IL PAPA DELLA SPERANZA NON PIACE AI FARISEI

di ANDREA FILLORAMO

Che Papa Francesco stia per concludere il suo difficile e osteggiato pontificato che è stato sicuramente rivoluzionario, ricco di speranze e di attese, nessuno lo può mettere in dubbio. Gli anni non sono passati per lui invano e pesano, come facilmente si può osservare, sulle sue spalle.

Che cosa nella Chiesa Cattolica avverrà dopo questo pontefice atipico, nessuno lo può sapere. Non lo sanno sia i cosiddetti “tradizionalisti” né lo sanno quelli che vogliono essere progressisti. Tutti sono in attesa che la Chiesa risorga da quelle che molti ritengono che siano le sue ceneri. A noi non resta altro che guardare quanto ormai sembra accertato.

E’, infatti, sotto gli occhi di tutti che da decenni la Chiesa Cattolica si trovi di fronte alla più profonda crisi dopo la Rivoluzione Francese. La sua rigidità e la sua impermeabilità al nuovo, il suo essere atono verso ciò che non può dominare, il suo guardare nostalgicamente indietro, al di là dei tentativi e gli sforzi che fa Papa Francesco per rinnovarla, la   condanna inesorabilmente all’incomprensione e alla fuoriuscita dalla storia. Tutto, pertanto, in essa pare ed è maledettamente bloccato o è in costante discesa: dalle vocazioni, al numero di fedeli, dei sacerdozi e dei praticanti, all’accostamento dei giovani ai sacramenti e alla frequenza.

La Chiesa – diciamo la verità- si trova chiusa da molti anni nelle sue verità rivolte a un mondo sempre più complesso e in veloce trasformazione, con immani problemi religiosi, sociali, politici, economici, ecologici, un mondo in cui tutto si pone sullo stesso piano storico, ma tutto è diverso nelle sue interpretazioni sociali, culturali e politiche.

In tale mondo non ha più possibilità di esistere una struttura come quella della Chiesa se impone la sua etica, i suoi paradigmi, le sue indiscusse dottrine, la sua non più riconosciuta infallibilità, i suoi riti spesso pregnanti di sentimentalismo e di devozionismo iconografico o anche superstiziosi,  le sue credenze favolistiche assurde e per molti ridicole di madonne che piangono sangue che appaiono e scompaiono.

Oggi è fondamentale e indispensabile, al di là dello spirito sinodale voluto dal Papa che ancora non sappiamo quale gradimento avrà e quali effetti produrrà, la dialettica tra diversi. E’ necessaria  una pacata ma vera discussione al suo interno sul sistema cattolico terribilmente incentrato sul clericalismo medioevale, che separa i preti dai laici, che impone vescovi non desiderati alla comunità ecclesiale, che discrimina le donne tramite il divieto del sacerdozio, che impedisce il matrimonio ai preti, che soggioga i propri teologi, che mantiene scuole teologiche che basano il loro insegnamento su dottrine dualistiche neoplatoniche, che  spinge fuori della Chiesa innumerevoli uomini, che impedisce l’effettiva intesa ecumenica da essa proclamata solo a parole.

Occorre uscire all’aperto, fuori del recinto rassicurante e protettivo delle opinioni consolidate e condivise. Il pensiero che si impone anche nella Chiesa è un mettere continuamente in discussione le proprie convinzioni in un gioco senza rete, in una partita rischiosa e senza trucchi. Pensare vuol dire anche e soprattutto per i cristiani che vogliono seguire l’insegnamento di Cristo, è essere liberi. E’ la libertà e l’assunzione di responsabilità che non dovrebbe far paura alla Chiesa.