Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: La Chiesa non è più chiusa in trincea e continuamente sulla difensiva

di ANDREA FILLORAMO

Ci chiediamo: “quando finalmente la Chiesa Cattolica si libererà da tutti i miti, dalle leggende, dalle ambiguità dottrinali, dalle fantasticherie  incomprensibili che sarebbe lungo elencare, da cui bevono a pieni sorsi, anche senza comprenderli, molti cristiani che vengono “clericalmente” manipolati e credono così di garantirsi la salvezza eterna? 

Possiamo tranquillamente rispondere che, a questa domanda, la gerarchia ecclesiastica, non intende per nulla rispondere. Pur essendo alle corde, sconfitta dalla Storia, essa teme le derive democratiche, ha una la scarsa lucidità nell’affrontare la questione del suo potere che è fortemente in discussione, si arrocca nella canonistica sull’esegesi del Codice di diritto canonico.

In parole povere: essa, pur essendoci attualmente un Pontefice, che, con coraggio traccia la strada evangelica da seguire, non coglie o si rifiuta di cogliere in forma adeguata l’impulso che dal Vaticano II era venuto per promuovere la partecipazione di tutti alla sua edificazione e alla sua missione.

Dopo più di mezzo secolo dal Concilio, si tocca ancora con mano quanto la decisione di non mettere in discussione il paradigma tridentino spieghi molte delle più acute difficoltà del post concilio che si trascinano fino a oggi: stanno qui le ragioni per le quali non pochi, fra i cosiddetti tradizionalisti, hanno guardato e guardano al Vaticano II come fonte di problemi piuttosto che come un’occasione donata alla comunità ecclesiale di rinnovamento della sua vita e del suo slancio missionario.

Dei limiti del Concilio era pienamente convinto Papa Benedetto XVI, che, pur avendo partecipato attivamente all’assise ecumenica, ne ha colto ed evidenziato soltanto lo spirito innovatore e ne ha limitato, anche con alcune sue decisioni, le conseguenze. Da Papa autodefinitosi emerito, dopo le sue non chiare dimissioni, ha, fra l’altro, infatti, scritto: “L’ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. Essa asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l’unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma invece negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti. Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente al di là dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio”. Tutto perfetto, preciso: parola di Papa che, oltretutto, è un grande teologo universamente riconosciuto! Quali, però, siano queste novità, egli, da conservatore travolto dagli scandali che non è riuscito almeno a controllare non l’ha mai detto né prima né dopo la sua rinuncia al pontificato.

Certamente le novità da lui apportate non consistono nel ripristino della messa in latino o nell’accogliere nella Chiesa Cattolica preti sposati anglicani, continuando però a riaffermare il celibato per i preti cattolici.

Papa Francesco ha, invece, una chiara visione di una «Chiesa mondiale», non più «chiusa in trincea» e continuamente sulla difensiva, bensì attivamente e positivamente aperta al dialogo con le altre confessioni cristiane e con le grandi religioni del mondo. Papa Bergoglio vuole traghettare la teologia cattolica verso la fine della neoscolastica con la valorizzazione del laicato nella Chiesa e con la concessione ai vescovi di una maggiore libertà d’iniziativa all’interno della Chiesa stessa. In questo consiste la «svolta antropologica» voluta dal Concilio Vaticano Secondo, un’esperienza trascendentale che si allea con la ragione per superare il divario creatosi in epoca moderna tra rivelazione e l’esperienza umana.