Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: il narcisismo è sempre sinonimo di egoismo e vanità

di ANDREA FILLORAMO

Per il fatto che io scriva in IMG Press sui problemi della Chiesa Cattolica e del suo clero, mi giungono, particolarmente da Messina, che è la mia città d’origine, non solo email alle quali spesso do spazio nei miei articoli, commentandoli, ma anche foto e video che spesso poi magari rintraccio su Facebook, in cui, come mi disse un prete che da molti anni conosco  “chiunque può vedere dei preti o parroci “esibizionisti”, che cercano di compensare la loro incapacità umana e pastorale con le loro esibizioni, che sono del tutto fuori luogo e che sono quindi assurdi”.

Chiunque comprende che un giudizio così severo espresso da un prete nei confronti di suoi confratelli può non essere per tutti credibile, tuttavia ci induce a riflettere.

L’esibizionismo al quale accenna quel sacerdote non sappiamo se vero o presunto, consisterebbe per quei preti e parroci, sempre “ in prima pagina”  nel voler mettere  in evidenza e in risalto nei siti parrocchiali, nei social, non tanto lo svolgersi della vita comunitaria della parrocchia, ma  sempre  la loro figura, con cui esprimono il culto della loro personalità e il loro narcisismo.

Da evidenziare che il narcisismo è sempre sinonimo di egoismo e vanità, nel credersi di essere speciali, nel richiedere un’ammirazione eccessiva, nel non pensare che ogni tipo di comportamento per la glorificazione di sé è dato da un’eccessiva paura di non essere apprezzato.

Esso può nascere anche da un’invidia patologica nei confronti dei successi degli altri preti e da una forte vulnerabilità alla vergogna e al senso di colpa.

Di tutto ciò, però, non ci meravigliamo.  Molti oggi potrebbero essere i preti, che sono sempre pronti ad aspettarsi tutto dagli altri e non da se stessi, a non riuscire a decodificare la realtà che li circonda, a tendere sempre a mostrare se stessi come “Uno, nessuno e centomila” di pirandelliana memoria.

Non pensano e forse non sanno che essere se stessi non significa farsi vedere e ammirare ma accettare il peso del confronto, dibattere, affrontare i conflitti, e sperimentarne i danni, mettendo in discussione le idee con il pericolo che esse vengano annientate.

Quello dei preti – nessuno può metterlo in dubbio – è un isolamento istituzionale che può favorire l’immobilità, la mediocrità spirituale, la pesantezza umana, le deviazioni, in un contesto di fragilità dovute alla mancanza di esperienze che hanno tutti gli altri uomini, ma di cui non facilmente molti di essi si rendono conto che non si sconfigge con le foto, i video o con l’apparire su Facebook. Ci vuole ben altro.