QUALE EDUCAZIONE PER I CAIVANO D’ITALIA?

D’accordo prima serve il “bastone” e poi la “carota”, si diceva una volta. Bene ha fatto il Governo Meloni con le misure repressive dopo i fatti di Caivano e di Palermo.

Non si comprendono le critiche mosse dalle opposizioni, o forse si tratta solo di fare il “bastian contrario”. E comunque dopo i divieti e le misure penali, serve l’azione educativa (che ci vuole tempo) l’ho scritto nel precedente intervento. Però attenzione sulla questione educazione, ben vengano i finanziamenti che riguardano le scuole del Mezzogiorno, il personale scolastico, i progetti didattici, le attività laboratoriali. Il ministro Valditara ha spiegato come si muoverà per un’opera educativa che coinvolga tutti, dalle scuole alle famiglie. Anche se alcune sue frasi destano qualche perplessità, lo ha evidenziato un editoriale apparso su Ifamnews Italia (International Family News) del 6 settembre scorso. Si cercherà di sensibilizzare sulla parità di genere, per sradicare la residua cultura maschilista della società italiana. I dettagli non sono noti, saranno chiamati psicologi e associazioni che difendono le vittime dalla violenza.

“Al di là del metodo, sorge qualche domanda: possibile che tutto si spieghi con il “machismo”? E, ancora, come verranno declinati i suddetti propositi del governo? Sono domande che si è posto anche l’associazione Pro Vita & Famiglia, che attraverso il portavoce Jacopo Coghe, pur apprezzando l’idea che a scuola si ribadisca «il rispetto sacro di ogni persona», sottolinea un primo punto centrale: «Sarebbe importante che nelle scuole si aprissero seriamente gli occhi dei giovani sui danni enormi causati dalla pornografia, che alimenta una sessualità immatura, distorta, possessiva e in definitiva predatoria».

È un fatto che la pornografia sia ormai ampiamente sdoganata nel Paese, tanto che celebri pornostar vengono incensate e considerate come opinion leader perfino da rappresentanti delle istituzioni. La pornografia, con la masturbazione, addirittura è considerata benefica o al più neutra dai programmi di educazione sessuale promossi dalla cultura mainstream, Oms inclusa. Programmi evidentemente irresponsabili, che veicolano una concezione meccanicistica del sesso (con contraccezione, aborto, fluidità di genere, ecc.), slegando il significato unitivo da quello procreativo e svilendo il senso del pudore, che oggi più che mai sarebbe invece indispensabile valorizzare. A questo punto l’editoriale di IFN fa esplicito riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica (già immagino il sarcasmo tra i perbenisti). Bisogna superare la sindrome dell’inferiorità dei cristiani rispetto alla modernità, ribadiamolo con forza la soluzione si trova nella Chiesa, maestra di vita da duemila anni.

Sono consapevole che con il degrado raggiunto dalla nostra società, non sia facile affrontare o proporre certi argomenti. Comunque qualcuno deve pur cominciare. Si il pudore, e il Catechismo lo spiega bene, che cos’è .

«Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore. Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa; richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell’impegno definitivo dell’uomo e della donna tra loro. Il pudore è modestia. Ispira la scelta dell’abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là dove traspare il rischio di una curiosità morbosa. Diventa discrezione» (CCC 2521). Il pudore si ricollega alla purezza, sempre il Catechismo ci dice che: «ci consente di percepire il corpo umano, il nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spirito Santo, una manifestazione della bellezza divina» (CCC 2519).

Questi sono semplici insegnamenti di morale naturale – che richiamano l’essere umano al disegno eterno che il Creatore ha su di lui – stanno tutte le risposte non solo al problema della violenza sessuale sulle donne, ma al più generale imbarbarimento che ha interessato le nostre società a seguito del dilagare della cultura sessantottina, ormai integrata nel “sistema” in molteplici forme (musica commerciale, film, leggi dello Stato, programmi Tv, pubblicità, romanzi, ecc.). La cultura sessantottina ha inculcato una falsa libertà, deresponsabilizzando, rendendo il corpo-oggetto, soprattutto in riguardo a quello femminile. A quanto sembra da quello che riporta la stampa, dai dibattiti televisivi (come sempre assenti gli esponenti del mondo pro-family), non si è capito o non si vuole capire che la soluzione ai problemi di una sessualità distorta va cercata nella riscoperta della morale naturale, della Legge naturale. Anzi, si rema nella direzione opposta. Come del resto fa rilevare il comunicato di Pro-Vita, «sui territori, la stragrande maggioranza di enti, associazioni o cosiddetti “esperti” che trattano questi temi nelle scuole lo fanno in base ad approcci ideologici e politici, diffondendo pericolose sciocchezze sulla fluidità sessuale o attacchi indiscriminati contro gli uomini in quanto tali, agenti di un inesistente ‘patriarcato’”. Attenzione a non aggravare la situazione con certa “educazione”, in particolare quella sessuale.

DOMENICO BONVEGNA

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