La Cartina della felicità: singoli in comunione, concittadini del Cielo!

Mentre inesorabilmente l’estate avanza con la sua calura e il tempo del relax, la Chiesa ci proietta sempre di più verso la sequela del Signore, scandita dal cammino liturgico settimanale del Vangelo secondo Luca. Nello specifico, ci invita a prendere di continuo coscienza dell’identità e della natura della comunità ecclesiale: singoli in comunione, concittadini del Cielo!

La presente riflessione trova il suo incipit nell’affermazione di Gesù rivolta alla sua/nostra comunità: “Non temere piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno” (Lc 12,32). Ciò si amplia e trova eco nelle peculiari e caratterizzanti ricadute pastorali che vanno coniugate attraverso il paradigma che vede la Chiesa come il lievito che fa fermentare la pasta, il sale che dà sapore alla terra per essere sale e luce del e nel mondo.  Al di là dell’aspetto metaforico, la prima cosa che ci viene richiesta è la certezza che, sebbene la piccolissima comunità sia parte del tutto, porterà colore e sapore all’ambiente circostante perché sostenuta dalla presenza del Signore che la invita a prendere il largo. Urge premettere subito che le mie considerazioni non intendono infondere una compiaciuta risonanza verso le persone, ma con viva umiltà spero siano queste accreditate dal Signore, della cui Parola mi farò cassa di risonanza.

Il momento che stiamo vivendo, sia a livello ecclesiale che sociale, presenta caratteristiche al quanto ambigue, contorni poco nitidi e fortemente contraddittori.

Più le nostre chiese si svuotano e più si ricorre a mezzi dal respiro corto per cercare di tamponare o bloccare l’inarrestabile esodo dei fedeli e lo si fa tirando fuori tutte le iniziative possibili, tutte le strategie immaginabili…affaticandosi molto per concludere nulla.

I pochi che restano si percepiscono come il “resto d’Israele”, ma sarebbe più giusto parlare del “resto del resto d’Israele”. Davanti a questo diffuso stato di difficoltà, bisogna osare riprendendo in mano la Parola – senza alcuna strumentalizzazione o mistificazione – per discernere “ciò che è buono, a Dio gradito e perfetto” (Rm 12,2).

È questa la via di analisi che intendo seguire, il tentativo che mi accingo a provare. È necessario comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, repentinamente, tra le decisioni di fondo capaci di qualificare il nostro cammino ecclesiale, ovvero dare a tutta la vita quotidiana della Chiesa una chiara azione missionaria e fondare tale scelta su un forte impegno in ordine di qualità formativa, in senso spirituale, teologico, culturale e umano. Abitare la parrocchia, ovvero “abitare presso”, è la sintesi di prossimità e di distacco che trova un riscontro nella Lettera a Diognéto, là dove dice che i cristiani abitano la loro rispettiva patria, ma come gente straniera, cosicché, reciprocamente, ogni terra straniera è patria per loro. Pertanto, il mondo cambia, ma le nostre parrocchie non cambiano.  Quando e come le nostre parrocchie si decideranno a imboccare le coordinate della nuova evangelizzazione, avendo come obiettivo non solo i bambini e i frequentatori del tempio, ma anche e soprattutto la stragrande maggioranza del popolo di Dio, gregge che risiede nel territorio e che è assente dalla vita della Chiesa? E tra questi, in particolare, coloro che sono chiamati a formare le nuove generazioni: educatori, docenti, genitori…?

L’espressione “Piccolo gregge” è espressione piena di affetto che si ricollega a quanto detto da Gesù in precedenza: “Dico a voi, amici miei…” (Lc 12,4). È chiaro che, con tale affermazione, il Signore designa il piccolo numero di discepoli che lo attorniano in mezzo a una folla indifferente e ostile. Da questo primo nucleo sorgerà il popolo di Dio, sempre piccolo e disprezzato dal mondo.

E tuttavia Gesù dice a questo piccolo gregge: non temere!

Perché non deve temere, dato che qualsiasi gregge di pecore è esposto a tutti i pericoli e il lupo è sempre in agguato? La risposta è contenuta nel Salmo 23,1, che ricorda all’uomo incerto e timoroso che questo piccolo gregge ha il suo Pastore, Suo Padre, che non solo usa protezione nei suoi riguardi, ma lo protegge e che perfino gli ha ben voluto dare il Regno.

Ma se il piccolo gregge è assicurato di un bene così grande, può ancora rimanere impantanato e sprofondare nel fango delle preoccupazioni della vita? Potrebbe Dio rifiutare il nutrimento che perisce a coloro che ha adottato come eredi del suo Regno?

Se allarghiamo l’orizzonte interpretativo, il piccolo gregge è formato dagli apostoli e dai discepoli separati dal resto del mondo in forza di un’elezione e di una chiamata, scelti pure per la loro pazienza, dolcezza, umiltà e inutilità.

Da quanto emerge, la comunità cristiana non deve avere troppe preoccupazioni nel testimoniare la bellezza della propria vocazione, ma deve abbandonarsi alla bontà del Padre, che provvede a tutto, cominciando dalle realtà più piccole (vedi Lc 12).

L’esistenza, tuttavia, riserva anche ai credenti delle reazioni negative davanti al proliferare della corsa alla vita facile (guadagno, successo, potere, etc…).  Anzi, da uno sguardo sommario, sembra che molti cristiani e relativi pastori vivano in perenne concorrenza (più o meno leale) per essere i primi in tutto. Basterebbe elencare il numero delle iniziative collegate alla realtà ecclesiale, offerte come occasione di incontro e di cammino religioso comunitario, per concludere che in simili percorsi di pastorale non vi è alcuna cosa, perché il virus che li attraversa è quello dell’astuzia sottile per gettare fumo negli occhi dei fedeli in modo che non scoprano le subdole magagne messe in atto. Da qui l’ira, l’invidia e forse la gelosia (tutti atteggiamenti immotivati!) di tanti cristiani che vengono presi in giro dalla tracotanza di coloro che si pensano “esperti” (nel nostro dialetto suona meglio “sperti”), ovvero detentori di conoscenze e competenze tali che, con i loro “giochini” sporchi o subdoli, pensano di comprare pure la benevolenza divina.

Il Salmo 49 descrive alla perfezione l’orizzonte entro il quale si colloca la cattiveria di coloro che si pensano arrivati: “Perché dovrò temere nel giorno del male / quando mi circondano la malizia / di quelli che mi fanno inciampare? (…) Come pecore sono destinati agli inferi / sarà loro pastore la morte; / scenderanno a precipizio nel sepolcro (…) Non temere se un uomo si arricchisce (…) Quando muore con sé non porta nulla…”.

A questo stile di vita il Vangelo contrappone ciò che dà sicurezza alla nostra esistenza e lo fa scaldando il cuore di tutti con l’invito a non avere paura nel confidare in Dio, Padre che veste i campi di gigli splendidi, che offre il cibo agli uccelli del cielo… La promessa o meglio l’impegno, che Gesù assume nei confronti del “piccolo gregge”, rende chiara la logica di Dio: davanti a Lui non hanno alcun valore la quantità e la potenza dei gruppi umani.  A questa minoranza di uomini, senza alcun appoggio politico o sociale, lontana dai meccanismi che governano il mondo, Dio offre un destino meraviglioso: il Regno, un percorso sicuro verso di Lui e con Lui.  È facile intuire come questo orizzonte interpretativo strida con la corsa al potere che percorre trasversalmente tante persone impegnate a mettere su coalizioni e parentele in vista delle elezioni nazionali e regionali del prossimo autunno.

Il Vangelo, infatti, richiede un capovolgimento del modo con cui attraversare la vita.

Da un lato la Parola provoca e dall’altro rischia di diventare utopia se i credenti non si tengono lontani dall’accumulo di possessi, di tesori, di beni che stupidamente potrebbero dare “sicurezza”, quando invece sono pura illusione.  Il Regno di Dio è offerto a coloro che scoprono che le cose necessarie sono quelle che si condividono e diventano motivo di trasparenza, della bellezza divina per tutti gli uomini.

Amici, focalizziamo questo pensiero che ci libera dall’ansia di essere i padroni della vita e ci distoglie dallo “stile di Betlemme”, quello della piccolezza scelta da Dio per manifestarsi.

Che sia questo il “distintivo” della nostra vita: accettare di essere gregge, piccolo, povero e alla   sequela del Pastore Buono, gregge che non si affida alla potenza dei mezzi umani, che non vive del consenso della folla, ma accoglie la sfida del mondo nel quale risplende della luce divina. Varchiamo la soglia della speranza per raggiungere la pienezza.

Auguri vivissimi!

Ettore Sentimentale       

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