Chiacchiere da bar: il senso dell’immensità del Fisco

closeup of a computer laptop with a tax form on screen, concept of online tax filing (3d render)

Una riforma del Fisco, non condoni o altre “vie d’uscita” per tenere buoni i cittadini. È solo così che si può salvare l’Italia. Dalle promesse vane di Berlusconi nel 1994 in poi nessuno ha mai realmente proposto come cambiare un sistema sempre più perverso per i contribuenti. E di governi ne sono passati tanti e di tutti i colori.

In un editoriale sul Corriere della sera, Luigi Ferrarella riporta l’accusa della Corte dei Conti. Mai le “invenzioni tributarie” di Palazzo Chigi hanno permesso allo Stato di incassare quanto previsto. Anzi, si sono dimostrate un boomerang e hanno diffuso maggiormente l’idea che evadere sia comunque un buon affare.
Matteo Salvini ci ha riprovato nei giorni scorsi, un bel colpo di spugna fino ai trentamila euro. Il leader della Lega, che spesso dimentica di essere al governo e continua a muoversi come quando era all’opposizione, sbaglia. Innanzitutto perché non è certo da statista affermare che i contribuenti sono ostaggio del Fisco. Così come fu indegna di un premier l’uscita sul “pizzo di Stato”. La campagna elettorale è finita lo scorso settembre. Ora servirebbe serietà.
Provato dai fatti che la “tassa piatta” non è stata una grande trovata e ha colpito soprattutto dipendenti e pensionati, vittime di una clamorosa diseguaglianza. Sarebbe bene che l’esecutivo si concentrasse per davvero sulla riforma del Fisco e su consistenti tagli alla spesa pubblica che pesa proprio sulle spalle dei contribuenti.
Nicola Forcignanò