Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete

di ANDREA FILLORAMO

Tanti sono i disturbi da stress pandemico che colpiscono tutti,  tant’è che in questi ultimi tempi è aumentato il ricorso agli psicofarmaci, in particolare alle benzodiazepine, che ha raggiunto il 35 per cento: di ansiolitici, incrementati del 28,2 per cento, degli antidepressivi,  del ricorso a psicologi e psicoterapeuti, come ha rilevato la fondazione Soleterre, che ha creato uno sportello d’aiuto nazionale gratuito con 578 esperti.

Non ultimo – è questa la notizia degli ultimi giorni che dovrebbe fortemente colpirci – i Dipartimenti di salute mentale si attendono nei prossimi mesi un’onda d’urto con 300mila diagnosi di depressione in più anche per gli effetti della crisi economica.

Dello stress pandemico, in modo particolare sono vittime, però, i ragazzi, che sono obbligati a vivere per tanto tempo, contronatura, una vita per loro, quindi, inaccettabile.

Privati, infatti, per lungo tempo della scuola, degli amici e degli spazi, chiusi nei loro appartamenti con davanti un cellulare, un computer o un tablet, loro compagni inseparabili, con le Tv perennemente accese, dominate da virologi e da consulenti prezzolati che parlano 24 ore al giorno di virus, contagi e di morti, soggiogati, quindi, come tutti, dall’ansia, attendono e chiedono con insistenza le “aperture” per avere una vita sociale negata.

I giovani  – diciamolo chiaramente – anche per gli errori o per la noncuranza nei loro confronti della politica, che ha investito o male investito (vedi banchi a rotelle ), poche risorse per affrontare il problema giovanile, particolarmente quello scolastico, nel periodo della pandemia, se continuano a perdurare nel tempo le chiusure, non saranno più in grado di fare progetti, di pensare ad un futuro lavorativo  e, di conseguenza, caleranno ancor di più per loro le prospettive  per il loro futuro.

A tal proposito in un recente studio Promeco leggiamo: “Vi è un arresto a quanto, in genere, nell’adolescenza viene percepito come invulnerabilità e visione di un futuro senza fine. Queste sono messe in discussioni da un duro e persistente confronto con una realtà che espone al senso del limite, della solitudine, di coartazione della libertà, di non autodeterminismo e di rischio per la vita stessa. Per quanto si possano attivare meccanismi di difesa, questi prima o poi cedono mettendo in evidenza i sintomi di ansia, nelle sue varie espressioni con indubbi rischi sulla crescita evolutiva su cui è necessario interrogarsi e agire in senso preventivo”.

A questo punto, un altro problema sorge in prospettiva: risulta, infatti, che ci sono giovani e giovanissimi che dopo un anno chiusi in casa, hanno paura di uscire, hanno l’ansia del ritrovarsi fuori, e quindi si auto-recludono. Preferiscono stare in casa anche se possono andar fuori.

È questa la “Sindrome della Capanna”, cabin fever in inglese, detta anche “Sindrome del Prigioniero”, che si riferisce ad uno stato di smarrimento che implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio.

Non si tratta di un paradosso psichico, il pericolo, a parere di tanti, è reale.

Difficile dire in che cosa questa sindrome consista poiché mancano gli studi approfonditi e una casistica, e non è ancora, quindi, riconosciuta completamente a livello psicologico e scientifico, ma alcuni dati registrano la sua insorgenza nelle persone che dopo un lungo ricovero hanno sviluppato insicurezza, paura e ansia verso il mondo esteriore.

Non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale, ma si associa ad una condizione particolare collegata ad un lungo periodo di isolamento.

Sembra che essa risalga al 1900, epoca della corsa all’oro negli Stati Uniti durante la quale i cercatori erano costretti a passare mesi interi all’interno di una capanna. Dovendo concentrare la loro attività in determinati periodi dell’anno, vivevano uno stato di isolamento seguito da sentimenti di paura, rifiuto di tornare alla civiltà, sfiducia nei confronti del prossimo, stress e ansia.

I sintomi più comuni di questa ipotetica sindrome che potrebbe coinvolgere tutti, anche se i giovani ne potrebbero risentire maggiormente, potrebbero manifestarsi con episodi di irritabilità, tristezza, paura, angoscia, frustrazione, stato di letargia, sentirsi stanchi, avere difficoltà ad alzarsi al mattino, percepire malessere fisico, avere la necessità di riposare spesso, difficoltà di concentrazione, scarsa memoria, demotivazione.

Lo sappiamo, ancor prima, che la pandemia ci assalisse e che è più valido oggi per i giovani e che per quelli che non lo sono più: l’ansia è tra le sfide più comuni che le persone affrontano oggi. L’Istituto Nazionale per la Salute Mentale stima che negli Stati Uniti quasi 40 milioni di adulti (circa il 18% della popolazione) soffrano di ansia o di eccessiva preoccupazione.

Non sorprende, allora, che anche numeri record di adolescenti e giovani adulti sperimentino, particolarmente oggi, alti livelli di ansia. Anche se è importante essere consapevoli delle nostre responsabilità e dei nostri impegni, l’ansia può distruggere la pace mentale, la capacità di godere la vita, la qualità dei rapporti e perfino della salute.

La consapevolezza di quello che accade nel mondo intorno a noi e di quello che ci si aspetta da noi è sia utile che sana, ma quando questa consapevolezza non è focalizzata, o è eccessiva, e inizia a divorare le nostre energie e a dominare le nostre emozioni, diventa un’ansia malsana.

I cristiani e solo loro hanno, però, un’unica certezza, quella che c’è un Dio che provvederà a ciò che ci serve ci fa vincere l’ansia che ci può privare di libertà e felicità.

Essa sta tutte nelle parole di Gesù che diceva:” Non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? (Matteo 6,25-27).