
di Andrea Filloramo
“Ciuri Ciuri” è senza ombra di dubbio una delle canzoni siciliane più famose, per non dire la più famosa e occupa nel repertorio musicale della Sicilia, fatto di canti d’amore, ma anche di canzoni che raccontano la quotidianità, le vicende più o meno belle dell’esistenza. I ritmi vivaci e allegri si alternano a melodie struggenti e commoventi.
Durante le grandi ondate migratorie tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, molti siciliani emigrati in America sia del Nord sia del Sud, portarono con sé le loro tradizioni musicali, e “Ciuri Ciuri” divenne un simbolo della loro identità culturale e un legame con la terra natia.
“Ciuri Ciuri”, quindi, da allora è stata la canzone che ha svolto un ruolo significativo nel mantenere viva la cultura e l’identità siciliana tra le comunità di emigrati, diventando un simbolo di appartenenza e di legame con le proprie radici.
Chi sa quante volte, da bambino, Robert Prevost, oggi divenuto Papa con il nome di Leone XIV , sentì canticchiare il nonno Salvatore Giovanni Gaetano Riggitano, che veniva dalla Sicilia, precisamente da Milazzo, questa canzone e forse ancora la sua melodia probabilmente gli rimane impressa nel suo ricordo e nella sua mente.
Che Papa Leone XIV abbia riconosciuto e, stando a quello che sappiamo non deve essere la prima volta, le sue origini siciliane, per noi è cosa certa.
In un discorso rivolto ai diplomatici presso il Vaticano, ha, infatti, affermato: “La mia storia personale è quella di un cittadino, discendente di immigrati, che a sua volta ha scelto di emigrare”.
Con queste parole il Papa, anche se, per rendere la frase applicabile a contesti universali e globali, ha evitato, con un linguaggio inclusivo e umano, riferimenti geografici precisi, ha, tuttavia, riconosciuto le sue radici familiari legate all’immigrazione e ha sottolineato la propria esperienza, liberamente scelta di emigrazione andando a vivere per lungo tempo come missionario nel Perù.
Si è messo, così – e questo era il compito che in quel momento si era posto – sullo stesso piano di milioni di persone che hanno esperienze migratorie nel loro vissuto personale.
Ha voluto, quindi, attirare l’attenzione, non su se stesso, quanto su quello che è il pensiero della Chiesa sulla mobilità umana e sul fenomeno migratorio come espresso nei documenti del magistero, che trova il suo fondamento nella Parola di Dio, nella riflessione teologica, nell’ ecclesiologica conciliare, nella dottrina sociale della Chiesa e che lui e la sua famiglia hanno vissuto in prima persona.
Da quel sappiamo, non abbiamo prove documentate di visite fatte dal Papa prima del suo pontificato a Messina o a Milazzo, dove sicuramente, perché certificato, è nato suo nonno, tuttavia, conosciamo il legame con la Sicilia che è emerso principalmente dalle sue visite in Sicilia, effettuate da lui prima della sua elezione al pontificato, quando era Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino,
Fu proprio allora che Prevost si recò a Palermo (2006), dove partecipò alla festa della Madonna della Grazia e celebrò la messa presso il Santuario di Santa Maria la Reale. Gli agostiniani locali ricordano con affetto quell’incontro, conservando fotografie dell’evento.
Prevost si recò anche a Gela (2011), dove visitò la chiesa-convento di Sant’Agostino e dove la sua presenza è ancora ricordata con affetto dalla comunità locale.
Nel settembre 2024, cioè otto mesi fa, da cardinale, Robert Prevost partecipò alle celebrazioni per il 71º anniversario della Lacrimazione di Maria a Siracusa, presiedendo la solenne celebrazione del 1º settembre presso la Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime.
Durante questa visita, pronunciò parole significative, esprimendo la sua devozione e sottolineando l’importanza del messaggio spirituale dell’evento accaduto nell’isola.
Concludendo: Sebbene Papa Leone XIV non abbia ancora parlato nei suoi discorsi ufficiali di pontefice (e non può fare diversamente), della Sicilia, nella quale è indubbio che siano state rintracciate le sue origini, tuttavia i fatti biografici, le visite e le ricerche genealogiche indicano il suo legame reale e significativo con l’isola, nella quale – siamo certi – sarà sicuramente lieto di ritornare, se invitato, quando gli sarà possibile.