Save the Children, più di 24 milioni di bambini in zone di conflitto soffrono delle gravi conseguenze delle guerre

Save the Children: a oggi, 142 milioni di bambini vivono in zone di conflitti ad alta intensità e ben 24 milioni di bambini soffrono delle gravi conseguenze delle guerre sulla loro salute mentale. Tra questi, 7 milioni sono a rischio di sviluppare disturbi mentali acuti. Un dramma, quello dell’impatto psicologico dei conflitti, che si mostra quotidianamente con i sintomi di depressione, ansia, atti di autolesionismo, fino ad arrivare talvolta a tendenze suicide. Eppure solo lo 0,14% di tutta l’assistenza ufficiale allo sviluppo era destinata al supporto dei bambini con problemi di salute mentale.

 

Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro nel nuovo Rapporto “La strada verso la guarigione: supportare la salute mentale dei bambini nei conflitti”, alla vigilia del meeting dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della prossima settimana.

Il rapporto riporta le evidenze di una ricerca condotta dall’Organizzazione in alcuni paesi colpiti da conflitti, e attesta che i bambini hanno riferito di essere esposti a gravi violazioni[2], dal lavoro minorile, alla violenza di genere (compresa la violenza sessuale).

“Ragazzi e ragazze in conflitto vedono morire i loro familiari e i loro amici. Assistono al bombardamento delle proprie case o scuole. Vengono negati loro i bisogni primari e possono essere separati dagli adulti che si prendono cura di loro. Se si verificano problemi di salute mentale e angoscia, questa è una reazione completamente normale a circostanze estreme e anormali per loro” afferma Filippo Ungaro, Direttore della Comunicazione di Save the Children. “Questa guerra sui bambini deve finire. Chiediamo agli Stati che si incontrano presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e a tutte le parti in conflitto di sostenere e far rispettare le norme e gli standard internazionali istituiti per impedire che siano i bambini a pagare il prezzo più alto; e di impegnarsi ad aumentare i finanziamenti in modo che i bambini in conflitto possano risollevarsi” conclude Ungaro.

Dal 2010, il numero di bambini che vive in zone di conflitto è aumentato del 37%, ma il numero di gravi violazioni verificate nei loro confronti – tra cui uccisioni e mutilazioni, reclutamento nelle forze armate e violenza sessuale – è aumentato del 174%. Nel 2017 circa 173.800 bambini si sono ritrovati soli o separati dalle loro famiglie a causa degli scontri e più di 8mila tra ragazzi e ragazze in zone di conflitto, sono stati rapiti, reclutati e usati dalle forze armate[3].

Ogni grave violazione, attacco aereo e assedio può avere conseguenze gravi e negative sulla salute mentale e sul benessere dei più piccoli.

Attraverso la campagna globale Stop the War on Children, lanciata in occasione del proprio Centenario, l’Organizzazione chiede che vengano protette le scuole, evitato l’uso di armi esplosive nelle aree popolate, che i responsabili dei crimini contro i bambini ne rispondano davanti alla giustizia, nonché che vengano promosse nuove forme di riabilitazione dei bambini che hanno subito gli orrori del conflitto.

Secondo il report, l’impatto dei conflitti sui bambini ha dinamiche molto complesse, ma ci sono  degli effetti comuni a tutti i minori che vivono in zone di scontri, come la paura per i bombardamenti o semplicemente del rumore degli aerei come capita ai bambini della Siria e della Striscia di Gaza[4] o il timore di percorrere la strada verso la scuola per quelli che vivono in Afghanistan. In generale, tutti i bambini che vivono in zone di conflitto hanno paura per il loro futuro, proprio perché non possono andare a scuola, e temono che non riusciranno a trovare un lavoro.

Tutto ciò aggrava le disuguaglianze e le vulnerabilità già esistenti con ripercussioni sulla salute mentale e il benessere dei più piccoli, con criticità maggiori per i più vulnerabili, come ad esempio le bambine e ragazze. Ad esempio, nello Yemen, le ragazze in età da scuola primaria, hanno 1,5 volte più probabilità di rimanere fuori dall’educazione rispetto ai ragazzi. In Nigeria, le violenze di Boko Haram si rivolgono specificamente alle ragazze per impedire loro l’accesso all’istruzione. Nel Sud Sudan, il 65% di ragazze e donne hanno subito violenze di genere. Nella Repubblica Democratica del Congo più del 50% delle giovani, segnala di avere subito almeno uno forma di violenza sessuale, fisica o emotiva negli ultimi 12 mesi.

Se le ragazze sono maggiormente esposte al rischio di violenza di genere, i ragazzi, sono più spesso soggetti a reclutamento forzato ma anche a violenza sessuale, stress ed eventi traumatici. In Afghanistan, per esempio, si è scoperto che i ragazzi hanno maggiori probabilità di incorrere in mine antiuomo rispetto alle coetanee – e quindi più probabilità di sperimentare lesioni da esplosione.

Oltre che sulle esperienze immediate dei bambini, i problemi di salute mentale e il disagio psico-sociale possono avere ripercussioni durature sul loro sviluppo emotivo, comportamentale, cognitivo e fisico. I bambini però sono in grado di mostrare una notevole capacità di ripresa se la causa scatenante l’angoscia e l’ansia si è conclusa e se ottengono un sostegno adeguato.

Ad oggi, purtroppo, il sostegno ai bisogni sulla salute mentale dei bambini nei conflitti è invece drammaticamente inadeguato: tra il 2015-2017 solo lo 0,14% di tutta l’assistenza ufficiale allo sviluppo era destinata al supporto dei bambini con problemi di salute mentale, per la protezione lo 0,5%, e per l’educazione in emergenza solo il 2%. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – e il prossimo vertice sulla salute mentale nei Paesi Bassi – rappresentano un’opportunità vitale per aumentare i finanziamenti per fornire un sostegno critico alla salute mentale per i bambini nelle catastrofi umanitarie.

Save the Children chiede inoltre ai donatori di impegnarsi in un sostegno finanziario per lo sviluppo e il rilascio di un diploma per professionisti di livello medio-alto in contesti di conflitto, specializzati sulla salute mentale di bambini e adolescenti. Dato il numero di minori colpito dai conflitti in corso nella regione del Medio Oriente, il corso sarà probabilmente avviato e diretto in questa regione. Il corso per il diploma dovrebbe iniziare nel 2021 e i finanziamenti sono fondamentali perché ciò avvenga.

L’Organizzazione ha diffuso oggi il provocatorio video “Emma e l’incubo del rientro a scuola” realizzato dall’agenzia Unfold, in cui una bambina si prepara al suo primo giorno di scuola. Eppure, per troppi bambini, rientrare a scuola significa la paura dei bombardamenti e trovare un modo per sopravvivere. Nel video infatti, le scene si susseguono in un mix che crea quasi uno sdoppiamento di vite e contrappone la tranquilla quotidianità di una bimba pronta ad uscire di casa per andare a scuola, alle scene a cui la stessa bimba sarebbe assisterebbe se vivesse in un paese in conflitto.