L’impegno del pontefice a cambiare in senso evangelico la Chiesa

Rispondo alla domanda postami in una lunga email da C.T la settimana scorsa, che può servire da sfondo alle varie sollecitazioni che egli fa su un tema a me caro, la rivoluzione della Chiesa ad opera di Papa Francesco. Fra l’altro egli mi chiede: “Perché molti preti, aiutati da cardinali e vescovi, non partecipano anzi osteggiano l’impegno del pontefice a cambiare in senso evangelico la Chiesa?”.

 

di ANDREA FILLORAMO

 

Tento di rispondere al quesito postomi, pur conoscendo le difficoltà di essere esaustivo e pur sapendo che esprimo solo opinioni in ogni caso discutibili.

Inizio col dire che è difficile provare che nella Chiesa cattolica  siano molti i preti, i cardinali e i vescovi che “remano contro!” la riforma e  il cambiamento della Chiesa e, quindi contro il Papa Argentino che, magari con stile diverso dai suoi predecessori sviluppa  la sua catechesi che vuole essere semplice, facilmente comprensibile come quella di Gesù e  induce credenti e non credenti ad affrontare gli immancabili problemi  che si pongono davanti, cogliendo l’essenziale e non facendosi distrarre dalle parti superflue appartenenti o costruite in momenti diversi dalle attuali.

Per comprendere poi il perché ci siano preti, che mal sopportano o osteggiano i cambiamenti proposti dal papa, i motivi possono essere tanti ma per individuarli occorre elaborare un nuovo – che poi è anche vecchio –  profilo del prete. Occorre, innanzitutto, pensare che ci sono dei preti, e non sono pochi, che vivono da soli senza avere nessuno accanto e molto spesso sono abbandonati a se stessi.

Il loro è un isolamento che favorisce l’immobilità, la mediocrità spirituale, la pesantezza umana, le deviazioni, in un contesto di fragilità dovute alla mancanza di esperienze che hanno tutti gli altri uomini, ma di cui non facilmente si rendono conto.

Mi fermo alla fragilità, servendomi di qualche metafora che serve anche ad alleggerire il discorso: “La fragilità dei preti è simile alla  fragilità di un vetro pregiato di Murano: bello, elegante, ma basta poco perché si frantumi e si trasformi in frammenti inservibili. Si deve stare attenti a come lo si usa, a come lo si conserva: occorre tenerlo lontano da luoghi in cui si compiono azioni d’impeto, perché altrimenti quel vetro pregiato si fa nulla, solo ricordo. «Fragile», inoltre, significa anche delicato, gracile come un fiore: basta un colpo di vento e un petalo si stacca e perde il suo profumo, divelto dalla sua funzione, muore”.

Difficile comprendere la psicologia dei preti.

La gente difficilmente comprende il loro stato d’animo; anzi li critica, senza risparmiare nulla. Basta poco, del resto, per capire che l’identità dei preti è più legata al loro ruolo che a se stessi come persone; la loro vita è guidata dalle aspettative degli altri più che dalle proprie esigenze e desideri; la maggior parte dei preti ha poca o nessuna esperienza di intimità; essi tendono ad avere una scarsa conoscenza e familiarità con il proprio mondo emotivo e a vivere meccanismi di difesa.

Questo, del resto, l’esige il sistema, al quale fanno parte, che sembra immutabile e difficilmente può essere scardinato.

Come ogni altro essere umano, i preti hanno degli alti e bassi, ma difficilmente escono dal senso di colpa o dal vedere le emozioni come qualcosa di esterno a loro.

Essi appaiono generalmente persone di successo nel loro lavoro, ma incompleti come persone. Tanti di loro sono affetti, senza saperlo, della sindrome del Peter Pan. Come il personaggio della nota fiaba, che si rifiutava di crescere, essi pur essendo adulti, in varie situazioni, non avendo vissuto i normali cambiamenti richiesti dalle fasi della vita, tendono ad assumere degli atteggiamenti da bambini o adolescenti. Sono totalmente incapaci di coltivare relazioni profonde ed autentiche. La loro mente rimane “congelata” nel passato.

Ecco perché molti si trovano a loro agio solo nelle situazioni in cui possono primeggiare, ecco il loro carrierismo, che non richiede l’assunzione di alcuna responsabilità. Impegno e responsabilità, specie nei confronti degli altri, sono vocaboli che la loro mente non è in grado di comprendere ed attuare.

Si può solo immaginare il disagio di una prete che anche a 50 anni continua a vedere la vita come la vede un quindicenne. Come fa a seguire il Papa nella ricerca delle soluzioni per trarre fuori la Chiesa dall’immondizia alla quale l’hanno costretto i suoi confratelli?

Per tali motivi essi spesso si sentono incompresi dalla loro stessa gente che non esita a giudicarli per quel che fanno o che non fanno.

Provano, pertanto, una grande frustrazione quando, per la loro incapacità di comprendere e trasmettere il cambiamento, scoprono d’essere considerati dei funzionari del sacro e che la parrocchia è vista come una stazione di servizio. L’importante, per la gente, è che i preti eseguano i servizi che si chiedono: messe, funerali, matrimoni, battesimi; il tutto possibilmente come da richiesta più per soddisfare i bisogni dell’apparenza che quelli della fede e, in tal caso, i preti tacciono, Aggiungiamo anche che il rapporto dei preti con i propri confratelli è talvolta impossibile: è difficile per loro condividere obiettivi teologici, pastorali, liturgici.

Nessuno, quindi, si deve meravigliare se essi, desiderando qualcuno con cui parlare, con cui confidarsi, a cui narrare la propria vita, avvertendo il bisogno di relazioni vere, di confronto, di dialogo e di sostegno sincero, trasparente, fraterno e non ipocrita, imbocchino strade non consentite o seguono le esigenze del loro essere “uomini in carne e ossa”.

Proprio allora, scoppiano in loro, con una forza che li spaventa, li disorienta e li scombussola, l’affettività e la sessualità, tenute a bada per molto tempo fra incertezze, cadute, pentimenti, pur in mancanza di un’educazione e di un percorso di formazione molto più sereno”.

Dice uno psicanalista: “Bisogna aver assistito alla terapia di chierici per rendersi conto dell’immensa fatica che è necessaria per affilare l’unica arma che possa servire per riconquistare dopo anni la propria libertà e autonomia. Durante l’analisi, ogni volta che si affaccia la libertà, si scatena letteralmente un’ansia infernale, la paura di essere respinto da Dio e di rendersi colpevole di discostarsi dalla dottrina della Chiesa cattolica”.

A un certo punto può accadere che essi si sentano prigionieri di una forma, di convenzioni, di idee radicate, cioè di non vivere pienamente, di essere assoggettati a tutta una serie di regole a cui avrebbero voluto sottrarsi volentieri. Nella cristallizzazione della loro vita sentono il bisogno di uno strappo, di fare qualcosa di diverso, di fare cose che gli altri non si aspettano, cose non previste da un ben preciso ruolo, ma manca in loro il coraggio, che non può essere dato dalla catechesi di Papa Francesco.