solo le ballerine imparino a usarla per il suo verso.

Chi dovremmo votare il 10 giugno?

Facendo per comodità un caso estremo, a chi chiede se un sindaco normale esiste si può rispondere semplicemente sì o no. Le motivazioni di quel sì o no possono poi riempire innumerevoli volumi e un’intera amministrazione comunale – se basta. Nelle tante riunioni e commissioni di Palazzo Zanca si discute in genere del “dispositivo” della risposta, non della sua “motivazione”.

Detto che i localini della riviera non formano bravi politici, semmai Pr, procacciatori d’affari e veline il fronte universitario non è che brilli per modelli virtuosi. I professori sono abituati a un pubblico ristretto che non hanno bisogno d’affascinare: si battono i tacchi e guai a chi è fuori dal coro, pena la carriera: il codazzo è d’obbligo, la fedeltà necessaria.

Su questo terreno non ci sono distinzioni politiche: i professori democratici la pensano allo stesso modo dei professori di centrodestra. L’ostilità verso i battitori liberi, fatta a metà di sospetto e a metà d’invidia, taglia trasversalmente l’ambiente accademico.

Ecco perché diffido del candidato amico degli ultimi, sorridente nelle piazze e nei momenti topici della campagna elettorale se nella vita quotidiana, lontani dal voto, succede il contrario. Epperò non disperiamo: le facce di queste Amministrative sono bellissime. L’emozione del cronista che esce di casa per recarsi al comizio di questo o quel candidato è ineffabile e non varrebbe nemmeno rilevarla, in un breve editoriale come questo: tuttavia, non dare il ben tornato al campionato delle facce di bronzo sarebbe ingiusto.