Il Magistrato industriale e l’Ufficio per il Processo

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Grazie al nuovo Governo sta per realizzarsi l’atteso miracolo dell’industrializzazione del Meridione. Anche nelle aree più depresse di Sicilia, Calabria e Molise nasceranno tante fabbrichette, come nel ricco Nord.

I nuovi imprenditori non saranno i vari commendator Brambilla o i cavalier Rossi, ma i Magistrati Industriali. Proprio così, perché grazie all’ l’istituzione dell’Ufficio per il Processo, nei tribunali avremo finalmente il passaggio “da un lavoro sostanzialmente artigianale ad un’elaborazione industriale”.

Il Magistrato Industriale, naturalmente togato, avrà intorno a sé uno stuolo di giovani neolaureati, assunti con concorso a titoli e quiz (si dice che il Ministero abbia richiesto la consulenza di Gerry Scotti), i quali dovranno coadiuvarlo nello studio e stesura delle sentenze e, poiché nelle produzioni industriali non sempre è possibile un controllo capillare delle varie fasi,  chissà quanti di loro scriveranno direttamente le sentenze.

Resteranno, chissà per quanto, pochi artigiani della giurisdizione, ossia i magistrati onorari, esclusi dal processo di industrializzazione perché obsoleti.  Costoro continueranno, nel silenzio della loro isolata postazione, a studiare i fascicoli, interpretare la normativa e scrivere le sentenze. Naturalmente la produttività dell’artigiano, intesa sotto il profilo quantitativo, non può competere con quella industriale e così la prima andrà inevitabilmente verso l’estinzione, come già avvenuto in altri comparti.

Tuttavia l’esperienza ci insegna che la produzione industriale conduce alla omologazione, alla standardizzazione del prodotto a scapito della qualità, tanto che in alcuni settori, come ad esempio nella moda, si sono create realtà di nicchia ove il prodotto viene maggiormente attenzionato con cura e savoir faire artigianali.

Chissà se lo stesso fenomeno potrà verificarsi anche nel settore della giustizia, ove solo alcune cause ritenute più importanti, saranno oggetto di studio approfondito da parte del Magistrato, non più manager, ma ritornato studioso del diritto, mentre le altre saranno mandate in catena di montaggio.

In tutto questo, l’utente della giustizia non saprà mai se a scrivere la sentenza e a decidere della sua vita sia stato il Magistrato al quale ha cercato di spiegare le proprie ragioni, o un oscuro impiegato a tempo determinato che, nel retrobottega del Tribunale, ha svogliatamente letto le memorie depositate dall’avvocato.

All’utente insoddisfatto della sentenza rimarrà la magra consolazione, senza timore di querela, di poter gridare “MAGISTRATO INDUSTRIALE!!!” … ricordando l’intramontabile Lina.

 

Avv. Massimo Morgia

Direttivo AssoGOT